Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1199 del 18/01/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 1199 Anno 2018
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

Data pubblicazione: 18/01/2018

SENTENZA
sul ricorso 18417-2016 proposto da:
MODICA MARIA CARMELA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CARLO MIRABELLO 19, presso lo studio dell’avvocato VALERIO
FEMIA, che la rappresenta e difende;
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA,
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei
rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO;

avverso la sentenza n. 149/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 28/01/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/11/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE BRONZINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
uditi gli avvocati Valerio Femia e Gianna Galluzzo per l’Avvocatura
Generale dello Stato
Fatti di causa
1. La Prof. Maria Carmela Modica esponeva al Tribunale del lavoro
di Roma di essere stata, quale docente di lingua francese part-time,
autorizzata ad un orario di 9 ore, mentre in realtà aveva osservato
un orario di lavoro di 12 ore e per tale ultimo orario era stata
retribuita. Con Decreto del 1997 la Direzione provinciale del Tesoro
aveva ritenuto che, poiché il servizio doveva considerarsi autorizzato
solo per 9 ore, si era verificato un danno erariale pari a lire
25.624.573, provvedimento che veniva impugnato dalla Modica
avanti al Tar con ricorso del 97 poi dichiarato perento. L’11.8.2011 la
Direzione provinciale del Tesoro notifica istanza di recupero del
credito erariale prima ricordato per euro 13.233,99; la Modica
impugnava il secondo provvedimento avanti al Tribunale del lavoro di
Roma deducendo che non si era tenuto conto delle somme
corrisposte e che il credito era comunque prescritto.

Ric. 2016 n. 18417 sez. SU – ud. 07-11-2017

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– controricorrenti –

2. Il Tribunale rigettava l’eccezione di prescrizione e riteneva
sussistere il difetto di giurisdizione del giudice ordinario perché il
contestato fatto lesivo si era verificato con il primo provvedimento di
recupero erariale dell’1.8.1997. La Modica proponeva appello avanti
la Corte di appello di Roma; si costituivano il MIUR ed il Ministero

sentenza. La Corte territoriale con sentenza del 13.1.2006 rigettava
l’appello; la Corte territoriale rilevava che, contrariamente a quanto
sostenuto dall’appellante, si era tenuto conto di quanto già versato
dalla Modica e che i fatti costitutivi del diritto fatto valere si erano
tutti verificati prima del 30.6.1998. Il provvedimento di recupero del
2001 era puramente reiterativo del primo del 1997 di accertamento
dell’indebito e non era quindi un nuovo ed autonomo atto
dell’Amministrazione idoneo a radicare la competenza del giudice
ordinario. Anche la prescrizione (che comunque era questione
riservata al giudice competente da ritenersi il giudice amministrativo)
non si era verificata perché, essendo stato impugnato nel 97 il primo
provvedimento, il Tar ne aveva sospeso l’esecuzione con conseguente
preclusione all’esercizio del diritto fino alla pendenza del giudizio.
3. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Modica con 4
motivi; resistono i due Ministeri intimati con controricorso.

Ragioni della decisione
4. Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione
delle norme di diritto dell’art. 45 comma 17 d. Igs. 1998, n.30. La
Modica aveva impugnato esclusivamente il provvedimento del 2001
facendo valere la prescrizione del credito e l’erroneità dei conteggi.
5. Il motivo appare infondato in quanto la Corte di appello ha già
osservato che il provvedimento del 2001 reitera quanto già richiesto
nel 1997 in relazione al medesimo danno erariale e quindi tutti i fatti
presupposti del diritto fatto valere in giudizio (annullamento dei

Ric. 2016 n. 18417 sez. SU – ud. 07-11-2017

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dell’Economia e delle Finanze chiedendo la conferma della gravata

decreti autorizzativi del part-time, accertamento di un danno erariale
e richiesta di recupero del credito) erano precedenti il 30.6.1998:

medio tempore dalle somme richieste erano già state defalcate le
trattenute già effettuate per cui non può esservi alcun dubbio che il
giudice competente era lo stesso del provvedimento del 97 (in effetti

6. Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione
delle norme di diritto di cui agli artt. 2943,2945 e 2935 cod. civ.,
nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Il provvedimento di sospensione emesso dal Tar del provvedimento
del 97 non rientra tra le cause di interruzione della prescrizione;
l’Amministrazione non poteva eseguire il provvedimento, ma poteva
interrompere la prescrizione.
7. Il motivo appare infondato posto che la Corte di appello ha
correttamente osservato da un lato che la questione della
prescrizione poteva essere risolta solo dal giudice competente, il che
implica che la Corte di appello non avrebbe potuto dichiarare la
prescrizione del credito, in riforma della sentenza di primo grado
anche se avesse condiviso il relativo motivo di gravame, una volta
condivisa la tesi del difetto di giurisdizione. Su questa prima ratio

decidendi il motivo non sviluppa argomenti di sorta. Inoltre la Corte
ha richiamato anche il principio generale di cui all’art. 2935 cod. civ.
per cui la prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere
fatto valere per cui, avendo il Tar disposto la sospensione del
provvedimento di recupero, il creditore non poteva far valere il diritto
in questione pendente tale sospensione, il che non appare in realtà
nemmeno contestato nel motivo che si sofferma esclusivamente
sull’applicabilità alla fattispecie degli artt. 2043 e 2045 cod. civ..
8.

Con il terzo motivo si allega l’omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è

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impugnato a suo tempo al Tar).

stato oggetto di discussione tra le parti. Carenza di legittimazione
passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Era competente
anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze come dedotto
dall’appellante.
9. Il motivo appare inammissibile ex art. 100 cod. civ. proc. in

determinare la riforma della sentenza posto l’accertato (cfr.
motivazione sul primo motivo) difetto di giurisdizione del giudice
adito.
10. Con l’ultimo motivo si allega la violazione e falsa applicazione
delle norme di diritto dell’art. 91 e 92 cod. civ. proc. e dell’art. 2233
cod. civ. . Le spese legali liquidate erano eccessive.
11. Il motivo appare infondato posto che- in relazione al valore
della controversia – non risultano i violati i massimi tariffari tenuto
conto della tabella applicabile e dello scaglione di riferimento, né
parte ricorrente deduce in concreto la loro violazione in eccesso
essendo certamente possibile per il giudice di merito procedere ad
una liquidazione forfettaria di quanto spettante, a maggior ragione o
in controversie nelle quali non vi è stata istruttoria e non sono state
depositate note- spese.
12. Va quindi rigettato il ricorso. Le spese di lite seguono la
soccombenza e vanno liquidate in complessivi euro 4.000 per
compensi (tenuto conto che i due Ministeri intimati si sono costituiti
con un unico controricorso) oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo
risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi,
ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento in favore
delle parti costituite delle spese del giudizio di legittimità che si

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quanto l’eventuale accoglimento del motivo non potrebbe

liquidano in euro 4.000,00 complessivi per compensi oltre spese
prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo
risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, la Corte dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,

dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello

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