Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12019 del 10/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 10/06/2016), n.12019

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22291/2014 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.F.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE TRIVELLINI,

che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 103/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 03/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI;

udito l’Avvocato Raffaele Trivellini difensore del controricorrente

che si riporta ai motivi scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte di appello di Firenze ha respinto il gravame proposto dal Ministero della Salute ed ha confermato la sentenza del Tribunale di Pisa che, in accoglimento del ricorso proposto da D.F. C., aveva accertato la legittimazione passiva del Ministero sulla domanda di riconoscimento dell’indennizzo da corrispondere in relazione ai danni derivati da emotrasfusione ai sensi della L. n. 210 del 1992, condannandola ad erogare la prestazione a far data dalla proposizione della domanda amministrativa.

La Corte territoriale, preso atto della rinuncia al motivo di appello relativo alla legittimazione passiva, riteneva poi che non fosse maturata alcuna decadenza dal diritto a richiedere la prestazione, nè tantomeno la prescrizione dei ratei, evidenziando che il termine poteva decorrere solo dal momento in cui l’interessato aveva acquisito consapevolezza della derivazione causale della patologia accertata da uno degli eventi (vaccinazione o trasfusione) a cui la legge ricollega il diritto alla prestazione.

A tal riguardo il giudice di appello ha accertato che solo nel (OMISSIS) il D.F. acquisì la cartella clinica dalla quale fu possibile riscontrare di essere stato sottoposto a trattamenti con immunoderivati e plasma comprovanti la dipendenza causale della patologia da cui era affetto. Precisa poi che nulla era stato allegato dall’Amministrazione in relazione alla possibilità di conoscere prima, con l’uso della normale diligenza, la probabile derivazione causale della malattia e che le critiche alla consulenza disposta in appello coincidevano con quelle già formulate alla consulenza di primo grado e motivatamente respinte. Per la cassazione della sentenza ricorre il Ministero della Salute che articola due motivi. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, per avere la Corte di merito ritenuto diligente il comportamento del D. F. che solo nel (OMISSIS) aveva chiesto il rilascio della cartella clinica relativa al suo ricovero in coincidenza con la nascita del (OMISSIS).

Sottolinea che già dal (OMISSIS) era notoria la dipendenza causale dell’infezione da HCV da somministrazioni di sangue, plasma e derivati e che pertanto già nel (OMISSIS), data di sicura diagnosi della positività al virus (o comunque dal (OMISSIS)), in occasione degli esami clinici a cui si era sottoposto avrebbe potuto, con l’ordinaria diligenza, attivarsi per acquisire la cartella clinica dalla quale avrebbe appreso di essere stato sottoposto alla somministrazione di gammaglobuline.

Per effetto della conoscibilità del nesso causale tra patologia e somministrazione di derivati del plasma sin dal (OMISSIS) il termine di decadenza sarebbe iniziato a decorrere dal 28 luglio 1997, data di entrata in vigore della L. n. 238 del 1997, che, modificando la legge n. 210 del 1992, ha esteso la decadenza anche per i soggetti affetti da epatiti emotrasfusionali.

Con il secondo motivo di ricorso è censurata la sentenza per avere omesso l’esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti consistente nella derivazione causale della patologia epatica dalle immonuglobuline intramuscolari somministrate – erroneamente assimilate alle immonuglobuline endovenose – ed inoltre della ascrivibilità degli effetti della patologia epatica ad una delle categorie tabellate (Tabella A allegata al D.P.R. n. 834 del 1981) circostanze tutte evidenziate nei rilievi critici formulati anche in sede di appello alla consulenza tecnica disposta in primo grado.

Il D.F. si è difeso con controricorso eccependo preliminarmente l’improcedibilità del ricorso stante il mancato deposito di copia autentica della sentenza impugnata. Denuncia la carente autosufficienza del ricorso non essendo stati riprodotti nè documentati in allegato allo stesso, gli esami clinici del (OMISSIS) e del (OMISSIS), la consulenza di cui si lamenta l’erroneità ed i passi salienti e più rilevanti delle censure mosse in appello. Sottolinea l’inammissibilità e/o comunque l’infondatezza delle censure formulate.

Il contro ricorrente ha altresì depositato memoria insistendo nelle conclusioni già prese.

Tanto premesso il ricorso, procedibile, essendo stata depositata copia autentica della sentenza impugnata, è manifestamente infondato e deve essere rigettato.

In via generale va rammentato che:

1.- A norma della L. n. 210 del 1992, art. 3, comma 1, nel testo modificato dalla L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 9, la domanda amministrativa per ottenere l’indennizzo deve essere presentata “nel termine di tre anni nel caso di vaccinazioni o di epatiti post-

trasfusionali (…) dal momento in cui, sulla base delle documentazioni di cui ai commi 2 e 3, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno”.

