Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12022 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/06/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 19/06/2020), n.12022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15037/2014 proposto da:

L.F., nata a Roma il (OMISSIS) e residente in Ariccia

(Roma), alla Via (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in qualità di erede

di D.A.M., deceduta in data (OMISSIS) in Albano

Laziale (Roma), rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, giusta

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Salvatore Taverna

(C.F.: TVRSVT53M11H175W) e dall’Avv. Anna Stefanini (C.F.:

STFNNA67D55L682H) ed elettivamente domiciliata presso il loro studio

in Roma, al Viale Regina Margherita n. 262/264;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla

Via dei Portoghesi n. 12;

-Rasistente –

e

Amministrazione dell’Economia e delle Finanze dello Stato;

– intimata –

avverso la sentenza n. 250/01/13 emessa dalla CTR Lazio in data

22/04/2013 e non notificate;

udita la relazione della causa svolta all’adunanza camerale del

06/02/2020 dal Consigliere Dott. Penta Andrea.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate di Roma 3 emetteva un avviso di accertamento nei confronti di L.F., quale erede di D.A.M., traente origine da un rogito notarile registrato il 16.03.1989, con il quale la D.A. aveva venduto alla Metain s.r.l. un appezzamento di terreno sito in Albano Laziale (mq. 4.196). Con lo stesso atto L.A. aveva venduto alla medesima società un altro lotto confinante con il precedente (mq. 8.880).

L’Ufficio, basandosi su una stima U.T.E. di Roma, effettuata con sopralluogo, rettificava gli importi dichiarati, elevandoli, rispettivamente, da Lire 96.265.000 a Lire 252.000.000 e da Lire 203.735.000 a Lire 533.000.000. Ciò in quanto i due appezzamenti erano classificati in zona D – sottozona D1 dal PRG del Comune di Albano Laziale, che prevedeva l’edificabilità per insediamenti industriali e artigianali.

La Commissione Tributaria di Primo Grado di Velletri, con decisione del 28.04.1992, riduceva il valore finale del 20%, confermando nel resto l’accertamento dell’Ufficio.

La Commissione Tributaria di Secondo Grado di Roma, su appello della contribuente, con decisione del 01.02.1994, accoglieva l’appello e, nella sostanza, confermava i valori dichiarati nei rogito notarile.

La Commissione Tributaria Centrale, su ricorso dell’Ufficio, con decisione del 16.09.2010, riteneva esente da critiche l’avviso di accertamento in relazione alla motivazione per quanto riguardava il valore iniziale e le spese incrementative (sulle quali questioni doveva ritenersi formato un giudicato implicito), ma annullava la decisione di secondo grado in ordine alla determinazione del valore finale, rinviando alla Commissione Tributaria Regionale per il giudizio estimativo.

Con sentenza del 22.4.2013 la CTR Lazio rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) l’accertamento operato dall’Ufficio trovava conferma su una precisa stima UTE, i cui criteri, pur non avendo natura imperativa, valevano come ipotesi sintomatica, di occultamento di parte del corrispettivo;

2) inoltre, l’Ufficio aveva potuto indicare con precisione le caratteristiche del terreno, nonchè gli indici di edificabilità, facendo, altresì, presente che sullo stesso era stato costruito un edificio industriale, completato nel 1991, regolarmente utilizzato per fini commerciali;

3) la stima UTE, che, tra l’altro, aveva il pregio di essere stata effettuata a seguito di sopralluogo, esplicitava, con estrema chiarezza e in modo del tutto esauriente, tutti i punti estimativi, risultando essere l’unico documento dal quale potesse dedursi il valore reale del cespite, al tempo dell’atto, tassato;

4) pertanto, l’accertamento operato dall’Ufficio determinava in pieno la congruità del prezzo di vendita negoziato con il compratore e la sua rispondenza con i valori di mercato vigenti all’epoca del rogito (marzo 1989).

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso L.F., sulla base di un solo motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale discussione. L’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze dello Stato, sebbene regolarmente intimata, non ha svolto difese.

