Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12010 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 31/05/2011, (ud. 31/03/2011, dep. 31/05/2011), n.12010

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Grazia – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7761-2010 proposto da:

CONSORZIO FRA COOPERATIVE DI PRODUZIONE E LAVORO CONS. COOP.

(OMISSIS) in persona del Presidente in proprio e quale capogruppo

mandatario dell’ATI costituita con la società COGEM (quest’ultima

subentrata all’impresa Emmolo Vito), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZALE PORTA PIA 121, presso lo studio dell’avvocato NAVARRA

GIANCARLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CANDIA VITO A., giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PANTELLERIA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BUFALOTTA 174, presso lo

studio dell’avvocato BARLETTELLI PATRIZIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MANGIAPANELLI SALVATORE, giusta Delib. Giunta

Municipale 20 aprile 2010, n. 58 e giusta mandato a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1415/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO del

27.4.09, depositata il 21/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

31/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CECCHERINI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Patrizia Barlettelli (per

delega avv. Salvatore Mangiapanelli) che si riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza 15 – 16 novembre 2004, il Tribunale di Marsala ha condannato il Comune di Pantelleria al pagamento in favore del Consorzio di produzione e lavoro, in proprio e quale mandatario dell’ATI costituita con la società COGEM, della somma di Euro 49.437,70 a titolo di compenso revisionale, oltre agli interessi legali dal 3 maggio 1998 per il ritardato pagamento di tale saldo, e del saldo (già corrisposto) del prezzo contrattuale, oltre agli accessori.

“La corte d’appello di Palermo, con sentenza 21 settembre 2009, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato il Comune a corrispondere al consorzio, per il ritardo nel pagamento del saldo del compenso revisionale nonchè del saldo del prezzo contrattuale, gli interessi previsti dal capitolato generale delle opere pubbliche, confermando nel resto la sentenza medesima.

“Per la cassazione della sentenza, non notificata, il consorzio ricorre con atto notificato il 18 marzo 2010, per tre motivi. Il Comune resiste con controricorso notificato il 27 aprile 2010.

“Il ricorso potrà essere deciso in camera di consiglio se saranno condivise le considerazioni seguenti.

“Con il primo motivo, il ricorso denuncia l’omessa motivazione e la violazione dei principi elaborati relativamente alla L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 4 con riferimento all’eccezione di nullità della clausola contrattuale per la quale i pagamenti dovevano essere corrisposti all’impresa nei modi e termini indicati nel capitolato speciale d’appalto subordinatamente agli accreditamenti che l’Agenzia per lo sviluppo del Mezzogiorno avrebbe disposto a favore del Comune.

“Occorre premettere che, come risulta dallo stesso ricorso, nel doppio grado di giudizio il Comune è stato condannato al pagamento degli interessi dal 3 maggio 1998 sui saldi contrattuale e revisionale. Il motivo, che include un’interpretazione della clausola contrattuale in questione, nel senso che la condizione apposta ai pagamenti non pregiudicherebbe l’applicazione della disposizione legale in tema di interessi da ritardato pagamento, mescola – in coerenza peraltro con la sua rubrica – questioni di diritto, sulla corretta interpretazione della norma di legge invocata, a questioni di motivazione – che si assume omessa – in ordine ad un’eccezione formulata in corso di causa, la cui influenza sulla decisione non è illustrata. Esso è inammissibile, non consentendo di individuare la censura proposta, e di decidere se essa riguardi la corretta interpretazione della norma di legge invocata, per violazione di un principio di diritto, o l’interpretazione di una clausola del contratto, o ancora il vizio di motivazione su un elemento non precisato del fatto. “Con il secondo motivo, censurando la stessa statuizione di cui al primo motivo, si denuncia l’omesso esame, l’omessa motivazione e la violazione dei principi di cui all’art. 112 c.p.c. Affermando che l’esercizio da parte della p.a. del potere di accordare la revisione non era desumibile dagli atti, la corte avrebbe introdotto un tema estraneo alla controversia tra le parti, ed avrebbe ignorato che dai documenti di causa risultava l’avvenuto pagamento della revisione da parte dell’amministrazione.

“Anche in questo caso si deve rilevare che il motivo non consente di individuare la censura che si vuoi proporre, e che qui oscilla tra un omesso esame o al contrario ète, un’ultrapetizione riguardo ad una domanda o eccezione non precisate, o invece sul vizio di motivazione enunciato in rubrica e da riferire ad un elemento del fatto non indicato. “Con il terzo motivo si censura l’omessa motivazione in ordine al convincimento, espresso dalla corte, che non fosse contestato dal consorzio che i ritardi nei pagamenti erano stati determinati dai ritardi con cui erano stati effettuati gli accreditamenti dall’ente finanziatore, e che il consorzio volesse introdurre profili di colpa del Comune non dedotti in primo grado. Si deduce che le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice d’appello sarebbero il risultato dell’omesso esame delle difese svolte dall’impresa nel primo grado del giudizio, e che la fondatezza della censura formulata in appello risulterebbe da una lettura degli atti di causa.

“Anche questo motivo, che attiene al merito delle risultanze di causa, è inammissibile nel presente giudizio di legittimità.

“Si propone pertanto che la corte, in camera di consiglio, dichiari l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1”.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti. Il consorzio ricorrente ha depositato una memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio ha esaminato il ricorso, il controricorso, la relazione e la memoria del ricorrente, e ha condiviso il contenuto e le conclusioni della relazione.

4. Con riferimento alla memoria depositata, è sufficiente osservare che: – sul primo motivo, la corte di merito ha affrontato i temi in discussione, motivando la sua decisione in ordine sia alla novità ed inammissibilità dei profili introdotti dal consorzio nel giudizio d’appello, e sia alla eccepita nullità della clausola contrattuale, mentre in ricorso l’omessa motivazione è prospettata rispetto ad una questione del tutto diversa, dedotta in questo giudizio ma senza l’indicazione degli elementi indispensabili per la configurabilità del vizio dedotto, e in particolare della sede processuale nella quale la questione medesima sarebbe stata sollevata; – sul secondo motivo, la precisazione del consorzio, che intendeva denunciare il vizio di omessa motivazione (art. 360, comma 1, n. 5; la “contraddizione” non è configurabile in relazione ai documenti di causa) è in contrasto con il motivo svolto nel ricorso, basato sull’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4); – sul terzo motivo, i richiami all’atto d’appello e ad atti successivi sono evidentemente inidonei a confutare l’affermazione della corte territoriale, che la contestazione su quel punto era nuova in appello, mentre l’esistenza e la rilevanza (sotto il profilo della mancata verificazione di preclusioni processuali) di contestazioni fatte nel giudizio di primo grado (prima tuttavia della comparsa conclusionale) postulava non soltanto l’indicazione nel ricorso – a pena d’inammissibilità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – dei relativi atti, sui quali si fonderebbe il motivo, ma anche la produzione di essi con il deposito del ricorso, a pena d1 improcedibilità ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

5. In conclusione il ricorso è dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio sono a carico della parte soccombente e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 31 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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