Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12020 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/06/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 19/06/2020), n.12020

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6732/2014 proposto da:

P.C.E., nato a Torretta il (OMISSIS) (C.F.:

(OMISSIS)), P.S.A., nato a Torretta il

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), P.G., nata a Torretta

il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), P.G.G.,

nato a Torretta il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)),

P.L., nata a Torretta il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), elettivamente

domiciliati in Carini (PA), alla Via Bergamo n. 5, presso lo studio

dell’Avv. Giuseppe Amato del Foro di Palermo (C.F.:

MTAGPP59A18B780C), dal quale sono rappresentati e difesi, come da

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Ministero dell’Economia e Finanze, in persona del Ministro pro

tempore (C.F.: (OMISSIS)) e Agenzia delle Entrate (C.F.: (OMISSIS)),

in persona del Direttore pro tempore, rappresentati e difesi

dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: (OMISSIS)), presso i cui

uffici sono domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 18/25/2010 emessa dalla CTR Sicilia in data

02/03/2010 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’adunanza camerale del

06/02/2020 dal Consigliere Dott. Penta Andrea.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

P.C.E., P.S.A., P.G., P.G.G. e P.L. proponevano ricorso avverso l’avviso di rettifica e liquidazione n. (OMISSIS), notificato il 16.05.2006, con il quale l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Palermo 1 – aveva accertato un maggior valore dell’intera massa di Euro 3.596.823,50, costituita da terreni, fabbricati rurali e un opificio siti in Torretta, contrada San Nicolò, oggetto dell’atto di divisione per Notar M. del 19. 07.2004.

I ricorrenti deducevano che il maggior valore attribuito ai beni in questione conseguiva al mutamento di destinazione urbanistica – da terreno agricolo a zona di espansione preferenziale per le attrezzature C 3 – effettuato, a loro insaputa, dal Comune di Torretta, con Delib. 26 aprile 2002, n. 12, da essi ritenuta illegittima.

A riprova di quanto dedotto depositavano denuncia/esposto al Procuratore della Repubblica di Palermo, nonchè la copia dell’ordinanza del TAR Sicilia che, in accoglimento delle loro domande, aveva sospeso l’esecuzione dell’anzidetta delibera.

Pertanto, concludevano per l’accoglimento del ricorso, con vittoria delle spese di lite.

Resisteva l’Ufficio, contestando gli avversi assunti ed insistendo sulla legittimità del proprio operato, fondato sul certificato di destinazione urbanistica trasmesso dal Comune di Torretta.

L’adita CTP di Palermo, con sentenza depositata il 30.4.2007, accoglieva il ricorso, annullava l’atto impugnato e compensava le spese, avendo ritenuto che, avendo l’Ufficio posto alla base della rettifica la Delib. 26 aprile 2002, n. 12, con la quale il Comune di Torretta aveva mutato la destinazione urbanistica della zona dove insistevano i terreni in questione ed essendo stata sospesa l’esecuzione di tale delibera con Ordinanza n. 1206/06 del TAR Sicilia, ne conseguisse l’inefficacia del mutamento di destinazione urbanistica e la congruità del valore dichiarato dei terreni. Con atto di appello, notificato il 14.11.2008 e depositato il 21.11.2008, l’Ufficio impugnava detta sentenza, deducendo che il ricorso amministrativo al TAR contro la delibera in questione, la cui esecutività era stata sospesa con provvedimento cautelare non definitivo, era stato rigettato con sentenza n. 15/08 perchè in parte improcedibile ed in parte irricevibile; pertanto, concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria delle spese, sostenendo che il valore accertato, fondato sulla stima tecnica e sulla destinazione urbanistica del terreno ricadente in zona C 3, fosse conforme ai valori in comune commercio vigenti nella zona per immobili similari alla data del rogito.

La controparte non si costituiva.

Con sentenza del 2.3.2010 la CTR Sicilia accoglieva l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

1) i primi giudici avevano erroneamente fondato la loro decisione sulla ordinanza n. 1206/06, con la quale il T.A.R. Sicilia aveva sospeso l’esecuzione della delibera del Comune di Torretta n. 12/2002, senza valutare che detta ordinanza costituiva un provvedimento cautelare non definitivo, richiesto dai contribuenti;

2) infatti, successivamente, il relativo ricorso amministrativo era stato dichiarato in parte improcedibile e, in parte, irricevibile, con sentenza n. 15/08 del T.A.R. Sicilia, depositata il 09.01.2008;

3) l’Ufficio aveva operato legittimamente, procedendo alla valutazione dei terreni in questione sulla base della diversa destinazione urbanistica rilevata dal certificato di destinazione trasmesso dal Comune di Torretta;

