Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12008 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 19/06/2020), n.12008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12810-2012 proposto da:

B.P.G., elettivamente – domiciliato in ROMA VIA DI

VILLA SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERNESTINA

POLLAROLO, giusta procura a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI

ALESSANDRIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 10/2011 della CONN. TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 31/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/01/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STEFANO VISONA’ che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato MUCCARI per delega dell’Avvocato

MARINI che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di verifiche della Guardia di Finanza, venivano redatti sei processi verbali di constatazione relativi a B.P.G., il quale – nella qualità di procuratore di C.D. – aveva effettuato, negli anni 2003 e 2004, delle vendite di immobili dalle quali aveva percepito pagamenti (in contanti ed assegni circolari) di importo superiore a quello indicato negli atti, senza che detta attività fosse accompagnata dalla presentazione, per i predetti anni, della dichiarazione dei redditi.

In relazione anche a tali vendite era instaurato, a carico del B. e di P.P.L., procedimento penale che si concludeva con sentenza n. 3989/2009 -resa dal tribunale di Milano nelle more del presente giudizio- di assoluzione del B. “perchè il fatto non sussiste”.

In data 11.12.2007, l’Agenzia delle Entrate – avuto riguardo ai predetti processi verbali e ritenuto che il B. svolgesse attività di intermediazione immobiliare – notificava al contribuente avviso di accertamento recante la determinazione di quanto dovuto per l’anno 2004, anche a titolo di sanzioni, per Irpef, addizionale regionale, addizionale comunale, Irap ed Iva; a tale atto impositivo faceva seguito la notifica, in data 22.4.2008, della cartella di pagamento recante il recupero di quanto dovuto a titolo di riscossione provvisoria.

Avverso gli atti impositivi summenzionati il contribuente proponeva distinti autonomi ricorsi. Quanto all’avviso di accertamento, lamentava la mancata allegazione dei processi verbali, la circostanza che questi facessero riferimento a dichiarazioni degli acquirenti e la mancanza di elementi di prova; quanto alla cartella, rilevava l’omessa indicazione del responsabile del procedimento, la mancata sottoscrizione e il calcolo delle sanzioni.

In entrambi i giudizi così instaurati si costituiva l’ufficio, che concludeva per il rigetto dei ricorsi.

La commissione tributaria provinciale di Alessandria, con sentenza depositata il 20.4.2009 – disposta la riunione dei ricorsi- li rigettava sul rilievo che il contribuente non aveva presentato dichiarazione dei redditi, aveva versato solo una parte degli importi percepiti come corrispettivo della vendita degli immobili e, con riguardo in particolare al compromesso di vendita di uno di tali immobili, era risultata, dalla perizia contabile disposta all’interno della procedura di interdizione del C., oscurata la somma pattuita.

Con atto spedito in data 29.4.2010, il contribuente proponeva appello avverso tale sentenza, lamentando, in via preliminare, essere stata omessa la “concisa esposizione dello svolgimento del processo” ed essere state omesse “le richieste delle parti” e dolendosi poi del fatto – con riguardo all’avviso di accertamento – che la CTP, nel riferirsi ai processi verbali laddove gli stessi richiamano dichiarazioni rese dagli acquirenti degli immobili, aveva omesso di considerare il ruolo – pure emergente dalle predette dichiarazioni – di intermediario svolto dal P.P.L., ruolo attivo nei trasferimenti dei beni, in particolare con riguardo all’incasso dei corrispettivi, omettendo, di conseguenza, di imputare al P. la responsabilità degli incassi in nero come invece evidenziato dalla citata sentenza del tribunale di Milano, che ha mandato assolto il B.; quanto alla cartella di pagamento, riproponeva gli argomenti esposti a sostegno del ricorso introduttivo, insistendo in particolare sull’omessa indicazione del responsabile del procedimento.

Si costituiva l’ufficio contestando l’assunto del contribuente, in particolare rilevando che – per come si legge nella sentenza oggetto del presente ricorso – “In relazione alla sentenza assolutoria del contribuente nel processo penale sostiene (l’ufficio) che l’accertamento in esame non attiene a reati di natura penale e in ogni caso non può essere trasposto nel processo tributario, così come la testimonianza (nel processo) della signora S. (in riferimento al ruolo svolto dal coniuge signor P.)”.

La commissione tributaria regionale del Piemonte pronunciava sentenza (n. 10/15/2011 depositata il 31.3.2011) con la quale rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale sentenza il contribuente propone ricorso affidato a cinque motivi.

L’Agenzia delle Entrate, intimata, non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi di cui consta il ricorso recano: 1) “Insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) Insufficiente indicazione dei fatti rilevanti per la decisione e omessa e insufficiente descrizione dell’iter logico seguito”; 2) “Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) Omesso esame di fatti prospettati dalla parte come decisivi per il giudizio”; 3) “Violazione e falsa applicazione di norme di diritto – Violazione dell’obbligo di procedere ad autonoma valutazione dei fatti acquisiti nel processo penale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; art. 116 c.p.c.); 4) “Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – Omesso esame di elementi e fatti prospettati dalla parte come decisivi per il giudizio”; 5) “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto – Violazione dei principi in materia di ripartizione dell’onere della prova (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; art. 2697 c.c.)”.

