Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12020 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. I, 06/05/2021, (ud. 22/03/2021, dep. 06/05/2021), n.12020

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C. G. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17325/2019 proposto da:

K.A., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato Mario Di Frenna, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna depositato il 20/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/3/2021 dal cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Bologna, con decreto del 20 aprile 2019, rigettava il ricorso proposto da K.A., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale.

Il Tribunale, una volta esclusa la credibilità delle dichiarazioni del migrante (il quale aveva raccontato di essere rimasto coinvolto in una manifestazione di natura politica, subendo l’incendio della sua falegnameria e l’arresto da parte della polizia, e di essere espatriato nel timore di venire nuovamente arrestato a causa della sua evasione dal carcere), riteneva che non sussistessero le condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria, neppure ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in assenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno, idonea a esporre la popolazione civile ad un grave pericolo per il solo fatto di essere presente sul territorio.

Il collegio di merito, inoltre, riteneva che non fosse possibile riconoscere neppure la protezione umanitaria, non essendo emersa alcuna condizione di peculiare vulnerabilità, tenuto conto delle condizioni di vita in cui il migrante si troverebbe in caso di rimpatrio e del fatto che lo svolgimento di un’attività lavorativa a tempo determinato per alcuni mesi, corsi di studio e volontariato non bastava ad evidenziare un radicamento sul territorio.

2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso K.A. prospettando un unico, articolato, motivo di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. Il motivo di doglianza proposto denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4 e 14 e 5, comma 6 T.U.I.: il Tribunale, in primo luogo, avrebbe ritenuto non credibili le dichiarazioni del richiedente asilo, a dispetto del loro contenuto approfondito, coerente e preciso, valorizzando quale elemento decisivo le differenze esistenti fra le indicazioni riportate nel modulo C3 e le dichiarazioni successivamente rese.

Il collegio di merito, pur ravvisando la gravità dell’attuale situazione della (OMISSIS), avrebbe negato la sussistenza anche di una situazione di violenza indiscriminata, contraddicendo le proprie constatazioni e non approfondendo la conoscenza della situazione del paese.

La vicenda personale del migrante, implicante una violazione dei diritti umani e delle minime garanzie giuridiche e processuali, avrebbe imposto quanto meno il riconoscimento della protezione umanitaria.

Il Tribunale infine, a prescindere dalla credibilità del racconto fornito, doveva comunque tenere conto dell’inserimento del migrante nel tessuto sociale italiano e della sua condizione di vulnerabilità al fine di riconoscere la protezione umanitaria.

4. Il motivo risulta, nel suo complesso, inammissibile.

4.1 La valutazione di affidabilità del dichiarante è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici indicati all’interno del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di criteri generali di ordine presuntivo idonei a illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese (Cass. 20580/2019).

Il giudice di merito si è ispirato a questi criteri laddove, all’esito dell’esame delle dichiarazioni rese dal migrante nelle varie sedi, ha rilevato – come previsto dall’art. 3, comma 5, lett. c, appena citato che il racconto offerto dalla richiedente asilo era contraddittorio rispetto tanto alle ragioni giustificative dell’espatrio, quanto ai luoghi di residenza del A. e della sua famiglia, non era coerente con le informazioni sul paese di origine nè risultava plausibile.

Nell’esprimere un simile giudizio il Tribunale ha correttamente tenuto conto anche delle dichiarazioni riportate nel modello C3, le quali costituiscono un elemento che può essere incluso, unitamente a tutte le altre dichiarazioni rese dal migrante, nel novero degli elementi da valutare al fine di apprezzare la sua credibilità e la fondatezza della domanda presentata, soprattutto laddove – come nel caso di specie non sia contestata la fedele trascrizione delle parole riportate all’interno del modulo.

Una volta constatato come la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo sia il risultato di una decisione compiuta alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sufficiente aggiungere che la stessa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Si deve invece escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, nel senso proposto in ricorso, trattandosi di censura attinente al merito; censure di questo tipo si riducono, infatti, all’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che però è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce invece alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019).

4.2 Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018).

Il Tribunale si è ispirato ai criteri sopra indicati, prendendo in esame una serie informazioni aggiornate al 2018 sulla situazione esistente in (OMISSIS) e traendone argomento per escludere, pur in presenza del costante rischio di manifestazioni violente, l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno, idonea a esporre la popolazione civile ad un grave pericolo per la sola presenza sul territorio.

La critica in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dal Tribunale, facendo leva anche su decisioni di merito non recenti di segno contrario, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018).

4.3 Il Tribunale ha reputato che nel caso sottoposto al suo esame non fosse emersa alcuna condizione di peculiare vulnerabilità, in mancanza di specifici indicatori di necessità di protezione dal punto di vista soggettivo e oggettivo, ritenendo così chiaramente che nè le vicende raccontate, stante la loro non credibilità, nè le condizioni generali del paese di provenienza configurassero una situazione di vulnerabilità e giustificassero il riconoscimento della protezione umanitaria.

Il collegio di merito non si è neppure sottratto a un giudizio comparativo volto a verificare l’esistenza di una sproporzione fra il contesto di vita in cui il migrante si sarebbe trovato in caso di rimpatrio e la situazione di integrazione nel paese ospitante, constatando a questo proposito che l’ A., in caso di rientro, si sarebbe ricongiunto con la propria famiglia.

A fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dell’affidabilità delle dichiarazioni del migrante e dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017).

4.4 Nè è possibile predicare un omesso esame dell’inserimento nel tessuto sociale italiano, dato che, al contrario, il Tribunale ha tenuto conto dell’attività lavorativa e di volontariato svolta dal migrante, come pure della frequenza di corsi di studio, ma ha ritenuto che questi elementi non fossero indicativi di un radicamento sul territorio del paese ospitante.

Il profilo di critica in esame intende dolersi, più che di un omesso esame della situazione del migrante in Italia, di un esame non conforme alle sue aspettative e in questo modo si pone al di fuori dei limiti propri del canone di critica utilizzato, che riguarda la tralasciata valutazione di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non si estende all’esame inappagante per la parte di tale fatto, esame che rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito e non può essere rivisto in questa sede.

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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