2.- La Corte Costituzionale nel ritenere legittima la disposizione che ha introdotto il termine di decadenza anche con riguardo alle patologie contratte in esito a trasfusioni ha chiarito che il termine di tre anni fissato dalla norma e decorrente “dal momento dell’acquisita conoscenza dell’esito dannoso dell’intervento terapeutico” non era talmente breve da frustrare la possibilità di esercizio del diritto alla prestazione e vanificare la previsione dell’indennizzo (cfr. Corte Cost. n. 342 del 2006).

3.- Ancora si è precisato che ove la prestazione indennitaria sia richiesta in relazione ad epatite post-trasfusionale contratta in epoca precedente all’entrata in vigore della L. n. 238 del 1997 – con la quale è stato esteso il termine decadenziale già previsto per i soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie – il termine decorre dal 28 luglio 1997, data di entrata in vigore della nuova disciplina (in questo senso le sezioni unite di questa Corte 22.7.2015 nn. 15352 e 15353 che hanno risolto il contrasto manifestatosi nell’ambito della sezione lavoro cfr. Cass. n. 10215 del 2014 e 13335 del 2014).

4.- La cronicizzazione della epatopatia post-trasfusionale non costituisce di per sè il requisito esclusivo per accedere ai benefici della legge di sostegno, ma con la malattia post trasfusionale deve coesistere la documentata consapevolezza, per l’assistito, dell’esistenza di un danno irreversibile (cfr. Cass. n. 837 del 2006).

5.- Ai fini della decorrenza del termine, è decisiva la conoscenza da parte dell’interessato dell’esistenza di una patologia ascrivibile causalmente ad emotrasfusione dalla quale sia derivato un danno irreversibile che possa essere inquadrato – pur alla stregua di un mero canone di equivalenza e non già secondo un criterio di rigida corrispondenza tabellare – in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella B annessa al testo unico approvato con D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834 (cfr. Cass. s.u. 8064 e 8065 del 2010, ord. sez. 6 lav. n. 22706 del 2010 e n. 19811 del 2013).

6.- L’esistenza di una soglia minima di indennizzabilità comporta che il termine di decadenza di tre anni (dieci nell’ipotesi di infezione da HIV) di cui della cit. L. n. 210, art. 3, comma 1, comincia da decorrere dal momento della consapevolezza, da parte di chi chiede l’indennizzo, del superamento della soglia (Cass. s.u. nn. 8064 e 8065 del 2010 cit.).

Applicando tali principi al caso in esame la sentenza resta indenne dai rilievi che le vengono mossi.

Anche a voler tralasciare i profili di inammissibilità delle censure formulate, con le quali si pretende che in sede di legittimità si proceda ad una diversa valutazione delle emergenze istruttorie, va rilevato che il termine di decadenza è stato fatto correttamente decorrere dal maggio 2006 quando è risultato incontestabilmente provata non solo l’esistenza di un nesso causale tra la patologia e la somministrazione di immunoglobuline al momento della nascita, ma anche di un danno irreversibile inquadrabile pur secondo un canone di equivalenza in una delle infermità classificate in una delle otto categorie di cui alla tabella A allegata al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834.

Solo per effetto della consapevolezza del superamento della soglia minima di indennizzabilità il termine di decadenza di cui della cit.

L. n. 210, art. 3, comma 1, comincia da decorrere.

La Corte di merito ha correttamente osservato che era onere dell’Amministrazione offrire elementi di valutazione che consentissero di ritenere negligente il comportamento del D.F. che, solo nel 2006, aveva chiesto il rilascio della cartella clinica del ricovero del (OMISSIS). Condivisibilmente la Corte di merito ha dato atto che in occasione degli esami clinici del (OMISSIS) e del (OMISSIS) l’odierno contro ricorrente aveva appreso di essere affetto da una epatopatia cronica di cui però non conosceva, o poteva conoscere, la derivazione da uno degli eventi in relazione ai quali l’indennizzo della L. n. 210 del 1992, poteva essere riconosciuto.

La notorietà della derivazione causale delle epatopatie da somministrazione di derivati del plasma doveva essere quantomeno puntualmente allegata nel giudizio di merito è difficilmente accertabile ove, come nel caso in esame, la patologia si manifesti a distanza di molti anni e richiede la conoscenza di nozioni che esulano dal notorio. Per tutto quanto sopra considerato il ricorso, manifestamente infondato, deve essere rigettato con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., n. 5.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate in dispositivo, devono essere distratte in favore dell’avvocato che le ha anticipate.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna il Ministero della salute al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 3000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie.

Accessori come per legge.

Spese da distrarsi in favore dell’avvocato Raffaele Trivellini anticipatario.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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