Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12013 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 16/05/2017, (ud. 09/03/2017, dep.16/05/2017),  n. 12013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21543-2015 proposto da:

HIC SALTUS, in persona del legale rappresentante pro-tempore, dott.

V.M., Q.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA GERMANICO 12, presso lo studio dell’avvocato FRANCO DI

LORENZO, rappresentati e difesi dall’avvocato ANTONIO GIUDICI giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO DE’

CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato ALDO FONTANELLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIACOMO FUSTINONI

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1230/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 16/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/03/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Hic saltus – Associazione per la tutela e la conservazione della collina sebina e Q.G. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Bergamo, M.F., chiedendo il risarcimento dei danni conseguenti alla condotta, asseritamente diffamatoria, consistita nell’affissione da parte del convenuto, all’epoca Sindaco del Comune di (OMISSIS), di un volantino e nella pubblicazione di un articolo sulla rivista (OMISSIS), ritenuti entrambi lesivi della loro reputazione.

Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale accolse la domanda solo in relazione al contenuto del volantino e condannò il convenuto al risarcimento dei danni in misura di Euro 2.000 per ciascun attore, nonchè al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dal M. in via principale e dagli originari attori in via incidentale e la Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 16 ottobre 2014, ha riformato la decisione di primo grado rigettando integralmente tutte le domande risarcitorie e condannando gli appellanti incidentali alla restituzione delle somme percepite in esecuzione della sentenza del Tribunale ed al pagamento delle spese del giudizio di appello.

Ha osservato la Corte territoriale che l’appello principale era fondato perchè il volantino in contestazione – nel quale il M. aveva invitato la Hic saltus ed il Q. a “vergognarsi” per il fatto di aver proposto al TAR una serie di ricorsi infondati, con conseguente “spreco di denaro pubblico” – lasciava comprendere chiaramente che lo spreco di denaro non poteva riferirsi al Q., quanto invece alla circostanza che i ricorsi proposti al TAR da parte degli attori avevano comunque costretto l’Amministrazione comunale a difendersi in giudizio. Tale circostanza, contrariamente all’assunto del primo giudice, era da considerare vera.

Oltre a ciò, la Corte bresciana ha rilevato che nella specie si trattava di esercizio del diritto di critica e non di quello di cronaca, con conseguente manifestazione di un’opinione che non poteva essere “rigorosamente obiettiva”. Sussisteva nella specie, poi, la pertinenza della critica all’interesse dell’opinione pubblica a conoscere non tanto il fatto in sè, quanto l’interpretazione che di quel fatto era stata data.

In relazione all’articolo pubblicato sulla rivista (OMISSIS), oggetto dell’appello incidentale degli originari attori, la sentenza ha osservato che la non sicura identificabilità del Q. come destinatario consentiva di escluderne la valenza diffamatoria; nella specie, poi, era evidente l’esistenza di una vena satirica, posto che il soggetto interessato a non vedere realizzate le varianti urbanistiche era stato paragonato ad un “Don Rodrigo di turno”, il che di per sè escludeva la portata offensiva dello scritto.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Brescia propongono ricorso la Hic saltus e Q.G. con unico atto affidato a quattro motivi.

Resiste M.F. con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Rilevano i ricorrenti che la Corte di merito non avrebbe tenuto in alcuna considerazione il fatto che i ricorsi al TAR da loro proposti in relazione a presunte illegittimità delle varianti al Piano regolatore generale erano stati poi accolti nel merito dal Giudice amministrativo. Ciò verrebbe a togliere fondamento al fatto che la richiesta di sospensiva era stata, invece, respinta. Se la Corte d’appello avesse esaminato la sentenza del TAR avrebbe diversamente concluso in ordine all’esistenza della diffamazione.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare in relazione all’art. 51 c.p..

Richiamati i principi giurisprudenziali in tema di diritto di cronaca e di critica, i ricorrenti osservano che la sentenza in esame avrebbe errato nel considerare esistente una circostanza in realtà non sussistente in relazione allo spreco del denaro pubblico per difendersi da ricorsi infondati; mentre la pronuncia di accoglimento da parte del TAR dimostrerebbe il contrario, ossia che il Sindaco, affiggendo il volantino in questione, aveva ingenerato una falsa convinzione nell’opinione pubblica.

3. I due motivi, da esaminare congiuntamente in considerazione dell’evidente connessione tra loro esistente, sono entrambi privi di fondamento.

Occorre innanzitutto ricordare che, ai fini della valutazione di merito sull’esistenza o meno del carattere diffamatorio di un articolo di giornale o, come nella specie, di un volantino affisso nel territorio di un Comune, si deve tenere presente il momento storico nel quale l’episodio si è verificato, senza che possano assumere rilievo eventi successivi. Il momento rilevante è quello in cui l’opinione è stata divulgata, perchè non si può esigere che chi esprime un giudizio o una valutazione consideri la realtà alla luce di fatti che si sono verificati in seguito. Tale principio è stato già in precedenza affermato da questa Corte (v. le sentenze 8 febbraio 2007, n. 2751, e 18 aprile 2013, n. 9458) e va nella sede odierna ribadito.

