Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12023 del 31/05/2011
Cassazione civile sez. VI, 31/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 31/05/2011), n.12023
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
RESINART s.a.s. di ROSSODIVITA VINCENZINA e R.V.,
con domicilio eletto in Roma, via Albalonga n. 7, presso l’Avv.
Palmiero Clementino, rappresentate e difese dall’Avv. De Notariis
Giovanni, come da procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
RESINART s.a.s di ROSSODIVITA VINCENZINA e R.V.,
fallite, in persona del curatore pro tempore, e CISI MOLISE s.p.a.;
– intimati –
per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Campobasso
depositata il 10 settembre 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
giorno 28 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio
Zanichelli.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La RESINART s.a.s di ROSSODIVITA VINCENZINA e R. V., dichiarate fallite in data (OMISSIS), ricorrono per cassazione nei confronti della sentenza in epigrafe con la quale la Corte d’appello ha rigettato la loro impugnazione avverso la sentenza di fallimento resa dal Tribunale di Campobasso.
L’intimata curatela e la CISI Molise s.p.a., creditrice ricorrente, non hanno proposto difese.
La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..
La ricorrente ha depositato memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Tutti e tre i motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, con i quali si deduce violazione dell’art. 2083 c.c. e della L. n. 443 del 1985, art. 3 per avere la Corte d’appello confermato la non ravvisabilità nell’impresa fallita della figura di piccolo imprenditore pur in presenza dell’iscrizione all’albo delle imprese artigiane e sulla base di indici incongrui sono manifestamente infondati.
Premesso che è giurisprudenza pacifica quella secondo cui “In tema di accertamento dei requisiti soggettivi per la sottoposizione al fallimento, ai sensi dell’art. 1, L. Fall., (nel testo anteriore al D.Lgs. n. 5 del 2006), i crìten di distinzione fra piccolo, medio e grande imprenditore poggiano sulla nozione di cui all’art. 2083 c.c., mentre non è necessario verificare se l’impresa abbia, o meno, i requisiti per essere iscritta nell’albo delle imprese artigiane previsto dalla L. 8 agosto 1985, n. 443, essendo anche l’artigiano un normale imprenditore commerciale se organizza la sua attività in forma di intermediazione speculativa; ne consegue che per i criteri di identificazione della fallibilità bisogna tener conto dell’attività svolta, dell’organizzazione dei mezzi impiegati, dell’entità dell’impresa e delle ripercussioni che il dissesto produce nell’economia generalè (Cassazione civile, sez. 1, 1 febbraio 2008, n. 2455), deve rilevarsi che gli elementi valorizzati dalla Corte d’appello (esercizio dell’attività in forma di impresa di capitale, entità e qualità della produzione, rilevanza dei finanziamenti ottenuti) sono indici non incongrui che di per sè possono far propendere per una prevalenza dei mezzi di produzione impiegati nell’impresa rispetto all’apporto personale dei soci e le ricorrenti, sulle quali incombe l’onere della prova di dimostrare il carattere artigiano dell’impresa (Cassazione civile, sez. 1, 20 agosto 2004, n. 16356), non hanno fornito alcun elemento concreto dal quale possa desumersi che gli indici come sopra utilizzati siano in realtà di consistenza effettiva tale che, rapportata al valore dell’apporto personale, li renda inidonei a supportare un giudizio di prevalenza del capitale sul lavoro.
Tali considerazioni debbono essere ribadite pur alla luce della memoria depositata nella quale non vengono dedotte argomentazioni ulteriori e pertanto il ricorso deve essere rigettato.
Non si deve provvedere in ordine alle spese in assenza di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011