Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12019 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. I, 06/05/2021, (ud. 22/03/2021, dep. 06/05/2021), n.12019

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi C. G. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17300/2019 proposto da:

I.I., elettivamente domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’Avvocato Lorenzo Trucco, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Torino depositato il 19/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/3/2021 dal cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Torino, con decreto del 19 aprile 2019, rigettava il ricorso proposto da I.I., cittadino della (OMISSIS) proveniente dall'(OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale.

Il Tribunale – fra l’altro e per quanto di interesse – escludeva che nella zona di origine del richiedente asilo sussistesse uno stato di violenza indiscriminata determinata da una situazione di conflitto armato interno, tale da giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

Il collegio di merito, inoltre, negava la possibilità di riconoscere la protezione umanitaria, non solo perchè la situazione socio-politica del paese di origine non appariva tanto grave da porre la totalità dei suoi cittadini in condizioni di vulnerabilità, ma anche perchè l’ I. non si trovava in una condizione di indigenza estrema, non aveva alcuna problematica fisica o psichica nè aveva conseguito una stabile e rilevante condizione di irreversibile inserimento nel contesto nazionale.

2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso I.I. prospettando tre motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. Il primo motivo di ricorso chiede che sia sollevata una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5, e art. 117 Cost., comma 1, così come integrati dagli artt. 46, par. 3, della Direttiva 32/2013, artt. 6 e 13CEDU, per quanto concerne la scelta del rito camerale ex art. 737 c.p.c. per la celebrazione delle controversie in materia di protezione internazionale: in tesi di parte ricorrente tale norma, prevedendo un rito camerale a contraddittorio scritto e con udienza eventuale rimessa alla mera discrezionalità del giudice, violerebbe gravemente il principio del contraddittorio e della parità processuale delle parti.

4. Il motivo è inammissibile, a mente dell’art. 360-bis c.p.c.. Difatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte, Cass. 17717/2018), non v’è alcun dubbio che il procedimento camerale, da sempre impiegato anche per la trattazione di controversie su diritti e status, sia idoneo a garantire l’adeguato dispiegarsi del contraddittorio con riguardo al riconoscimento della protezione internazionale.

Nè può riconoscersi rilievo all’eventualità della soppressione dell’udienza di comparizione, sia perchè essa è circoscritta a particolari frangenti nei quali la celebrazione dell’udienza si risolverebbe in un superfluo adempimento, tenuto conto dell’attività in precedenza svolta, sia perchè il contraddittorio è comunque pienamente garantito dal deposito di difese scritte.

5. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione ed erronea applicazione D.Lgs. n. 251 del 2007, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in quanto ai fini di riconoscere la protezione sussidiaria a mente di tale norma il giudice di merito avrebbe dovuto valorizzare – come già avevano fatto svariati giudici di merito – la situazione di gravissima incertezza e violazione generalizzata dei fondamentali diritti umani esistente in tutto il territorio (OMISSIS).

6. Il motivo è inammissibile.

Il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), individua come rilevante al fine di ravvisare il danno grave richiesto per la concessione della protezione sussidiaria l’esistenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (situazione che implica o una contestualizzazione della minaccia suddetta, in rapporto alla situazione soggettiva del richiedente, laddove il medesimo sia in grado di dimostrare di poter essere colpito in modo specifico, in ragione della sua situazione personale, ovvero la dimostrazione dell’esistenza di un conflitto armato interno nel paese o nella regione, caratterizzato dal ricorso ad una violenza indiscriminata, che raggiunga un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile, rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire detta minaccia; Cass. 14006/2018).

Non assumono invece alcuna rilevanza situazioni (quale la violazione generalizzata dei diritti fondamentali addotta nel motivo in esame), che, per la loro intrinseca diversità dalla condizione tipizzata dalla norma, non sono ad essa riconducibili, dato che il rischio di danno grave cui si riferisce il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è esclusivamente quello che deriva dalla violenza indiscriminata nella situazione di conflitto armato in corso nello Stato di provenienza (Cass. 14350/2020).

7. Il terzo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o l’erronea applicazione dell’art. 5, comma 6 e art. 19 T.U.I., in relazione all’art. 10 Cost., comma 3: il Tribunale, operando un’ingiustificata sovrapposizione della protezione umanitaria con quella sussidiaria, avrebbe erroneamente trascurato di considerare la maggiore ampiezza della disciplina in tema di protezione umanitaria e così non avrebbe adeguatamente apprezzato la condizione di vulnerabilità del richiedente asilo, in considerazione delle terribili esperienze subite e dei rilevanti elementi di integrazione sul territorio.

Andava valorizzata, altresì, la rilevante sproporzione fra la situazione esistente in (OMISSIS) (generale, in mancanza di una effettiva tutela dei diritti fondamentali, e particolare, stante la drammatica condizione di grave precarietà del migrante) e la condizione di integrazione in Italia, dove l’ I. aveva manifestato grande impegno nell’attività lavorativa e di studio.

8. Il motivo è inammissibile.

Il collegio di merito, all’esito del giudizio di non credibilità, non ha affatto compiuto un’indebita sovrapposizione fra protezione sussidiaria e protezione umanitaria, ma ha constatato come non emergessero situazioni di peculiare vulnerabilità, sia in considerazione della situazione socio-politica del paese di origine e della personale situazione del richiedente asilo, sia all’esito di una comparazione fra le condizioni il cui l’odierno ricorrente si troverebbe in caso di rimpatrio e la situazione di integrazione nel paese ospitante, ritenuta non significativa.

A fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza intende nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017).

9. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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