Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11991 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/06/2020, (ud. 16/10/2019, dep. 19/06/2020), n.11991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Mar – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12538/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

C.G., rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro

Garofalo, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Bari,

via Napoli n. 230, giusta procura in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 90/6/2011, depositata il 18 novembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 ottobre

2019 dal Consigliere Marco Dinapoli.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Letto il ricorso per cassazione presentato dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia indicata in epigrafe, che ha rigettato l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado n. 231/20/2010 pronunziata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Bari, che aveva accolto il ricorso di C.G. avverso l’invito ad adempiere ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 bis, quale acquirente responsabile in solido, nell’eventualità di mancato versamento dell’IVA da parte del venditore, ditta “D Auto di M.D.L.”, dal quale negli anni 2006 e 2007 aveva acquistato delle autovetture a prezzi inferiori a quelli pagati dalla “D auto” ai propri fornitori.

2. – Considerato che la ricorrente, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con ogni consequenziale provvedimento, ha proposto un solo motivo di ricorso, con cui denunzia violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 bis e art. 54, comma 1, e dell’art. 2727 c.c., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata (in relazione all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5.) per avere erroneamente ritenuto che presupposto della responsabilità solidale contestata al contribuente sia l’accertamento dell’esistenza di un accordo fraudolento fra le parti, mentre invece essa si fonda solo sul fatto oggettivo che il prezzo di vendita sia inferiore al “valore normale” del bene e che l’acquirente non fornisca alcuna giustificazione della differenza.

3.- Letto il controricorso con cui il contribuente, dopo aver evidenziato ulteriori vizi dell’atto impugnato, conclude per il rigetto del ricorso avverso.

4.- Ritenuto che il ricorso sia fondato sotto entrambi i profili proposti per i seguenti motivi.

4.1- Il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60 bis, comma 2, prevede che “in caso di mancato versamento dell’imposta da parte del cedente relativa a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario, soggetto agli adempimenti ai fini del presente decreto, è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta”.

4.2- La norma non richiede alcun previo accertamento sull’esistenza di un accordo fraudolento fra le parti, ma molto più semplicemente un raffronto fra il prezzo di vendita ed il “valore normale del bene”; tale accertamento è mancato da parte del giudice del merito.

4.3- La sentenza impugnata, nella parte in cui ritiene che la responsabilità solidale dell’acquirente sia condizionata ad un previo accordo con il venditore finalizzato a realizzare l’evasione di imposta, effettua una interpretazione additiva della norma indicata, in violazione della regola stabilita dall’art. 12 disp. Prel. c.c..

4.4- Erroneamente, inoltre, la sentenza impugnata onera l’Amministrazione finanziaria della prova di un accordo fraudolento fra le parti, dato che, sulla base dei principi generali sull’onere della prova, essa è tenuta, nel caso di specie, a provare solo i fatti costitutivi della pretesa tributaria, costituiti dalla cessione avvenuta ad un prezzo inferiore al valore normale, spettando invece al contribuente l’onere di giustificare l’anormalità apparente, come del resto espressamente previsto dal citato art. 60 bis, comma 3. 4.5- La sentenza è priva di motivazione in ordine al raffronto fra il prezzo di vendita al C. da parte della D Auto di M.L. ed il prezzo da questa sostenuto per l’acquisto dai propri fornitori degli autoveicoli venduti, accertamento invece necessario al fine di verificare la sussistenza dell’unica condizione prevista dalla legge, che il prezzo della cessione fosse inferiore al valore normale.

5.- Ritenuto che i vizi dell’atto impugnato evidenziati dal contribuente nel controricorso esulino dall’oggetto del presente giudizio di legittimità, che è notoriamente a critica vincolata, per cui non possono essere valutati, neanche, come richiesto dalla parte, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., in quanto comporterebbero un accertamento in fatto, precluso in questa sede.

6.- Ritenuto pertanto che la sentenza impugnata debba essere cassata con rinvio al giudice di appello per un nuovo giudizio, anche sul regolamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo giudizio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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