Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11993 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/05/2011, (ud. 13/04/2011, dep. 31/05/2011), n.11993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22795-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 125/2005 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 10/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DE STEFANO ALESSANDRO, che si

riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso in via preliminare per

l’inammissibilità del ricorso, in subordine per l’accoglimento.

Fatto

1. Con sentenza n. 125/17/05, depositata il 10.6.05, la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva l’appello proposto da C.D. avverso la decisione dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente nei confronti della cartella esattoriale, emessa – a seguito di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis – a titolo di maggiore imposta, interessi e sanzioni in materia di IRPEF ed IVA, per l’anno di imposta 1997.

2. il giudice di appello riteneva, invero, che l’amministrazione finanziaria fosse decaduta dal potere di riscossione, essendo stato il ruolo, reso esecutivo in data 30.12.00, consegnato al concessionario solo il 10.12.01, in violazione della L. n. 448 del 1998, art. 9, nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, a norma del quale il ruolo deve essere reso esecutivo, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (nel caso concreto il 1998).

3. Per la cassazione della sentenza n. 125/17/05, ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, articolando un solo motivo. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

1. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12 e 17, come modificati dal D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 4 e 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. La CTR avrebbe, invero, erroneamente individuato, quale discrimine al fine dell’accertamento della tempestività della procedura di riscossione da parte dell’Ufficio – in ordine alla quale il ruolo deve essere reso esecutivo, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17) – la data di consegna del ruolo al concessionario; consegna, nella specie, avvenuta il 10.12.01. Senonchè, ad avviso dell’amministrazione ricorrente, per effetto delle modifiche apportate al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12 e 17, la consegna del ruolo al concessionario della riscossione è stata espunta da tali previsioni, essendo sufficiente, a determinare l’esecutività dell’atto, la sua sottoscrizione da parte del titolare dell’Ufficio impositore. Sicchè, essendo stato – nella specie – il ruolo reso esecutivo entro il 31.12.00 (la dichiarazione era stata presentata nel 1998), la procedura di riscossione avrebbe dovuto essere considerata tempestiva dal giudice di appello.

2. Premesso quanto precede, osserva, tuttavia, la Corte che pregiudiziale all’esame del suesposto motivo di gravame, si palesa il riscontro dell’inammissibilità del ricorso, per invalidità della notifica di tale atto, eseguita ai sensi dell’art. 140 c.p.c., attesa la mancata allegazione, da parte dell’amministrazione ricorrente, dell’avviso di ricevimento della raccomandata, con la quale si dava comunicazione al destinatario – secondo le previsioni della suindicata disposizione – dell’eseguita notifica del ricorso per cassazione.

2.1. Va osservato, infatti, che la menzionata disposizione di cui all’art. 140 c.p.c. è stata dichiarata costituzionalmente illegittima da C. Cost. n. 3/2010, nella parte in cui prevedeva che la notifica si perfezionasse, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anzichè con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione, e previo deposito del plico presso l’ufficio postale (cd. compiuta giacenza).

La norma in esame, invero, – come interpretata dal diritto vivente – facendo decorrere i termini per la difesa in giudizio del destinatario da un momento anteriore alla concreta conoscibilità dell’atto a lui notificato, ad avviso della Corte, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.. E ciò per un duplice ordine di ragioni.

In primo luogo, per il non ragionevole bilanciamento tra gli interessi del notificante, sul quale non gravano ormai più – per effetto del nuovo indirizzo interpretativo seguito alla pronuncia della C. Cost. n. 477/02 – i rischi connessi ai tempi del procedimento notificatorio, e quelli del destinatario in una materia in cui, per contro, le esigenze di garanzia del contraddittorio e del diritto di difesa sono particolarmente pregnanti, e devono ispirarsi a canoni di effettività e di parità. In secondo luogo, per l’ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla fattispecie, normativamente assimilabile, della notificazione di atti giudiziari a mezzo posta, disciplinata dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata informativa, previo deposito del relativo piego presso l’ufficio postale, ovvero dalla data di ritiro del piego medesimo, ove anteriormente effettuato.

2.2. Ciò posto, è indubitabile che siffatta pronuncia della C. Cost. n. 3/10 debba trovare immediata applicazione ai giudizi in corso (cfr., in tal senso, Cass. 7809/10), non diversamente da tutte le altre decisioni con le quali la Consulta dichiari l’illegittimità costituzionale di una norma processuale.

Ed invero, tali decisioni – attesa l’inoperatività della norma processuale dichiarata incostituzionale, con effetto dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 136 Cost.

– spiegano i loro effetti sia con riferimento agli atti successivi alla pronuncia, sia con riferimento agli atti processuali compiuti in precedenza, ma la cui validità ed efficacia sia ancora oggetto di sindacato dopo la suddetta sentenza. Il solo limite che tali pronunce dichiarative dell’illegittimità costituzionale di una norma processuale incontrano, è – per vero – determinato dall’avvenuta formazione del giudicato, o dalla venuta in essere di qualsiasi altro evento al quale l’ordinamento ricolleghi il consolidamento del rapporto controverso (cfr., per tutte, Cass. 5039/01, 5853/06, 9329/10).