I primi due motivi -tra di loro connessi – vanno esaminati congiuntamente.

Con il primo, il ricorrente si duole della sentenza impugnata per le gravi carenze che caratterizzano la motivazione, dovute alla mancata precisazione degli elementi su cui la CTR ha fondato il proprio convincimento e all’assenza di un criterio logico della decisione, tale da consentire la individuazione della ratio decidendi; con il secondo motivo, il ricorrente denuncia l’omesso esame di documenti -indicati ed allegati nel giudizio di appello – relativi all’esercizio o meno dell’attività di intermediazione da parte di esso ricorrente (fatto controverso e decisivo per il giudizio), documenti che, se esaminati, avrebbero dovuto determinare una decisione della CTR – riforma della sentenza di primo grado-immune da quelle carenze denunciate con il primo motivo dell’odierno gravame.

Premesso che il B. – quale procuratore di C.D. – si è occupato della vendita di sei unità immobiliari, il medesimo avrebbe, secondo l’avviso di accertamento per cui è causa, esercitato (in aggiunta all’attività gestoria di procuratore) l’attività di intermediazione immobiliare ed avrebbe quindi percepito oltre al “corrispettivo dichiarato in atti” ulteriori “importi corrisposti dagli acquirenti”.

La CTR, nel rigettare l’appello del contribuente e confermare l’atto impositivo, ha fondato il proprio convincimento sul fatto che “l’appellante non ha dichiarato alcun reddito” e, quale procuratore del C., ha percepito “contante e assegni”; con riguardo alla sentenza penale del tribunale di Milano, dopo avere dato atto che tale decisione “ha assolto il contribuente dall’accusa di circonvenzione di incapace ed ha ritenuto invece responsabile il signor P.P.L., a cui si attribuisce l’incasso in nero di somme spettanti al signor C…..”, ha rilevato che “indipendentemente dalla questione penale risolta in modo favorevole al contribuente, è sufficientemente dimostrato che l’appellante ha svolto attività di intermediazione” e che “non è stata reperita nè prodotta documentazione atta” a provare che le somme versate a fronte delle compravendite siano entrate nella disponibilità dell’avente diritto (il C.), sebbene sia risultato dal processo penale di Milano – della circostanza la CTR dà atto – essere il ” P. il responsabile penale dell’occultamento dei corrispettivi”.

Ciò detto, osserva il collegio che la documentazione alla quale fa riferimento il contribuente è costituita dalla relazione 26.1.2006 redatta dal Nucleo provinciale

di Polizia Tributaria di Alessandria, dalla “Annotazione di P.G 20.4.2006 e verbali di sommarie informazioni testimoniali dei soggetti acquirenti….”, dalla menzionata sentenza penale del tribunale di Milano.

Da tale documentazione emerge che in tutte le compravendite, tranne una, compare il P. quale intermediario e percettore di somme ulteriori rispetto a quelle recate dagli atti notarili; che lo stesso P. ha dichiarato di avere incassato quote eccedenti gli importi dichiarati nei rogiti; in particolare, poi, la sentenza del tribunale di Milano (che ha assolto il B. – ma non anche il P., contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, per la ragione che una siffatta contestazione non gli era stata rivolta- dal reato di circonvenzione di incapace) afferma, per quanto di interesse nella presente sede, che è “…dato probatoriamente acquisito al processo che la maggior somma pagata da ciascun acquirente per ciascun rogito….sia stata incassata in nero dal P.”; con riguardo a tale ultimo elemento, la stessa CTR ne dà atto (“occultamento di corrispettivi” ad opera del P.), senza che però faccia seguire – in un logico percorso motivazionale – ogni ulteriore coerente considerazione in ordine al ruolo ricoperto dal P. nell’intera vicenda, anzi attenuandone fortemente la portata con l’affermazione per cui “…è sufficientemente dimostrato che l’appellante ha svolto attività di intermediazione…..” e “non è stata reperita nè prodotta documentazione atta” a provare che i corrispettivi delle vendite fossero entrati nell’effettiva disponibilità del C., vendite poste in essere per effetto dell’attività del B. “(documentata dai rilievi della Guardia di Finanza)”, senza tuttavia indicare quali siano i documenti comprovanti l’attività di intermediazione, laddove – per come si è evidenziato in precedenza – la documentazione proveniente dalla G.di F. non conforta la decisione della CTR.

Per le ragioni esposte, i primi due motivi vanno accolti; il loro accoglimento fa sì che restino assorbiti i restanti.

La sentenza va dunque cassata con rinvio, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il primo e secondo motivo del ricorso, assorbito il resto; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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