Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12011 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. I, 06/05/2021, (ud. 22/03/2021, dep. 06/05/2021), n.12011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10594/2019 proposto da:

T.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’Avvocato Vittorio Manfio, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia depositato il 21/2/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/3/2021 dal Cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Venezia, con decreto del 21 febbraio 2019, rigettava il ricorso proposto da T.M., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento della protezione internazionale.

Il Tribunale, ritenute non credibili le dichiarazioni del migrante, escludeva di conseguenza che a quest’ultimo potesse essere riconosciuta la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), “stante l’impossibilità di ritenere fondato il rischio per il ricorrente di essere sottoposto a tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante nel suo Paese di origine”.

In presenza di criticità che non concretavano un conflitto armato veniva esclusa pure la possibilità di riconoscere la protezione sussidiaria in applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

Infine, la scarsa credibilità del migrante induceva a ritenere non dimostrata l’esistenza di particolari profili di vulnerabilità che consentissero il riconoscimento della protezione umanitaria, alla cui attribuzione non giovava neppure il grado di integrazione sociale dedotto.

2. Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso T.M. prospettando quattro motivi di doglianza.

Il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c., al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto discusso fra le parti, costituito dall’esistenza di una denuncia nei confronti del richiedente asilo per il decesso di una ragazza durante il viaggio dal Togo al Gabon che questi aveva organizzato clandestinamente, e decisivo al fine di verificare il ricorrere delle condizioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); allo stesso modo il Tribunale non avrebbe preso in esame il documento depositato comprovante la convocazione del T. da parte della polizia.

Risulterebbero violati anche l’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in quanto rispetto al medesimo fatto il Tribunale avrebbe offerto una motivazione solo apparente, inidonea a rappresentare l’iter logico seguito dal collegio giudicante nel processo decisionale ed a svolgere qualsiasi controllo sulla valutazione compiuta.

3.2 Il secondo motivo di ricorso lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 4 e art. 14, lett. a), b) e c) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3: il Tribunale avrebbe illegittimamente negato la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria, senza tener conto per un verso del racconto del ricorrente, che dimostrava come il T. corresse il rischio, in caso di rimpatrio, di essere sottoposto a tortura o ad altra forma di pena o trattamento inumano o degradante da parte delle autorità statali, per l’altro della situazione generale politica ed economica del Togo, da esaminarsi sulla base di fonti di informazione aggiornate.

4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto ambedue volti a contestare il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, risultano in parte fondati.

4.1 Il Tribunale, preso atto che il migrante in sede di comparizione aveva quasi integralmente ritrattato le proprie precedenti dichiarazioni (che avevano indicato la ragione dell’espatrio nei contrasti insorti con la famiglia del padre per questioni ereditarie), ha ritenuto che la nuova versione dei fatti offerta nel corso dell’audizione in sede giudiziale (secondo cui la fuga in realtà era dovuta alla denuncia presentata nei suoi confronti per il decesso di una ragazza durante un viaggio dal Togo al Gabon che lui stesso aveva organizzato) fosse poco credibile, in ragione dell’estrema genericità delle dichiarazioni rese, e non trovasse riscontro nel contenuto del documento prodotto.

Non è dunque predicabile un omesso esame, posto che il fatto storico dedotto in giudizio è stato esaminato, seppur in termini non coincidenti con le aspettative nutrite dal dichiarante.

4.2 La motivazione offerta a tal riguardo, tuttavia, si limita a rilevare l'”estrema genericità delle dichiarazioni”, in quanto il ricorrente “non ha specificato tutte le circostanze utili a corroborare la vicenda” (pag. 7).

Ora, la motivazione che il giudice deve offrire, a mente dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, costituisce la rappresentazione dell’iter logico-intellettivo seguito dal giudice per arrivare alla decisione, di modo che la stessa assume i caratteri dell’apparenza ove sia intrinsecamente inidonea ad assolvere una simile funzione.

La motivazione perciò assume carattere solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 22232/2016).

Nel caso di specie nessuna circostanziata giustificazione è stata fornita al fine di dare una concreta rappresentazione della valutazione di genericità delle dichiarazioni del migrante, di modo che non è dato sapere quali aspetti del racconto reso abbiano condotto a una simile valutazione e quali passi dell’esposizione meritassero – a parere dei giudici di merito – di essere specificati con più dettagliate circostanze, in adempimento dell’obbligo di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a).

Una simile anomalia argomentativa comporta una violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza di una motivazione, nel suo contenuto minimo e indispensabile, capace di rendere percepibili le ragioni su cui la statuizione assunta si fonda.

Rimane perciò viziata, per difetto di motivazione, la valutazione compiuta dal giudice di merito a proposito della possibilità di attribuire la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

4.3 Quanto invece alla riconoscibilità della medesima protezione ai sensi della successiva lett. c), occorre rilevare che la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che “ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia” (Cass. 18306/2019).

E’ dunque dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se una simile situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile alla situazione di rischio tipizzata dalla norma, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018).

Il Tribunale si è ispirato a simili criteri, prendendo in esame informazioni aggiornate sulla situazione in Togo risalenti al febbraio 2018.

Ora, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave a mente del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. 32912/2019, Cass. 32064/2018, Cass. 30105/2018, Cass. 13712/2012).

La critica in esame, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca invece di sovvertire nel merito l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dal Tribunale, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del primo giudice, non rivedibile nè rinnovabile avanti a questa Corte.

5. Rimangono assorbiti il terzo e il quarto motivo di ricorso (concernenti il ricorrere dei presupposti per ottenere il riconoscimento della protezione umanitaria e l’omesso esame dei documenti prodotti a tal fine), non essendovi necessità, allo stato, di provvedere in merito alla forma di protezione internazionale minore richiesta in subordine dal ricorrente.

6. Il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Venezia, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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