2.3. Da tali premesse di principio discende, pertanto, che, ai fini della validità della notifica di un atto processuale, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., è necessario che il notificante comprovi l’avvenuta ricezione, da parte del destinatario, della raccomandata confermativa dell’effettivo compimento di tutte le formalità previste dalla norma (o il perfezionamento della cd. compiuta giacenza) (v., in tal senso, Cass. 7809/10, 4748/11). Non è, infatti, più sufficiente a tal fine – come pure aveva ritenuto un consolidato indirizzo di questa Corte, che va, pertanto, rivisitato alla luce della predetta pronuncia di incostituzionalità – la mera spedizione di detta raccomandata al destinatario, non accompagnata dal deposito della cd. ricevuta di ritorno (cfr., ex plurimis, Cass. S.U. 458/05, Cass. 1180/06, 4310/07).

E neppure – a seguito della pronuncia della C. Cost. n. 3/10 – potrebbe più ritenersi che la ricevuta di ricevimento della raccomandata, che suggella il compimento di tutte le formalità previste dall’art. 140 c.p.c., costituisca un atto attinente esclusivamente alla prova dell’avvenuta, rituale, instaurazione del contraddittorio tra le parti (cfr., in tal senso, Cass. S.U. n. 627/08). Ed invero, la documentazione della consegna della raccomandata (o del compimento della cd. compiuta giacenza), ovverosia il cd. avviso di ricevimento, deve ormai considerarsi – in forza della suddetta pronuncia di incostituzionalità dell’art. 140 c.p.c. – come costituente un momento strutturale del processo notificatorio. L’avviso di ricevimento costituisce, infatti, ai sensi dell’art. 149 c.p.c. e delle disposizioni di cui alla L. n. 890 del 1982, il solo documento idoneo a dimostrare, sia l’intervenuta consegna della raccomandata al destinatario e la data di essa, che l’identità della persona a mani della quale è eseguita, o ancora il compimento di tutte le formalità necessarie al perfezionamento della cd. compiuta giacenza (deposito del piego presso l’ufficio postale, avviso al destinatario con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione della missiva, senza che il destinatario provveda al ritiro della stessa).

Sicchè è evidente – come questa Corte aveva più volte affermato anche prima della pronuncia di incostituzionalità suindicata – che la mancata produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata di cui all’art. 140 c.p.c. comporta, proprio perchè costituente un momento strutturale del procedimento notificatorio, non la mera nullità, bensì l’inesistenza della notificazione, della quale, pertanto, non può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.. Con l’ulteriore conseguenza che – anche nel processo tributario – il mancato perfezionamento del procedimento notificatorio si traduce nell’inammissibilità del ricorso, anche se risulta provata la tempestività dell’impugnazione per il ricorrente, al quale – in forza della pronuncia di cui alla C. Cost. n. 477/02 – è sufficiente la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (v., per tutte, Cass. 2722/05, 10506/06, 24877/06).

2.4. Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate non ha in alcun modo dimostrato, producendo il relativo avviso di ricevimento, l’avvenuta ricezione della raccomandata di cui all’art. 140 c.p.c. da parte di C.D.. Del pari difetta, poi, del tutto la prova – desumibile dal medesimo documento – del compimento, da parte dell’Ufficio, di tutte le formalità necessarie al perfezionamento della cd. compiuta giacenza.

3. E neppure l’amministrazione ricorrente ha provveduto a richiedere la rimessione in termini, ai sensi dell’art. 184 bis c.p.c. (applicabile alla fattispecie ratione temporis), per il deposito dell’avviso di ricevimento in questione. Va osservato, invero, che l’istituto della rimessione in termini – disciplinato dall’art. 184 bis c.p.c. e, dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, dall’art. 153 c.p.c. – è applicabile, alla luce del principio costituzionale del giusto processo, anche alle situazioni esterne allo svolgimento del giudizio, quali sono le attività necessarie alla proposizione del ricorso per cassazione (Cass. 14627/10, 98/11).

Ne discende che il difensore del ricorrente, presente in udienza (o all’adunanza in camera di consiglio, ex art. 380 bis c.p.c), può domandare di essere rimesso in termini – ai sensi dell’art. 184 bis c.p.c., ed ora dell’art. 153 c.p.c. – per il deposito dell’avviso che asserisca di non avere ricevuto, sempre che offra la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1, (Cass. S.U. 627/08).

4. Nel caso di specie, peraltro, l’Agenzia delle Entrate non ha affatto formalizzato detta istanza di rimessione in termini, tanto meno ha dimostrato – e neppure allegato di essersi tempestivamente attivata per ottenere dall’amministrazione postale un duplicato dell’avviso di ricevimento dell’atto introduttivo del presente giudizio. Per cui, il proposto ricorso non può che essere dichiarato inammissibile.

5. Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 13 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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