Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12 del 03/01/2020

Cassazione civile sez. II, 03/01/2020, (ud. 15/01/2019, dep. 03/01/2020), n.12

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7381-2015 proposto da:

T.L., O.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DI MONTE FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato STEFANO

GATTAMELATA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ENRICO GAZ;

– ricorrenti –

contro

T.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE CORTINA

D’AMPEZZO 269, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE SANTIS,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARIO PARIZZI,

PAOLO PERERA;

– controricorrente –

e contro

S.D., S.A., S.I., S.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2051/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 03/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2019 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

T.L. e O.L. propongono ricorso per cassazione, illustrato da memoria, contro T.M., nonchè D., A., I. e S.C., la prima dei quali resiste con controricorso, illustrato da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia del 3.9.2014, che, in accoglimento dell’appello di T.M. ed in riforma della sentenza del Tribunale di Belluno, ha accertato che il box per cui è causa è stato eretto in spregio alla distanza di m. 1,5 dal confine rispetto al fondo mapp. (OMISSIS) di T.M., con condanna all’arretramento fino a rispettare detta distanza e dichiarato il difetto di legittimazione dei S..

La domanda, introdotta da T.M., che lamentava la trasformazione di una tettoia in box, era stata respinta in primo grado mentre la Corte di appello ha ritenuto condivisibile l’interpretazione data dall’ufficio tecnico del Comune di Feltre, secondo la quale per fabbricati convenzionati e corpi accessori devono intendersi quelli per cui è intervenuta una apposita convenzione con il proprietario confinante, ha sancito che non era applicabile il principio della prevenzione perchè la normativa locale escludeva la possibilità di costruire sul confine con la sola eccezione di un accordo col vicino e la valutazione dei testi escludeva fosse maturata l’usucapione.

I ricorrenti denunziano 1) violazione degli artt. 873, 875, 877, 12 preleggi e delle NTO del Comune di Feltre in ordine al concetto di fabbricati convenzionati e corpi accessori; 2) nullità della sentenza, violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 61,115 e 191 c.p.c..

Gli stessi hanno presentato documenti, previa notificazione ex art. 372 c.p.c., sui quali si è registrata l’opposizione di parte controricorrente non riguardando l’ammissibilità del ricorso.

L’opposizione è fondata, trattandosi delle norme tecniche operative del PRG, della istanza interpretativa delle stesse e della nota municipale di interpretazione.

Le censure non meritano accoglimento.

In ordine alla prima la sentenza, alle pagine dieci e undici, con la motivazione sopra riportata, ha sufficientemente chiarito il concetto di fabbricato convenzionato rispetto al quale si manifesta mero dissenso.

L’opera dell’interprete è tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica, oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi; pertanto, onde far valere una violazione sotto entrambi i due cennati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti.

Di conseguenza, ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non può essere considerata idonea – anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non è consentito in sede di legittimità (e pluribus, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579, 16.3.04 n. 5359, 19.1.04n. 753).

La seconda doglianza è generica nel riferimento a plurime violazioni in contrasto con la necessaria specificità della impugnazione e non considera che la Corte di appello ha sostanzialmente dedotto che i convenuti non hanno contestato la distanza ma eccepito l’usucapione smentita dalla valutazione dei testi.

Donde il rigetto del ricorso con condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti in solido alle spese liquidate in Euro 5200 di cui 200 per esborsi oltre spese forfettarie nel 15% ed accessori in favore dell’intimata T.M., dando atto dell’esistenza dei presupposti ex D.P.R. n. 115 del 2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 gennaio 2020

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