Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12001 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. I, 06/05/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 06/05/2021), n.12001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12588/2020 proposto da:

R.D., elettivamente domiciliato in Roma Viale G. Mazzini, 6,

presso lo studio dell’avvocato Agnitelli Manuela, che lo rappresenta

e difende, come da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6861/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/03/2021 da Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

La Corte di appello di Roma, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato l’appello proposto da R.D., proveniente dalla Nigeria, confermando la prima decisione che aveva respinto la domanda di riconoscimento della protezione internazionale in tutte le sue forme, già denegata dalla Commissione territoriale.

Questi ha proposto ricorso per cassazione con quattro mezzi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Il cittadino straniero aveva riferito di essere fuggito dalla Nigeria perchè suo padre, di fede mussulmana, aveva sposato due donne e, a suo dire, era stato avvelenato dalla prima moglie che aveva cercato di avvantaggiare i suoi figli nella divisione dell’eredità e di investirlo con l’auto, tanto da indurlo ad allontanarsi prima dall’Edo State e poi dalla Nigeria, per giungere quindi in Italia.

La Corte di appello, in linea con la decisione assunta in primo grado, ha ritenuto non credibile il racconto in ordine alle ragioni di fuga dalla Nigeria, rimarcando che i fatti narrati non erano stati seguiti da alcuna denuncia all’Autorità e valorizzando le molteplici contraddizioni insite nel racconto, essenzialmente relativo ad una vicenda privata. Ha escluso la ricorrenza di fatti persecutori specifici nei confronti del richiedente. Ha quindi ritenuto insussistenti in concreto, sulla scorta della consultazione di fonti internazionali accreditate, il rischio di danno grave, ai fini della protezione sussidiaria. Infine, ha escluso la ricorrenza di personali condizioni di vulnerabilità e di integrazione sociale in Italia, tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 e art. 11, lett. c) ed f), nonchè la carenza e lacunosità della motivazione per avere la Corte distrettuale rigettato la richiesta dello status di rifugiato “non riuscendo ad individuare persecuzioni per tendenza o stili di vita” sulla scorta della erronea valutazione di non credibilità del richiedente.

Il ricorrente, che aveva narrato di essere fuggito a causa di gravi fatti conseguiti all’intenzione della matrigna di appropriarsi della sua eredità paterna, si duole di non essere stato creduto.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), comma 3, lett. a) e artt. 2, 3, 5, 8 e 9 della CEDU, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, lamentando che il rigetto della protezione sussidiaria sia stato emesso senza alcuna valutazione sulla sussistenza del danno grave in difetto di istruttoria.

A parere del ricorrente la decisione è errata perchè la Corte distrettuale aveva escluso la sussistenza di un pericolo generalizzato in Nigeria senza analizzare la effettiva mancanza di un danno grave e senza attivare i poteri officiosi di indagine e di informazione.

1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 3, lett. a) e b), artt. 3 e 7 della CEDU, sostenendo che il rigetto della protezione sussidiaria era stato emesso sulla base di un giudizio prognostico futuro ed incerto e non delle condizioni effettive ed attuali del Paese di origine, ritendo che in Nigeria non vi fosse un pericolo generalizzato.

1.4. Con il quarto motivo si denuncia la violazione del combinato disposto di cui del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c e comma 4 e la illogica e contraddittoria ed apparente motivazione per avere la Corte capitolina rigettato la richiesta di protezione umanitaria senza avere operato un esame specifico ed attuale della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine.

2.1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.

2.2. Il primo motivo è inammissibile perchè si limita a sostenere la veridicità del racconto e a contestare genericamente la decisione impugnata, senza indicare alcun fatto decisivo tempestivamente dedotto di cui sia stato omesso l’esame, di guisa che le plurime censure non rispondono nemmeno al modello legale del vizio motivazionale e si palesano del tutto generiche (Cass. n. 3340 del 05/02/2019); di contro la decisione risulta articolata e adeguatamente motivata attraverso la accurata disamina delle dichiarazioni del richiedente che evidenzia i punti di criticità e di inattendibilità delle stesse, in merito alla quale non è stata svolta alcuna censura puntuale.

Inoltre, la doglianza risulta essere assolutamente generica anche quanto alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione e, per conseguenza, priva di decisività perchè non viene indicato quali siano le informazioni tempestivamente allegate dal richiedente dinanzi al giudice di merito – che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso (in tema, Cass. n. 2119 del 24/1/2019).

2.3. Anche i motivi secondo e terzo sono inammissibili.

La Corte distrettuale, con ampia ed articolata motivazione ha analizzato la situazione socio/politica del Paese, consultando e dando conto delle informazioni desunte dalle fonti internazionali (EASO COI 2018), anche se ha disatteso le richieste del richiedente, sia in ragione della ravvisata non credibilità in merito alle ragioni di fuga, sia per aver accertato che la zona di origine della richiedente non risultava esposta a violenza generalizzata o a conflitto armato o internazionale e tale statuizione non viene attinta dal motivo; questo risulta svolto in termini del tutto astratti e generici senza alcun riferimento specifico ad informazioni desumibili da fonti internazionali che avrebbero potuto condurre a differenti conclusioni e lamenta un difetto di istruttoria che non si ravvisa.

2.4. Il quarto motivo è inammissibile.

Il ricorrente non affronta e non confuta, tantomeno in modo puntuale e specifico, l’affermazione della Corte di appello circa l’insussistenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria nella situazione rappresentata; il ricorrente propone una critica astratta relativamente all’accertamento del fatto, inammissibile in sede di legittimità.

Invero, la situazione di vulnerabilità deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (Cass. n. 4455 del 23/2/2018, in motivazione; Cass. n. 9304 del 2/4/2019; cfr. pure, ora, Cass. Sez. U. n. 29459 del 13/11/2019, in motivazione); inoltre il richiedente non ha censurato in termini specifici, mediante l’indicazione di fatti decisivi tempestivamente dedotti di cui sia stato omesso l’esame, l’accertamento in merito all’assenza di prova di integrazione in Italia.

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimato.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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