Da ciò consegue che la Corte d’appello ha correttamente tenuto presente, ai fini dell’esistenza della diffamazione, il momento nel quale il volantino fu affisso; e in quel momento, stante il rigetto della sospensiva da parte del TAR adito in relazione ai ricorsi presentati dall’associazione Hic saltus e dal Q., il M. non poteva tenere conto della successiva sentenza di merito con la quale il TAR poi accolse il ricorso. Non sussiste, quindi, l’omissione lamentata nel primo motivo, perchè, come lo stesso ricorso rileva, il volantino fu affisso il 12 marzo 2003 e la sentenza di merito fu pronunciata dal TAR di Brescia il successivo 25 agosto 2003, per cui è corretto che la Corte d’appello non abbia menzionato questo secondo provvedimento, sebbene definitivo.

L’infondatezza del primo motivo comporta il rigetto anche del secondo; è evidente, infatti, che la notizia dello spreco del denaro pubblico che, secondo i ricorrenti, la Corte di merito avrebbe postulato mentre era inesistente, si riferisce sempre ad una valutazione ex post, da rendere alla luce di quello che poi fu l’esito del giudizio di merito davanti al TAR, non conoscibile dal M. nel momento in cui il volantino fu affisso.

4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare in relazione all’art. 51 c.p..

Osservano i ricorrenti che non potrebbe essere utilizzato nei loro confronti il criterio della valenza politica del diritto di critica, perchè essi non hanno mai svolto un’attività politica. Se il limite della critica è più ampio nei confronti del pubblico amministratore, non può essere usato lo stesso criterio nei confronti dei privati che, nella specie, sarebbero stati trascinati in una lotta politica da parte del Sindaco di un piccolo Comune che aveva riempito il Paese di volantini che affermavano una circostanza non vera. Il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri diritti non potrebbe far considerare i ricorrenti come avversari politici.

4.1. Il motivo non è fondato.

La Corte d’appello, con una valutazione di merito non più sindacabile in questa sede, ha affermato che il contenuto del volantino era chiaro ed era vero, nel senso che lo spreco del denaro pubblico ivi evidenziato si riferiva alle spese sostenute dal Comune di (OMISSIS) per difendersi nel giudizio davanti al TAR; che, nella specie, sussisteva l’interesse pubblico della notizia e che si trattava di esercizio non del diritto di cronaca, bensì del diritto di critica, per il quale valgono principi diversi, non potendosi pretendere una rigorosa obiettività.

Si tratta, come facilmente si intuisce, di una valutazione di merito che la Corte bresciana ha compiuto alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte. D’altra parte, se è indubbio che chi esercita una pubblica funzione (nella specie, quella di Sindaco) può essere oggetto di critica politica proprio per tale ragione, analogamente deve essere a lui consentito di esercitare a sua volta una critica, anche politica, riguardo alle iniziative intraprese da privati cittadini. Il riferimento, contenuto nel motivo in esame, al dileggio cui i privati sarebbero stati sottoposti attiene, del resto, ad un profilo di merito che la Corte d’appello ha valutato.

5. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

In tale motivo si contesta l’affermazione della sentenza secondo cui l’articolo pubblicato sulla rivista (OMISSIS) non aveva valenza diffamatoria in quanto il Q. non poteva essere identificato come il destinatario. Vero sarebbe, invece, il contrario, perchè la vittima era esattamente identificabile in ragione del ruolo da lui ricoperto e del ristretto ambito nel quale l’articolo ebbe diffusione. Si contesta anche, in vista dell’accoglimento del ricorso, l’eccessiva modestia della somma liquidata in primo grado a titolo di risarcimento dei danni.

5.1. Il motivo è inammissibile.

La censura ivi contenuta, infatti, attacca la motivazione della sentenza soltanto nella parte in cui essa ha affermato che il Q. non poteva essere certamente identificabile come destinatario della presunta offesa.

Nessuna doglianza è mossa, invece, nei confronti dell’ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata là dove essa ha aggiunto che l’articolo in questione aveva anche un’indubbia “vena satirica”; ed è noto che la satira, proprio in quanto costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica, ha dei margini di libertà di espressione più ampi, per cui la diffamazione si sarebbe potuta configurare solo dimostrando che erano stati superati i limiti riconosciuti a tale manifestazione del pensiero (v. la sentenza 28 novembre 2008, n. 28411, e l’ordinanza 17 settembre 2013, n. 21235).

L’assenza di ogni considerazione critica contro tale parte della motivazione rende il motivo in esame inammissibile.

6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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