Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11996 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/05/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 31/05/2011), n.11996

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Circolo ACLI Il Gallo Cedrone e P.M.L., elettivamente

domiciliati in Roma, Via Baldo degli Ubaldi 66, presso lo studio

dell’avv. RINALDI GALLICANI Simona, che li rappresenta e difende per

procura in atti;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano,

sezione staccata di Brescia, n. 151/66/05 del 18/4-26/9/2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/4/2011 dal Relatore Cons. Dott. Francesco Tirelli;

Udito l’avvocato dello Stato Dettori;

Sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

La Corte:

Fatto

OSSERVA

quanto segue:

Con atto spedito a mezzo posta il 23-25/9/2006, il Circolo ACLI Il Gallo Cedrone e P.M.L., in proprio e nella qualità di legale rappresentante del primo, hanno proposto ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, di cui hanno chiesto la cassazione con ogni consequenziale statuizione. Mentre il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva, l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso e la controversia è stata decisa all’esito della pubblica udienza del 15/4/2011.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dalla lettura della sentenza impugnata, del ricorso e del controricorso emerge in fatto che nei mesi di giugno e luglio 1996, la G. d. F. ha sottoposto a verifica il Circolo ACLI Il Gallo Cedrone, appurando che negli anni 1995 e 1996 la sua attività prevalente era consistita, oltre che nella gestione di un quagliodromo e di un tiro al piattello, nella somministrazione ai soci di alimenti e bevande a prezzi pressochè uguali a quelli praticati nei pubblici esercizi.

Tenuto conto di quanto sopra e considerato che il Circolo non aveva provveduto ad alcuno degli adempimenti in materia di IVA, l’Ufficio di Soresina dell’Agenzia delle Entrale gli ha notificato separati avvisi di accertamento ed irrogazione sanzioni che il Circolo e la P. hanno impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona.

Il giudice adito ha rigettato però il ricorso ed i soccombenti hanno interposto appello, che è stato anch’esso respinto dalla Commissione Tributaria Regionale perchè l’attività di cui si discuteva doveva considerarsi commerciale ai fini dell’IVA. Il Circolo e la P. hanno presentato allora ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 324 c.p.c., in quanto la Commissione Regionale avrebbe dovuto dare atto che sulla inapplicabilità della normativa fiscale si era già formato il giudicato in conseguenza della mancata impugnazione di plurime sentenze con cui altre Commissioni avevano “evidenziato il principio di diritto in base al quale il Circolo ACLI Il Gallo Cedrone non poteva riconoscersi assoggettabile all’imposta sul valore aggiunto per non svolgere alcuna attività a carattere lucrativo”.

Con il secondo motivo i ricorrenti hanno invece dedotto la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, per omessa motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto i giudici a quo non avevano “neppur valutato la circostanza dedotta con riferimento all’eccepito giudicato sulla materia del contendere”.

Con il terzo motivo, il Circolo e la P. hanno infine dedotto la violazione dell’art. 116 c.p.c., per omessa, insufficiente ed illogica motivazione su punto decisivo della controversia, in quanto senza darne adeguata spiegazione, la Commissione Regionale aveva ritenuto che vi fosse stata realmente una produzione di utili e su tale presupposto aveva confermato gli accertamenti perchè il Circolo, che non vi era minimamente tenuto, non aveva fornito la prova dell’effettivo svolgimento delle dedotte attività ricreative o culturali.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, con il quale ha contestato la fondatezza delle avverse doglianze, di cui ha chiesto il rigetto con vittoria delle spese di lite.

Così riassunte le rispettive posizioni delle parti e cominciando dall’esame dei primi due motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente trattati per via della loro intima connessione, osserva innanzitutto il Collegio che il difetto di motivazione può essere dedotto solo con riferimento alle questioni di fatto e non a quelle di diritto, tra cui rientrano anche quelle relative alla formazione ed alla pertinenza di un precedente giudicato.

Tanto puntualizzato, devesi poi rilevare che con sentenza 2010/12249, questa Corte ha già chiarito che le controversie in materia di IVA sono ricomprese fra quelle che richiedono il rispetto di norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dalla esistenza di un giudicato e dalla sua proiezione anche oltre il periodo al quale immediatamente si ricollega.

I primi due motivi vanno, pertanto, per ciò solo rigettati non senza dimenticare che, in ogni caso, la pronuncia ottenuta su di un singolo periodo d’imposta non si estende a tutti i punti che hanno costituito l’antecedente logico della decisione quali, in particolare, quelli attinenti alla valutazione delle prove od alla ricostruzione dei fatti, in quanto può fare stato in relazione ad altre annualità soltanto a condizione che riguardi il medesimo rapporto giuridico e concerna aspetti destinati a durare nel tempo ed a restare insensibili alle variazioni che, negli anni, possono intervenire con riferimento, per esempio, alla qualità e quantità dell’attività svolta, alla sua finalità ed alla relativa qualificazione giuridica (v., fra le altre, C. Cass. 2008/13897).

Quanto al terzo motivo, sembra invece sufficiente ricordare che questa Corte ha già più volte stabilito che nel sistema vigente prima della entrata in vigore della L. 23 dicembre 2000, n. 383, art. 4, che ha consentito ai circoli di finanziarsi mediante la cessione di beni o servizi ai soci ed ai terzi, la somministrazione di bevande o cibi non rientrava in alcun modo fra le finalità istituzionali dei circoli stessi, per cui doveva considerarsi come un’attività di natura commerciale ai fini del trattamento tributario (C. Cass. 2000/3850, 2000/4964, 2002/6338, 2005/19839, 2005/20073, 2006/611, 2006/15191 e 2008/26469).

Trattandosi di principio che il Collegio condivide e ribadisce, anche perchè i ricorrenti non hanno indicato alcuna valida ragione per discostarsene, il ricorso di cui si discute va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 3.200,00, Euro 200,00 dei quali per esborsi oltre le spese prenotate a debito.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, Euro 200,00 dei quali per esborsi oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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