Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12000 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 16/05/2017, (ud. 14/12/2016, dep.16/05/2017),  n. 12000

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22224-2014 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PALMERI, che lo rappresenta

e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRIMA FASE DI L.R. & C SAS IN LIQUDIAZIONE,

L.R., P.P.;

– intimati –

Nonchè da:

L.R. in proprio, PRIMA FASE DI L.R. & C SAS

IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore L.R.,

considerati domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato PIERO

PALATRESI unitamente all’avvocato CESARE ZINGONI giusta procura in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

A.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 747/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 08/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito l’Avvocato GIOVANNI PALMERI;

udito l’Avvocato CESARE ZINGONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del principale e dell’incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Prima Fase di R.L. a.s. in liquidazione e L.R. e P.P. in proprio convenivano in giudizio la Cassa di Risparmio di San Miniato, A.F. e la Gip S.r.l. per sentir dichiarare che la banca non vantava nei loro confronti un credito di Euro 41.376,42, previo disconoscimento e accertamento della falsità dei documenti bancari che avevano consentito l’esecuzione di operazioni sul conto corrente ad essi intestato; che A.F. fosse condannato a presentare il rendiconto relativo alle operazioni fittizie e a restituire l’importo corrispondente alle operazioni non giustificate; e che fosse dichiarata la risoluzione del contratto di fornitura con la G.I.P. s.r.l., e la condanna della medesima al pagamento di Euro 51.645,69, con interessi e rivalutazione.

Si costituiva in giudizio la G.I.P. s.r.l., resistendo alle domande e chiedendo la risoluzione del contratto di somministrazione per inadempimento di Prima Fase, e la condanna di questa, di Palatresi e di L. a restituire l’importo di Euro 130.140,72 anticipato in conto di future lavorazioni oltre alla condanna al pagamento della somma di Euro 51.645,69 a titolo di penale.

Si costituivano anche la Cassa di Risparmio e A.F. ed il Tribunale di Firenze, a seguito di CTU grafologica e contabile, accertava, quanto al rapporto tra Prima Fase e Cassa di Risparmio che, sul conto corrente intestato alla prima, l’ A. aveva provveduto all’incasso di somme con firma apocrifa, ottenendo dalla banca il pagamento di 48 operazioni falsificate, pari ad Euro 253.708,26, distraendone Euro 170.000; quanto al rapporto tra Prima Fase e G.I.P., il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale di G.I.P. che aveva dedotto di aver pagato in eccesso l’importo di Euro 130.142,72 ed accertava una reciproca responsabilità in ordine al pagamento della penale.

La domanda nei confronti dell’ A. non trovava accoglimento, ritenendosi che non fosse possibile duplicare il pagamento.

Con sentenza dell’8 maggio 2014 la Corte d’Appello di Firenze, pronunciando sugli appelli proposti da Prima Fase, L. e P. e da Cassa di Risparmio, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava l’ A. a pagare, in favore di Prima Fase, la somma di Euro 205.120,00, oltre interessi legali dalla domanda, P., in solido con Prima Fase e con L. al pagamento in favore di G.I.P. della somma di Euro 181.786,41 oltre interessi legali dalla domanda; rigettava tutti gli altri motivi, e condannava A. e Cassa di Risparmio in solido al pagamento delle spese del grado nei confronti di Prima Fase e Prima Fase, L. e P. in solido al pagamento delle spese in favore di G.I.P..

A. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, affidato a due motivi. La Prima Fase, P. e L., che hanno anche proposto ricorso incidentale, resistono con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia la nullità del procedimento del giudizio di 2 grado – impugnazione ex art. 360 c.p.c., n. 4 violazione degli artt. 101 c.p.c. – nullità della sentenza – violazione dell’art. 350 c.p.c. – art. 163-bis c.p.c. – art. 70 disp. att. c.p.c. – art. 291 c.p.c.

Contesta la nullità della sentenza impugnata denunciando la violazione del principio del contraddittorio per essere stata l’udienza di prima comparizione anticipata – successivamente al decreto ex art. 168 bis c.p.c., comma 5, con il quale il Presidente della seconda sezione civile (della Corte di Appello) aveva fissato l’udienza per la precisazione delle conclusioni al 7.11.2017 – al 12.6.2013, su istanza dell’appellante per gravi ragioni di salute (grave neoplasia cerebrale).

Denuncia che il decreto di anticipazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni non sia stato notificato ad esso A. – che non si era costituito “personalmente”, “non applicandosi la regola speciale prevista dall’art. 330 c.p.c.” (pag. 8 ricorso).

Le censure avanzate dall’odierno ricorrente con riferimento, in particolare, alle violazioni dell’art. 163 bis c.p.c. e art. 70 disp. att. c.p.c. che costituiscono il punto centrale della questione, non colgono nel segno per l’assorbente ragione che queste norme non sono applicabili nel caso in esame.

