Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12015 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 31/05/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 31/05/2011), n.12015

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

IMMOBILIARE ROSA s.a.s. di Francesca Remondino, con domicilio eletto

in Roma, via Trento n. 32, presso l’Avv. Giulio Mundula,

rappresentata e difesa dall’Avv. Giacobina Roberto, come da procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

SAN CARLO s.r.l., fallita, in persona de curatore pro tempore, con

domicilio eletto in Roma, via Bettolo n. 17, presso l’Avv. Alfonso

Quintarelli, rappresentata e difesa dall’Avv. Sponga Elisabetta, come

da procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino n.

1282/09 depositata il 29 settembre 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 28 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Immobiliare Rosa s.a.s. ricorre per cassazione nei confronti della sentenza in epigrafe della Corte d’appello che ha riformato la sentenza del Tribunale di Torino resa in esito al giudizio instaurato dalla San Carlo s.r.l. in bonis e quindi riassunto dalla curatela del fallimento della stessa volto ad ottenere nel contraddittorio con la Immobiliare Rosa di Andreo Maria & C. s.a.s. e L.R. la dichiarazione di inefficacia ex art. 2901 di un atto di compravendita immobiliare, giudizio nel quale aveva spiegato intervento volontario C.M., quale socio della San Carlo s.r.l. e al quale era stata riunita altra causa proposta dallo stesso C., in qualità di procuratore di M.R. e di P.A., nei confronti delle predette società e del L..

Resiste l’intimata curatela con controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile, così come eccepito dalla curatela controricorrente.

Hanno stabilito le Sezioni Unite di questa Corte che “La prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., omma 1, n. 3, secondo la quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena d’inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, non può ritenersi osservata quando il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, nè accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare, mediante “spillatura” al ricorso, l’intero ricorso di primo grado ed il testo integrale di tutti gli atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione, preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e dei tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di censura” (Sent. n. 16628 del 17/07/2009; nello stesso senso Cass. Civ. n. 15180/2010).

A tale principio non è conforme il ricorso de quo nel quale la descrizione dei fatti rilevanti per il giudizio è totalmente affidata alla integrale e sovrabbondante riproduzione degli atti di causa e in particolare delle scritture difensive delle parti e della decisione di primo e secondo grado, mentre l’intervento del ricorrente è limitato alla mera descrizione del momento processuale nell’ambito del quale gli stessi sono intervenuti; manca invece totalmente il benchè minimo sforzo di effettuare una qualche lettura ragionata degli stessi in modo da offrire alla Corte tutti e soltanto gli estremi rilevanti per il giudizio imponendo così una lettura che dovrebbe sopperire all’obbligo inevaso della parte nell’ottica della collaborazione processuale che la norma impone.

Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di rito in ordine alle spese.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese che liquida in complessivi Euro 3.200, di cui Euro 3.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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