Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11999 del 10/06/2016


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Cassazione civile sez. II, 10/06/2016, (ud. 05/04/2016, dep. 10/06/2016), n.11999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25025-2011 proposto da:

C.G., (OMISSIS), domiciliato in ROMA, VIA

OSLAVIA 6, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MARIA MORANI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANNA CONCOREGGI, EUGENIO

PIETRO BARLASSINA;

– ricorrente –

contro

J.C., (OMISSIS), O.O.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ARCHIMEDE

116 00197, presso lo studio dell’avvocato FULVIO NERI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO MANILDO;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

S.S., (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1327/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato QUINTIGLIANI Andrea, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato CONCOREGGI Anna difensore del ricorrente che

si è riportato agli atti depositati;

udito l’Avvocato GEMIGNANI Carlo Andrea, con delega depositata in

udienza dell’Avvocato NERI Fulvio, difensore dei resistenti che si

è riportato agli scritti difensivi depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e del ricorso incidentale e per l’assorbimento del ricorso

incidentale condizionato.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – C.G. convenne in giudizio O.O. e J.C.. Dedusse che egli, nella qualità di socio e presidente della società di diritto elvetico “C+C Finanz”, aveva deciso di acquistare quote della società Pida s.r.l., avvalendosi della mediazione di S.S.; che tra il S., quale prominente acquirente per sè o per persona che si riservava di nominare, e i convenuti, quali promittenti venditori, era stato stipulato un contratto preliminare di compravendita delle quote societarie della Pida s.r.l. possedute dai convenuti medesimi, ai quali il S. aveva versato in due soluzioni, a titolo di acconto, la somma di Euro 206.583,00; essendo rimasto il contratto preliminare inadempiuto, chiese la condanna dei convenuti alla restituzione delle somme da essi incassate a titolo di acconto e indebitamente trattenute.

I convenuti resistettero alla domanda, assumendo di non aver stipulato alcun contratto con l’attore, ma solo col S., il quale, dopo aver indicato quale acquirente la società “C+C Finanz”, aveva poi chiesto e ottenuto la risoluzione consensuale dell’originario preliminare, sottoscrivendo – sulla base delle stesse somme prima corrisposte – altro e diverso preliminare, nell’ambito del quale aveva nominato quale acquirente una diversa società (la Elfa Holding S.A.), che aveva infine effettivamente acquistato le quote con contratto definitivo.

Autorizzati dal giudice, i convenuti chiamarono in giudizio S. S., chiedendo di essere da lui manlevati per le somme che essi sarebbero stati eventualmente costretti a pagare all’attore.

Il Tribunale di Varese dichiarò il difetto di legittimazione attiva dell’attore e lo condannò a rifondere ai convenuti le spese della lite; condannò i convenuti al pagamento delle spese processuali in favore del terzo chiamato. Ritenne il Tribunale che C.G. non era mai stato parte del contratto preliminare, essendo stato nominato come acquirente la società “C+C Finanz”, che era soggetto diverso dal C.; che, in ogni caso, i convenuti avevano intrattenuto rapporti solo col S., il quale aveva agito in nome proprio e al quale solo era spettato il potere di nomina, al cui esercizio essi erano del tutto estranei.

2. – Sul gravame proposto in via principale da C.G. e in via incidentale da O.O. e J.C., la Corte di Appello di Milano confermò la pronuncia di primo grado.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre C.G. sulla base di sei motivi.

Resistono con controricorso O.O. e J.C., che propongono altresì ricorso incidentale affidato ad un motivo e ricorso incidentale condizionato affidato ad un ulteriore motivo.

S.S. è rimasto intimato.

Il ricorrente principale ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il ricorso principale è fondato sui seguenti motivi:

1) col primo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di Appello erroneamente ritenuto che l’azione esercitata dall’attore avesse come causa petendi l’inadempimento contrattuale, e non fosse invece fondata su un indebito oggettivo e, in subordine, sull’ingiustificato arricchimento;

2) col secondo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 82 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale ritenuto che il C. fosse privo della legittimazione ad agire, nonostante che lo stesso avesse agito con la condictio indebiti e con l’azione di arricchimento senza causa in relazione a somme che egli aveva sborsato;

3) col terzo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c. e art. 2033 c.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello ritenuto la domanda di ripetizione di indebito non proposta nel giudizio di primo grado e, quindi, inammissibile in appello;

4) col quarto motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che l’attore non avesse proposto domanda di ripetizione di indebito;

5) col quinto motivo e col sesto motivo, infine, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale ritenuto non provato che l’esborso delle somme di cui si era chiesta la restituzione era stato effettuato dal C. personalmente, piuttosto che dalla società di cui era legale rappresentante, e per aver ritenuto l’insussistenza dell’arricchimento dei convenuti.

2. – Tutte le censure sono infondate.

Infondate sono innanzitutto le doglianze circa il mancato riconoscimento, da parte della Corte territoriale, che l’azione esercitata dall’attore era fondata su un indebito oggettivo e, in subordine, sull’ingiustificato arricchimento.

La Corte di Appello ha spiegato che la domanda di restituzione delle somme versate, proposta in primo grado, faceva perno sull’inadempimento contrattuale dei convenuti e che il riferimento all’indebito trattenimento delle somme era legato alla mancata esecuzione del contratto, non già ad un pagamento effettuato senza causa. La motivazione della sentenza impugnata sul punto (pp. 8-9) è congrua e aderente alle risultanze processuali, esente da vizi logici e giuridici, sicchè supera il vaglio di legittimità.

Esattamente poi la Corte territoriale ha rilevato che la riformulazione in appello dell’originaria domanda come azione di ripetizione dell’indebito proposta ai sensi dell’art. 2033 c.c. (condictio indebiti) era inammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 1, trattandosi di domanda nuova.

Infondate sono anche le doglianze circa il mancato accoglimento, da parte della Corte territoriale, dell’azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c., proposta in subordine.

La Corte di merito ha ritenuto l’infondatezza di tale domanda, spiegando che il C. non aveva provato il suo personale depauperamento, non essendovi prova del fatto che gli esborsi fossero stati effettuati da lui come persona fisica, piuttosto che come legale rappresentante della società; ha spiegato ancora come mancasse la prova dell’arricchimento dei convenuti, avendo costoro effettivamente alienato le quote della Pida s.r.l. ad una società terza, nominata dal S. (promissario acquirente). La motivazione della sentenza impugnata sul punto (pp. 9-10) risulta aderente alle risultanze processuali, esente da vizi logici e giuridici e supera, pertanto, il vaglio di legittimità.

Ogni altra censura rimane assorbita.

Il ricorso principale deve pertanto essere rigettato.

3. – Il ricorso incidentale si fonda su un unico motivo, col quale si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 106 e 91 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale confermato la statuizione di condanna dei convenuti O.O. e J.C. alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado in favore di S.S., chiamato in garanzia, e per avere condannato i medesimi a rifondere al S. anche le spese del giudizio di appello.

La censura è infondata, in quanto le statuizioni di condanna alle spese non violano il principio della soccombenza di cui all’art. 91 cod. proc. civ. (secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa), avuto riguardo al rigetto della domanda proposta nei confronti del S..

4. – Il ricorso incidentale condizionato rimane assorbito nel rigetto del ricorso principale.

5. – Quanto alle spese processuali, le stesse vanno poste a carico del ricorrente principale, in ragione della sua prevalente soccombenza, e liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale;

dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 8.200,00 (ottomiladuecento), di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 5 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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