4) il valore accertato dall’Ufficio, supportato dalla stima tecnica dell’Agenzia del Territorio che aveva valutato i beni in questione tenendo conto della tipologia dei terreni, della loro destinazione urbanistica, dell’indice di edificabilità, della consistenza e dell’ubicazione degli stessi, risultava rispondente al valore di mercato.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso P.C.E., P.S.A., P.G., P.G.G. e P.L., sulla base di un solo motivo. Il Ministero dell’Economia e Finanza e l’Agenzia delle Entrate hanno resistito con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo i ricorrenti deducono l’inesistenza e, in subordine, la nullità assoluta della notifica dell’atto di appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per non aver la CTR considerato che la notifica dell’atto di gravame era stata effettuata, peraltro non consegnando un numero di copie pari alle parti costituite in primo grado o, almeno ai procuratori, ad un soggetto, il cui nominativo era illeggibile, che non era mai stato collega di studio dei loro procuratori costituiti.

1.1. Il motivo è infondato.

Avuto riguardo alla doglianza concernente il numero di copie dell’atto di appello consegnate al procuratore dei contribuenti, è vero che vige il principio secondo cui la notificazione dell’atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia o di un numero di copie inferiori rispetto alle parti cui l’atto è destinato, non è inesistente, ma nulla, sicchè il relativo vizio può essere sanato, con efficacia ex tunc, con la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l’impugnazione è diretta, ovvero con la rinnovazione della notificazione, da eseguire in un termine perentorio assegnato dal giudice a norma dell’art. 291 c.p.c., con la consegna di un numero di copie pari a quello dei destinatari, tenuto conto di quella o di quelle già consegnate (Sez. 2, Sentenza n. 7818 del 04/04/2006; conf. ez. L, Sentenza n. 17102 del 22/07/2009). Ma è altrettanto vero che tale principio trova applicazione nel caso in cui le parti si siano costituite separatamente, sia pure con il ministero di un unico difensore, laddove, nel caso di specie, risulta (e, comunque, non viene dedotto alcunchè in senso contrario) che i contribuenti abbiano impugnato congiuntamente l’avviso di rettifica e liquidazione.

1.2. In relazione alla censura concernente la notifica dell’atto di appello eseguita, a dire dei ricorrenti, nei confronti di soggetto che non presentava alcun collegamento con il destinatario dell’atto, va premesso che, anche a voler accedere alla tesi secondo cui i contribuenti erano rappresentati e difesi in primo grado, oltre che dall’avv. Giuseppe Amato, dall’avv. Vincenzo Tranchina, non è revocato in dubbio che, così come desumibile dal frontespizio della sentenza di secondo grado, il primo fosse altresì il domiciliatario dei ricorrenti, sicchè, in base al combinato disposto degli artt. 170 e 330 c.p.c., presso il suo studio l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificare l’atto di impugnazione.

Fermo restando che i ricorrenti non hanno contestato che il domicilio eletto per le notifiche coincidesse con lo studio dell’avv. Giuseppe Amato sito in Carini (PA), alla via Sansone n. 25, la notificazione presso il procuratore domiciliatario della parte è validamente eseguita con la consegna di copia dell’atto ad un collega di studio (nel caso di specie, tale Claudio Trovato), ove lo stesso abbia ricevuto tale copia senza riserva alcuna. Spetta, pertanto, al procuratore destinatario della detta notificazione che ne contesti la ritualità dimostrare l’inesistenza di ogni relazione di collaborazione professionale con il summenzionato collega e la casualità della sua presenza nel proprio studio (Sez. 2, Sentenza n. 8537 del 06/04/2018). Invero, ai fini della validità della notifica, la ricezione dell’atto, senza riserve, da parte di un avvocato presente nello studio del procuratore domiciliatario fa presumere che lo stesso sia autorizzato all’incombente, essendo, ancorchè temporaneamente, collega di studio, collaboratore o, quanto meno, addetto alla ricezione degli atti (Sez. 2, Sentenza n. 4580 del 26/02/2014). In particolare, la situazione di comunanza di rapporti del professionista che ha in comune col destinatario dell’atto lo stesso studio fa presumere che il primo porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, senza comportare necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione (Sez. U, Sentenza n. 14792 del 14/07/2005).

A differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti (cfr. pag. 3 del ricorso), non rileva pertanto, in presenza di tale presupposto, il fatto che il consegnatario definito nella relazione di notifica come collega di studio dell’avvocato o procuratore, privo di laurea in giurisprudenza, non risulti iscritto nell’albo dei procuratori o praticanti procuratori legali (Sez. L, Sentenza n. 11644 del 27/10/1992).

Senza tralasciare che risulta altresì essere stata inviata raccomandata a/r al destinatario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. b-bis).

2. In definitiva, il ricorso non merita di essere accolto. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore dei resistenti, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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