Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12017 del 10/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 10/06/2016, (ud. 09/05/2016, dep. 10/06/2016), n.12017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11766/2015 proposto da:

L.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S PELLICO

2, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CRIMI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALBERTO TALAMONE, giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK SPA, società con socio unico pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ISONZO 42-A, presso

lo studio dell’avvocato ACHILLE REALI, rappresentata e difesa

dall’avvocato CLAUDIO LUCA MIGLIORISI, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 378/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

9/4/2014, depositata il 22/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito l’Avvocato Luca Di Gregorio per delega dell’Avvocato

Migliorisi Claudio Luca, che si riporta agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.:

“Con sentenza in data 22 gennaio 2015, la Corte d’Appello di Milano, ha accolto l’impugnazione proposta da Unicredit Credit Management Bank SpA contro la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio – Sez. Gallarate, con la quale era stata parzialmente respinta la sua domanda di accertamento, di un suo credito pecuniario verso la signora L.A.M., obbligata quale fideiussore di un terzo, condannando la medesima al pagamento della somma della maggior somma di Euro 91.000,00, anzichè di Euro 30.000,00. Secondo la Corte territoriale, per quello che ancora interessa e rileva in questa sede, la debitrice, che aveva riconosciuto le sottoscrizioni apposte sul secondo foglio del contratto di fideiussione, prodotto in copia dalla Banca, non aveva tempestivamente contestato (nei termini di cui all’art. 215 c.p.c.) la conformità della fotocopia all’originale, onde la sussistenza della prova, ex art. 2702 c.c., della provenienza delle dichiarazioni in essa contenute alla signora L..

Avverso la sentenza della Corte d’Appello ha proposto ricorso la L., con atto notificato il 27 aprile 2015, sulla base di un unico motivo, privo di una specifica denuncia formale.

La Banca resiste con controricorso.

Il ricorso appare inammissibile, giacchè:

a) Innanzitutto, compie un esteso ragionamento in fatto e sulle circostanze del processo ma senza aver, preventivamente, indicato alcun vizio del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., atteso che questo appare solo alla fine dell’estesa argomentazione, con l’affermazione della violazione dell’art. 360, nn. 3 e 5, in relazione all’art. 2697 c.c., ma senza che il quesito di diritto, aggiunto dalla ricorrente, faccia comprendere, con esattezza, quale sia la chiara doglianza proposta e, soprattutto, la sua decisività rispetto alla ratio decidendi contenuta nella sentenza impugnata;

b) In tal modo, infatti, la ricorrente finisce per attribuire al ricorso per cassazione il ruolo di una generica lamentazione senza indicare il punto della decisione che si ipotizza come erroneo e bisognoso di riforma, in tal modo escludendo ogni ragione di specifico e decisivo intervento da parte della Corte di cassazione;

c) Il ricorso, inoltre, anche con riguardo alle doglianze svolte in modo confuso e senza un chiaro ordine, neppure richiama, in modo autosufficiente, le scansioni del processo di primo o di secondo grado, utili alla dimostrazione delle doglianze, così facendo comprendere alla Corte se vi siano state le necessarie allegazioni e domande di parte, utili alla soluzione del caso controverso nel senso auspicato dalla ricorrente.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., n. 1”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale non risultano essere state mosse critiche od osservazioni;

che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali di questa fase, che si liquidano come da dispositivo, e al raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1 della Corte di Cassazione, dai magistrati sopra indicati, il 9 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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