Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11997 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/05/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 31/05/2011), n.11997

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe

Pisanelli 2, presso lo studio dell’avv. Paolo Leopardi, rappresentato

e difeso per procura in atti dagli avv. BUCO Francesco e Alessandro

Fastoso;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli,

n. 136/28/05 del 27/6 -28/6/2005.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/4/2011 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Tirelli;

Udito gli avvocati Buselli e Dettori;

Sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

La Corte:

Fatto

OSSERVA

quanto segue.

Con atto spedito a mezzo posta il 2 6-27/9/2006, M.C. ha proposto ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, chiedendone la cassazione con ogni consequenziale statuizione.

Mentre il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva, l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso e la controversia è stata decisa all’esito della pubblica udienza del 15/4/2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dalla lettura della sentenza impugnata, del ricorso e del controricorso emerge pacificamente in fatto che nell’ottobre del 2001 è stato redatto a carico di M.C., esercente la vendita di carni fresche al minuto, processo verbale di constatazione di mancata emissione di scontrini fiscali, incerta indicazione dei criteri di valutazione delle rimanenze, inferiorità della percentuale di ricarico alle medie nazionali e dichiarazione di un utile netto complessivo più basso di quello normale del settore.

Sulla base di tale verbale, l’Ufficio di Teano dell’Agenzia delle Entrate ha emesso avviso di rettifica del volume di affari dell’anno 1996, elevandolo da L. 285.700.000 a L. 313.701.000.

Il contribuente lo ha impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, che ha accolto il ricorso con sentenza poi riformata dalla Commissione Regionale.

Il M. ha proposto allora ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la illegittimità della verifica per violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., perchè in assenza di verifiche in ordine alla compatibilita del dato nazionale con la specifica realtà aziendale, l’inferiorità della percentuale di ricarico applicata non poteva di per sè bastare a dimostrare l’infedeltà della dichiarazione.

Con il secondo motivo, il ricorrente ha invece dedotto che la rettifica doveva ritenersi nulla per difetto di motivazione, in quanto l’Ufficio si era “limita(to) ad accertare induttivamente maggiori ricavi con riferimento ad una media nazionale di settore di cui non e(ra) dato conoscere i relativi elementi tecnico-economici”.

Con il terzo motivo, il M. ha inoltre dedotto la illegittimità dell’accertamento induttivo per mancanza dei presupposti, dato che le vendite senza scontrino non avevano superato, in sei anni, il modestissimo importo di L. 100.000, mentre i ricavi avevano pur sempre raggiunto la soglia di congruità ed il ridotto ammontare dell’utile era dipeso dai cospicui ammortamenti effettuati in dipendenza della ristrutturazione dell’azienda e del rinnovo delle attrezzature.

Con i1 quarto motivo, il ricorrente ha infine dedotto l’erronea applicazione dell’allora vigente del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 59 e dell’art. 2426 c.c., in quanto sia nel corso dell’accesso che del giudizio aveva dettagliatamente chiarito il tipo, la quantità ed il valore delle carni in giacenza, precisando che il criterio di valutazione adottato era stato quello del prezzo di acquisto che, fra le varie soluzioni possibili, risultava sicuramente adeguato alla natura delle merci ed alla conseguente necessità di una loro rapida commercializzazione.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, con il quale ha contestato la fondatezza delle avverse doglianze, di cui ha chiesto il rigetto con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese di lite.

Così riassunte le rispettive posizioni delle parti e cominciando dall’esame del secondo motivo, che va scrutinato per primo per la sua priorità logico-giuridica, osserva il Collegio che siccome nella sentenza impugnata non si da atto della proposizione di alcuna censura in ordine alla motivazione dell’avviso, il M. non avrebbe potuto limitarsi a sostenerne l’inadeguatezza perchè in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso avrebbe dovuto ancor prima chiarire in quali termini l’aveva denunciata in appello e riportare poi il contenuto esatto dell’accertamento al fine di consentire alla Corte di delibare la fondatezza della doglianza prima di passare all’esame diretto dell’atto.

Non avendo il M. a ciò provveduto, il secondo motivo va dichiarato inammissibile non senza sottolineare che il medesimo appare, comunque, anche infondato perchè quelle ivi dedotte come carenze motivazionali non attengono, in realtà, al momento della formazione ed alla compiutezza dell’avviso, bensì alla prova della sua fondatezza e, dunque, alla fase del giudizio che, come si è visto, si è oltretutto risolto in senso sfavorevole al contribuente proprio perchè la Commissione Regionale ha ritenuto che l’operato dell’Ufficio fosse da considerare provato nei suoi presupposti e legittimo nelle sue conclusioni.

L’esattezza di tale convincimento è stata peraltro contestata dal contribuente con gli altri motivi del ricorso, che possono essere trattari congiuntamente per via della loro intima connessione.

A questo proposito giova preliminarmente rammentare che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, consente di procedere ad accertamento induttivo nel caso di violazioni talmente gravi o ripetute da rendere inattendibile la contabilità.

Tanto ricordato, rimane unicamente da aggiungere che la Commissione Regionale ha preso in esame le varie irregolarità ed anomalie imputate a M. e dopo averle ritenute provate, le ha giudicate complessivamente idonee a legittimare la rettifica della dichiarazione.

Trattandosi di accertamenti di fatto e di valutazioni riservate al giudice del merito, che nella specie non possono formare oggetto di sindacato in questa sede perchè logicamente e giuridicamente sostenibili, il ricorso del M. va, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 3.200,00, Euro 200,00 dei quali per esborsi oltre le spese prenotate a debito.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il M. al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, Euro 200,00 dei quali per esborsi oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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