Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11998 del 16/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 16/05/2017, (ud. 21/10/2016, dep.16/05/2017),  n. 11998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5195/2014 proposto da:

B.W., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA

LIBERTA’ 13, presso lo studio dell’avvocato AGOSTINO GESSINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANMARIO PAROLA

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

GIDIERRE SRL, R.R., L.M.M., G.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2158/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 06/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/10/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato ANTONIO GESSINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’inammissibilità.

Fatto

I FATTI

L.M.M. e G.S. convennero dinanzi al Tribunale di Saluzzo la s.r.l. GIDIERRE e il suo legale rappresentante, R.R., in proprio, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un incendio appiccatosi nell’immobile di proprietà della L. e condotto in locazione dalla G., a causa dell’errata installazione delle canne fumarie da parte della società convenuta che aveva eseguito i lavori di ampliamento dell’immobile.

La Gidierre chiese ed ottenne la chiamata in causa di B.W., progettista e direttore dei lavori.

Il giudice di primo grado accolse la domanda nei confronti degli originari convenuti, respingendo quella di manleva proposta nei confronti del terzo chiamato.

La corte di appello di Torino, investita dell’impugnazione proposta in via principale dalla Gidierre e dal R., e da quella incidentale delle attrici (che lamentavano il mancato riconoscimento del danno non patrimoniale), in parziale riforma della pronuncia di prime cure, condannò il B. a manlevare gli appellanti principali nella misura del 20% delle somme liquidate. Avverso la sentenza della Corte piemontese quest’ultimo ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico, complesso motivo di censura.

Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Con il primo ed unico motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il motivo merita accoglimento.

Va premesso che la Corte territoriale, nell’accogliere in parte qua la domanda di manleva proposta dai convenuti nei confronti del B., ne ha escluso la responsabilità quale progettista dell’opera, e la ha viceversa affermata in relazione al suo incarico di direttore dei lavori, “per non aver svolto la dovuta vigilanza dei lavori oggetto del contratto di appalto”.

Questa affermazione contrasta insanabilmente con le risultanze degli atti di causa, avendo il giudice di appello palesemente omesso la considerazione di fatti rilevanti e decisivi ai fini della ricostruzione della fattispecie concreta sottoposta al suo esame.

In ossequio la principio di autosufficienza del ricorso, tali fatti vengono specificamente riportati e convincentemente illustrati ai ff. 10 e seguenti dell’odierno atto di impugnazione, e possono sintetizzarsi nel modo che segue:

– La causa dell’incendio era stata pacificamente ricondotta all’errato posizionamento delle canne fumarie in acciaio, facenti parte dell’impianto termico, non facilmente visibile dall’esterno;

– La realizzazione di tale impianto non era riconducibile alla responsabilità del direttore dei lavori delle parti architettoniche dell’immobile, volta che esso fu materialmente realizzato da una ditta specializzata, sotto la responsabilità e sulla scorta di un progetto redatto da un perito industriale e di un ingegnere, sulla base della L. n. 46 del 1990;

La dettagliata realizzazione della singola lavorazione dell’impianto termico, attesane le caratteristiche, comportava l’inevitabile affidamento sulle competenze e sulla diligenza dell’appaltatore, che agiva in autonomia, a proprio rischio e sotto la propria responsabilità (così, del tutto condivisibilmente, la motivazione della sentenza di primo grado che, diversamente da quanto opinato dal giudice di appello, non ebbe a fondare la propria decisione sulla circostanza secondo la quale “il B. si recava in cantiere piuttosto di rado”, specificando, per converso, che da tale pur censurabile comportamento non poteva ipso facto desumersi una sua responsabilità, alla luce delle considerazioni che precedono);

La realizzazione delle canne fumarie faceva parte del progetto redatto per conto della ditta Ri. dai due professionisti sopra indicati, mentre quello redatto dal B. era relativo alle sole parti architettoniche; Tanto l’installazione della caldaia, quanto la posa in opera delle canne fumarie in acciaio furono materialmente eseguite da personale abilitato della detta impresa, in esecuzione delle specifiche richieste e delle relative direttive impartite dai professionisti responsabili della redazione del progetto;

Il direttore dei lavori per la parte architettonica era, conseguentemente, oggettivamente estraneo all’intera vicenda, poichè, tra l’altro, carente delle necessarie competenze, e pertanto privo di os ad eloquendum in merito al progetto termo-tecnico redatto dall’ingegnere a tanto abilitato, ex lege.

Il ricorso è pertanto accolto.

La causa può essere decisa nel merito da questa Corte, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

La domanda proposta nei confronti del ricorrente deve essere pertanto rigettata per i motivi esposti.

Le statuizioni adottate in ordine alle spese del giudizio di giudizio di primo grado devono essere confermate.

Vanno viceversa compensate quelle del giudizio di appello.

Nulla per le spese del giudizio di cassazione, non avendo la società intimata svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dalla s.r.l. Gidierre nei confronti di B.W..

Spese di primo grado come liquidate in quella sede.

Spese di appello compensate.

Nulla per le spese del giudizio di Cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari alla somma già dovuta, a norma del predetto art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2017

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