In prossimità dell’udienza, la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, nonchè l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), per aver la CTR ritenuto idonea a giustificare il maggior valore liquidato la perizia di stima dell’UTE senza aver verificato se la stessa fosse o meno idonea a superare le sue contestazioni e senza aver esplicitato le ragioni del proprio convincimento.

1.1. Il motivo è infondato.

In tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell’UTE o di altro ufficio tecnico, che ha il valore di una semplice perizia di parte, il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile solo perchè proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, non può considerarla di per sè sufficiente a supportare l’atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneità a superare le contestazioni dell’interessato ed a fornire la prova dei più alti valori pretesi ed essendo, altresì, tenuto ad esplicitare le ragioni del proprio convincimento (Sez. 5, Sentenza n. 17702 del 30/07/2009; conf. Sez. 5, Sentenza n. 26364 del 29/12/2010 e Sez. 5, Sentenza n. 9357 del 08/05/2015).

L’obbligo della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica del valore risulta assolto quando l’Ufficio enunci il petitum ed indichi le relative ragioni in termini sufficienti a definire la materia del contendere, con la conseguenza che va considerato adeguatamente motivato l’avviso di accertamento che rinvii ai dati contenuti in una stima effettuata dall’UTE (Sez. 5, Sentenza n. 6928 del 25/03/2011; conf. Sez. 5, Sentenza n. 25559 del 03/12/2014).

Tuttavia, l’impugnazione dell’avviso di accertamento pone a carico dell’Amministrazione l’onere di fornire la prova delle circostanze poste a fondamento della rettifica del valore dichiarato dal contribuente: tale onere non può ritenersi soddisfatto attraverso la mera produzione della stima dell’UTE, la quale, provenendo da un ente che non è al di sopra delle parti, ma è un ufficio della stessa Amministrazione finanziaria dello Stato, non può costituire di per sè sola, elemento di prova a sostegno del maggior valore accertato, soprattutto qualora non risulti fondata su oggettivi e certi elementi di riscontro (Sez. 5, Sentenza n. 5645 del 15/03/2006; conf. Sez. 5, Sentenza n. 21759 del 14/10/2009).

Lo stabilire se, in concreto, la motivazione di un determinato avviso di accertamento risponda o meno ai requisiti di validità è compito precipuo del giudice tributario e non è dato al contribuente, se la decisione è motivata, sollecitare alla Corte di cassazione una revisione critica del suindicato giudizio, salvo che non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso, ben specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso (Sez. 5, Sentenza n. 17762 del 12/12/2002; conf. Sez. 5, Sentenza n. 11997 del 08/08/2003).

1.2. Orbene, nel caso di specie, da un lato, la ricorrente ha, in violazione del principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, la perizia di parte a firma del geom. T. che, a suo dire, avrebbe evidenziato le “numerose incongruenze presenti nella ricostruzione della fattispecie da parte dell’Ufficio” (cfr. pag. 23 del ricorso), e, dall’altro lato, non ha, in ogni caso, neppure dedotto le contestazioni che avrebbe mosso alla rettifica di valore operata dall’Ufficio, onde porre questa Corte nelle condizioni di verifica la idoneità della stima UTE a superare le stesse.

Di contro, la CTR ha evidenziato che l’accertamento del maggior valore trovava conferma su una precisa stima UTE la quale, tra l’altro, aveva il pregio di essere stata effettuata a seguito di sopralluogo, esplicitando “con estrema chiarezza e in modo del tutto esauriente tutti i punti estimativi”. In particolare, l’Ufficio ha potuto indicare con precisione le caratteristiche del terreno, nonchè gli indici di edificabilità, facendo altresì presente che sul terreno era stato costruito un edificio industriale, completato nel 1991 e regolarmente utilizzato per fini commerciali.

2. In definitiva, il ricorso non merita di essere accolto. Nessuna pronuncia deve essere adottata sulle spese del presente grado di giudizio, atteso che l’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale discussione e l’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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