Pacificamente tali norme sono applicabili al giudizio di appello ai sensi dell’art. 359 c.p.c..

Neppure vi è questione sui precedenti giurisprudenziali citati in ricorso che, con orientamento costante, affermano che “Al fine della declaratoria di contumacia della parte non costituita, per il caso in cui l’udienza di prima comparizione sia stata anticipata con decreto presidenziale (nella specie in grado di appello) a norma dell’art. 163 bis c.p.c., u.c., è necessario che il decreto medesimo sia stato notificato personalmente a detta parte, ai sensi dell’art. 70 disp. att. c.p.c., comma 2”.

Il punto, però, è che le norme richiamate dal ricorrente riguardano il diverso caso in cui, ai sensi dell’art. 163 bis c.p.c., u.c. “Se il termine assegnato dall’attore ecceda il minimo indicato dal primo comma, il convenuto, costituendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere che l’udienza per la comparizione delle parti sia fissata con congruo anticipo su quella indicata dall’attore”.

Solo in tal caso il decreto che provvede in tal senso (ed il ricorso per l’abbreviazione dei termini di comparizione) devono essere notificati, ai sensi dell’art. 70 disp. att. c.p.c. (che richiama espressamente soltanto l’art. 163-bis c.p.c., u.c.) alle parti non costituite ” in un congruo termine stabilito dal Presidente”.

Diversamente, nel caso in esame, non è stato l’appellato (cioè il convenuto indicato nella norma) a chiedere l’applicazione dell’art. 163 bis c.p.c., u.c., bensì l’appellante (attore nella norma) a richiedere l’anticipazione dell’udienza fissata ex art. 168 bis c.p.c., u.c. con l’ovvia conseguenza dell’inapplicabilità – nella specie – delle norme ritenute violate.

Diversamente – e correttamente – pertanto, il provvedimento di fissazione della nuova udienza di conclusioni (12.6.2013) – comunicato dalla cancelleria alla parte istante – è stato notificato da questa al difensore delle altre parti: come tale al procuratore “costituito in primo grado” dell’ A..

E’ evidente, infatti, che nel caso in esame, in difetto di normativa specifica sul punto, si applicano le regole ordinarie in tema di notificazione degli atti. E si comprende la ratio della diversa previsione normativa: l’art. 163 bis c.p.c., u.c. – presupposto dall’art. 70 disp. att. c.p.c. – è una norma a tutela del convenuto per l’ipotesi in cui l’attore abbia indicato un termine a comparire che ecceda il minimo indicato dallo stesso art. 163 bis c.p.c., comma 1. Se è l’appellante a chiedere l’anticipazione d’udienza il silenzio del codice impone l’adozione delle regole generali in materia di notificazione degli atti, come già detto.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio – art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo è inammissibile applicandosi il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Come è noto, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., U, 7/4/2014 n. 8053).

Alla luce della richiamata giurisprudenza nessuna delle censure rivolte alla motivazione dell’impugnata sentenza raggiunge i requisiti richiesti.

Sul ricorso incidentale di Prima Fase, L. e P..

Con un unico motivo i ricorrenti in via incidentale denunciano falsa ed erronea applicazione degli artt. 1362 c.c. e ss., in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c., art. 360 c.p.c., n. 3.

Censurano la parte della sentenza che ha statuito nel modo che segue. “.. non può essere riconosciuto il prelievo di Euro 16.702, che non si ricava dalla tabella della CTU e, quanto ai dedotti prelevamenti “diretti” da parte di A. di ulteriori Euro 153.318,73, trattasi di prospettazione che non venne tempestivamente compiuta in primo grado nell’atto introduttivo dell’11 settembre 2003, ma solo e assai tardivamente nella memoria ex art. 186 quater del 19/9/2011, talchè anche la richiesta qui reiterata di convocazione a chiarimenti del CTU su tali nuove prospettazioni non può essere accolta, anche perchè basata su documentazione del pari tardiva in quanto pure allegata alla memoria ex art. 186 quater c.p.c. del 19/9/2011″.

A sostegno della censura i ricorrenti adducono argomenti volti a condurre questa Corte, sotto l’apparente violazione di norme di diritto, ad una rivisitazione di questioni di merito che non hanno accesso in questa sede.

La tardività della documentazione prodotta non ha consentito l’esame della domanda che, si assume, solo specificata successivamente al deposito della c.t.u., senza peraltro indicarne i termini, il che conduce anche al difetto di autosufficienza dell’intera censura.

Conclusivamente il ricorso principale è rigettato; quello incidentale dichiarato inammissibile.

La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese.

Sussistono i presupposti per porre il contributo unificato a carico di parte ricorrente e ricorrente incidentale ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa le spese del giudizio e dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017.

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