Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1199 del 21/01/2020

Cassazione civile sez. I, 21/01/2020, (ud. 18/10/2019, dep. 21/01/2020), n.1199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4666/2017 proposto da:

A.R., elettivamente domiciliata in Roma, Via Germanico n.

211, presso lo studio dell’avvocato Andriani Riccardo, rappresentata

e difesa dall’avvocato Magrini Elisa, giusta procura in calce alla

comparsa di costituzione a mezzo nuovo procuratore;

– ricorrente –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Famagosta

n. 8, presso lo studio dell’avvocato Palombi Roberto, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1153/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2019 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto;

udito, per la ricorrente, l’avvocato Andriani Riccardo, con delega,

che si riporta;

udito, per il controricorente, l’avvocato A.M., con delega

orale, che si riporta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di appello di Firenze, con sentenza dell’11 luglio 2016, ha dichiarato l’efficacia in Italia della sentenza di nullità del matrimonio contratto con rito concordatario da R.G. e A.R. in data 30 luglio 1977, resa dal Tribunale Ecclesiastico ed esecutiva dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica in data 7 luglio 2014, per vizio del consenso del R. per esclusione della prole e indissolubilità del matrimonio. La Corte ha rilevato che la convenuta A. aveva eccepito tardivamente la protrazione della convivenza matrimoniale per oltre tre anni, in sede di costituzione tardiva all’udienza di comparizione delle parti.

Avverso questa sentenza la A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, con i quali sostiene il contrasto della sentenza ecclesiastica con l’ordine pubblico; il R. si è opposto con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la A. imputa alla sentenza delle Sezioni Unite n. 16379 del 2014 violazione dell’art. 112 c.p.c. ed eccesso di potere giurisdizionale, per avere invaso il campo del legislatore, avendo ritenuto che la convivenza coniugale ultratriennale preclusiva della delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio costituisca oggetto di una eccezione in senso stretto, con l’effetto di rimettere all’iniziativa delle parti private la tutela dell’ordine pubblico.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 167 c.p.c., comma 2, in relazione all’Accordo e Protocollo Addizionale del 18 febbraio 1984, reso esecutivo con L. n. 121 del 1985 e degli artt. 796 e 797 c.p.c., per avere impropriamente creato un nuovo principio di diritto, subordinando la tutela dell’ordine pubblico interno alla condizione che sia la parte interessata ad eccepire tempestivamente l’effettiva durata della convivenza coniugale.

Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo, nonchè erronea valutazione degli elementi di prova, in violazione degli artt. 70,115,132 e 158 c.p.c., per avere omesso qualsiasi valutazione circa la contrarietà della sentenza di nullità matrimoniale all’ordine pubblico interno, scaricando sulla convenuta l’onere di difenderlo; per essersi il PM limitato ad apporre il proprio visto in data 27 luglio 2016, rendendo inutile il proprio intervento ai fini della tutela degli interessi pubblici sottesi al procedimento delibatorio; denuncia la nullità della sentenza impugnata per mancata trascrizione delle conclusioni del PM.

I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili, avendo la sentenza impugnata deciso la causa in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, a partire dalla sentenza n. 16379 del 2014, non offrendo l’esame dei motivi elementi per mutare orientamento.

Con la menzionata sentenza le Sezioni Unite hanno statuito che la convivenza come coniugi, quale elemento essenziale del matrimonio – rapporto, ove protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di ordine pubblico italiano, la cui inderogabile tutela trova fondamento nei principi supremi di sovranità e di laicità dello Stato, già affermato dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 18 del 1982 e n. 203 del 1989, ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal Tribunale Ecclesiastico per qualsiasi vizio genetico del matrimonio-atto. La convivenza triennale, quale situazione giuridica di ordine pubblico ostativa alla delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio, essendo caratterizzata da una complessità fattuale strettamente connessa all’esercizio di diritti, adempimento di doveri e assunzione di responsabilità di natura personalissima, è oggetto di un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio, nè opponibile dal coniuge, per la prima volta, nel giudizio di legittimità.

La giurisprudenza successiva ha ribadito che la convivenza triennale non è rilevabile d’ufficio e deve essere opposta tempestivamente nel giudizio, a pena di decadenza, così rispettandosi l’autonomia del coniuge convenuto, libero di proporre o meno l’eccezione, e ponendosi altresì un limite alla valutazione, altrimenti troppo incisiva, del giudice (Cass. n. 26188 del 2016).

I motivi si risolvono in una critica globale all’impianto della sentenza, senza tuttavia confrontarsi con l’elaborato percorso argomentativo delle Sezioni Unite e senza addurre argomenti nuovi che possano indurre a incrinarne la tenuta sul piano logico e della coerenza con il sistema normativo

Con riguardo alle modalità di intervento in causa del PM, è sufficiente per giurisprudenza costante che quest’ultimo sia informato della esistenza del procedimento, così da essere messo in grado di parteciparvi concretamente e di presentare, se lo ritiene, le sue conclusioni, senza che rilevi, o possa in alcun modo essere oggetto di censura e motivo di nullità processuale, il modo dell’intervento di tale organo e l’uso fatto del potere di intervento a lui attribuito, senza che l’omessa od erronea menzione della sua attività dia luogo a nullità della sentenza (tra le tante, Cass. n. 5119 del 1996, n. 13062 del 2000, n. 19727 del 2003, n. 1345 del 2005, n. 6136 del 2015).

Il ricorso è dunque inammissibile, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2600,00.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e dei soggetti menzionati.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2020

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