Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 120 del 08/01/2021

Cassazione civile sez. I, 08/01/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 08/01/2021), n.120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 09083/2019 proposto da:

T.S.A., rappresentato e difesa dall’avvocato Gori Andrea,

ed elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 580/2018 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 21/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/11/2020 da Dott. CONTI ROBERTO GIOVANNI.

 

Fatto

FATTI IN CAUSA

La Corte di appello di Caltanissetta, con la sentenza indicata in epigrafe, confermando la decisione resa dal tribunale di Caltanissetta che aveva respinto le domande di riconoscimento di protezione internazionale, sussidiaria ed umanitaria proposte da T.S.A., di nazionalità (OMISSIS), ha rilevato, per quel che ancora rileva, che: a) bene aveva fatto il giudice di primo grado ad escludere i presupposti delle protezioni richieste, essendo la vicenda narrata priva di fonti attendibili di riscontro, nè dimostrando un timore di persecuzione o una particolare vulnerabilità in cui si sarebbe potuto trovare il richiedente.

Secondo la Corte di appello il racconto del richiedente, correlato a motivi di natura personale conseguenti alle minacce subite in ambito familiare per la sua conversione alla religione sciita, presentava “profili oscuri” che inducevano a dubitare della sua piena attendibilità, potendo il richiedente chiedere aiuto alle autorità locali, sicchè non ricorreva alcuna ipotesi di protezione sussidiaria, non risultando alcun pericolo effettivo di subire danni o trattamenti disumani, anche perchè la zona di provenienza del T. non risultava interessata dai conflitti o situazioni di violenza indiscriminata. Secondo la Corte di appello la produzione di un contratto a termine a scopo di lavoro a tempo determinato, tenuto conto della complessiva inattendibilità del racconto fatto alla Commissione territoriale, che non dava conto di uno sradicamento parimenti significativo dal territorio di origine, non consentiva di ritenere sussistente una situazione di vulnerabilità.

Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, deducendo la violazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 1, 2, 3, 4, 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 11, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, viene prospettata l’erroneità della decisione impugnata, che non avrebbe fatto corretta applicazione dei parametri normativi indicati. La Commissione avrebbe dovuto verificare l’esistenza di una minaccia grave alla propria incolumità, attivando i poteri istruttori officiosi al fine di verificare la riconducibilità delle minacce alla incolumità personale e le persecuzioni descritte nel paese di origine, invece erroneamente essendosi limitata, secondo il ricorrente, a sovrapporre una propria riduttiva valutazione dei fatti, senza peraltro argomentare con metodo critico autonomo la ritenuta inattendibilità della narrazione del ricorrente e la inutilizzabilità del contratto di lavoro ai fini delle protezione umanitaria.

Con il secondo motivo si deduce il vizio di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione. La Corte di appello avrebbe omesso di considerare la gravità dei pericoli subiti dal T. nel suo Paese di origine nonchè l’assenza di tutela da parte dello Stato in caso di conflitti che coinvolgono questioni di natura religiosa tra i familiari.

Quanto al primo motivo, lo stesso è fondato con riguardo ai due aspetti di seguito en enunciati.

Risulta infatti palese l’assoluta apoditticità della motivazione della sentenza impugnata, che ha ritenuto non attendibile il racconto del richiedente e, per altro verso il generico riferimento all’assenza di situazione di violenza indiscriminata nel Pakistan senza indicare alcuna fonte informativa internazionale.

Orbene, rispetto ai due aspetti appena rassegnati risulta evidente l’error iuris tanto con riferimento alla mancata osservanza dei criteri normativi fissati al fine di verificare la credibilità del richiedente – D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 comma 5 – (cfr. Cass. Cass. n. 3340/2019, Cass. n. 33096/2018, Cass. n. 14674/2020) quanto rispetto alla mancata attivazione dei poteri istruttori, che si sostanzia nell’acquisizione di COI (“Country of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò preposti – cfr. Cass. n. 8819/2020, Cass., Sez. 6-1, n. 11312/2019, Cass. n. 13449/2019; Cass. n. 13897/2019, Cass. n. 9230/2020, Cass. n. 13255/2020 – essendo il giudice tenuto ad indicare specificatamente le fonti aggiornate in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto.

Ed è appena il caso di sottolineare che tale obbligo di approfondimento istruttorio sarebbe stato in ogni caso necessario, tenuto conto della prospettazione di un pericolo alla incolumità del richiedente sotto il profilo di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), anche con riferimento alla mancata protezione dello Stato per liti a sfondo religioso – cfr. Cass. n. 28974/2019.

Il secondo motivo è assorbito in relazione all’accoglimento del primo motivo.

In conclusione, in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Caltanissetta che in diversa composizione provvederà altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Caltanissetta, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2021

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