Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12012 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/06/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 19/06/2020), n.12012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PENTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21006/2014 R.G., proposto da:

la “COMI S.p.A.”, con sede in Ciserano (BG), in persona

dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa dal

Prof. Avv. Vismara Fabrizio, con studio in Milano, dall’Avv.

Guilizzoni Marco, con studio in Milano, e dall’Avv. Ciardo Daniela,

con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in

calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ove per legge domiciliata;

– controricorrente –

avverso

la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di

Milano – Sezione Staccata di Brescia il 26 maggio 2014 n.

2818/64/2014, non notificata;

letto il parere reso dal P.M., nella persona del Sostituto

Procuratore Generale, Dott. de Augustinis Umberto, il quale ha

concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 6 febbraio 2020 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

Fatto

RILEVATO

Che:

La “COMI S.p.A.” ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano Sezione Staccata di Brescia il 26 maggio 2014 n. 2818/64/2014, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per l’omesso pagamento dell’imposta di registro e dei relativi accessori nella misura complessiva di Euro 112.514,66 per la registrazione di una sentenza civile di condanna per responsabilità civile, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo il 4 giugno 2012 n. 107/09/2012, con compensazione delle spese di lite. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di primo grado, ritenendo l’insussistenza delle condizioni per la registrazione a debito della sentenza civile di condanna in difetto della qualificazione di illiceità penale della condotta dannosa (per l’irrilevanza penale della falsità ideologica in scrittura privata). L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Le parti hanno depositato memorie difensive.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 59, lett. d, e art. 60, comma 2, dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 177 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: sotto il primo profilo, per aver ritenuto che la sentenza civile di condanna al risarcimento dei danni non contenesse la qualificazione del fatto dannoso in termini di illiceità penale, essendo sufficiente a tal fine l’astratta configurabilità di una fattispecie criminosa, nonchè per aver omesso di esaminare i fatti integranti i requisiti soggettivi ed oggettivi del delitto ravvisabile nella condotta dannosa; sotto il secondo profilo, per aver insufficientemente motivato in relazione alla sola esposizione di dati non veritieri nei conti economici, che integrava una falsità ideologica in scrittura privata (fatto privo di rilevanza penale), senza esaminare in alcun modo la motivazione della sentenza civile di condanna con riguardo all’emersione di raggiri ed artifici contabili integranti una truffa aggravata e continuata sulla base della sentenza penale di condanna per i medesimi fatti.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 59, lett. d, e art. 60, comma 2, dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e art. 177 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: sotto il primo profilo, per aver omesso di esaminare le proprie controdeduzioni in appello in ordine alla riqualificazione del reato, in sede di parziale riforma della sentenza penale di condanna per i medesimi fatti, nella fattispecie di appropriazione indebita aggravata e continuata;

sotto il secondo profilo, per aver ritenuto che la sentenza civile di condanna al risarcimento dei danni non contenesse l’affermazione della responsabilità civile per fatti costituenti reato.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 640 c.p., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: sotto il primo profilo, per non aver apprezzato e ravvisato la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato di truffa nella ricostruzione della condotta dannosa nella sentenza civile di condanna; sotto il secondo profilo, per aver omesso di esaminare i passaggi della sentenza civile di condanna e le proprie controdeduzioni in appello con riguardo alla enucleazione in astratto degli estremi del reato di truffa.

4. Lo stretto collegamento tra i motivi dedotti ne suggerisce la trattazione congiunta.

4.1 Come si è detto, l’intitolazione e l’illustrazione di ciascun motivo contengono un duplice riferimento a violazione o falsa applicazione di norme di legge e all’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

4.2 Anzitutto, è il caso di rilevare che è ammissibile il ricorso per cassazione, il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, purchè lo stesso evidenzi specificamente – come si può constatare nel caso di specie – la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (ex plurimis: Cass., Sez. 2″, 23 aprile 2013, n. 9793; Cass., Sez. Un., 6 maggio 2015, n. 9100; Cass., Sez. 5, 11 aprile 2018, n. 8915; Cass., Sez. 5, 5 ottobre 2018, n. 24493; Cass., Sez. 2, 23 ottobre 2018, n. 26790).

Difatti, il cumulo in un unico motivo delle censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 è consentito in presenza di una diversificata e separata prospettazione delle doglianze attinenti, rispettivamente, al corretto esercizio della potestà decisionale ed all’appropriata ricostruzione del fatto controverso.

4.3 Ciò posto, i motivi connessi sono fondati.

Invero, è pacifico che, in tema di imposta di registro, la previsione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 59, lett. d), secondo la quale “si registrano a debito (…) le sentenze che condannano al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato”, va intesa in senso ampio, sì da comprendere tutti i fatti che possano astrattamente configurare un’ipotesi di reato, non richiedendosi che le sentenze in parola siano pronunciate solo a seguito di un giudizio penale (ex plurimis: Cass., Sez. 5, 14 marzo 2007, n. 5952; Cass., Sez. 5, 12 novembre 2014, n. 24096).

Nella specie, peraltro, richiamandosi anche alle sentenze penali, che avevano ravvisato gli estremi, rispettivamente. in primo grado, della truffa (art. 640 c.p.) e, in secondo grado, dell’appropriazione indebita (art. 646 c.p.), il giudice civile aveva fatto espresso riferimento alla connotazione di illiceità penale della condotta dannosa in relazione alla reiterazione nel corso degli anni di sistematiche falsificazioni nei rendiconti economici (“nel senso che negli stessi venivano indicati prezzi di vendita inferiori a quelli effettivi ovvero talvolta venivano esposti costi inesistenti o, comunque, superiori a quelli effettivamente sostenuti per il pagamento di asseriti intermediari o subagenti”), che avevano cagionato un danno contrattuale nella misura del 50% della somma dissimulata. E tanto è sufficiente – senza implicare alcuna valutazione di merito – per l’astratta configurabilità degli elementi costitutivi di una fattispecie criminosa (al di là della relativa qualificazione)

Nè rileva che il giudice penale di appello abbia dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione, in quanto il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 59, lett. d, si limita a richiedere che la condanna al risarcimento dei danni sia stata pronunciata per “fatti costituenti reato”, ma non postula anche la punibilità dei medesimi fatti, essendone sufficiente la riconducibilità alla fattispecie astratta di una norma penale, a prescindere dalla concreta irrogabilità della pena detentiva o pecuniaria. Peraltro, l’art. 198 c.p. esclude che l’estinzione del reato travolga le obbligazioni civili derivanti dal reato medesimo.

4. La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta a tale principio, omettendo di valorizzare anche le risultanze delle sentenze penali – richiamate in motivazione dalla sentenza civile – al fine di formulare un completo ed adeguato apprezzamento sull’illiceità penale della condotta dannosa ed addivenendo all’errata esclusione della registrazione a debito della sentenza civile.

5. Dunque, stante la fondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Milano – Sezione Staccata di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Milano Sezione Staccata di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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