Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11988 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/06/2020, (ud. 18/09/2019, dep. 19/06/2020), n.11988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26809/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

L.V.J., rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe

Cacciato ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio

Tivoli & Associati, in via Marocco n. 18, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 51/11/2012, depositata il 16 aprile 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 settembre

2019 dal Consigliere Marco Dinapoli.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.1- L.V.J., titolare della ditta Autoboutique, impugna l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2002 con cui vengono accertate maggiori imposte in relazione all’acquisto di un’ autovettura dalla ditta Car Trading Corvetti, fittiziamente interposta al solo fine di conseguire risparmi fiscali.

1.2- La Commissione Tributaria di primo grado accoglie il ricorso motivando con riferimento alla assoluzione della L.V. da parte del Tribunale penale di Monza dal reato di cui all’art. 81 c.p. e al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2.

1.3- La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigetta l’appello dell’Agenzia delle entrate, con scarna motivazione in cui valorizza solo l’unicità dell’operazione e l’assoluzione della contribuente in sede penale. 1.4- Ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate con tre motivi e chiede la cassazione della sentenza impugnata, con ogni conseguente pronunzia.

1.5- La contribuente resiste con controricorso e chiede respingersi il ricorso avverso, con ogni conseguente statuizione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

2.1- Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, art. 2697 c.c., Dir. CEE 17 maggio 1977 n. 77/388, artt. 1 e 17, perchè in base a questa normativa la conoscenza della frode da parte dell’acquirente si presume, nel caso sia certa la natura solo apparente del venditore; spetta dunque all’acquirente fornire la prova della buona fede.

2.2- Il secondo motivo denunzia omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), perchè la sentenza impugnata ritiene la buona fede della contribuente in quanto viene contestato l’acquisto di una sola auto, nonostante riconosca che negli anni precedenti ci fosse stata fra le due ditte una consistente frequenza di rapporti commerciali.

2.3- Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 654 c.p.p. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 c.p.c.) poichè la sentenza ipotizza la buona fede della contribuente in base alla sentenza di assoluzione in sede penale, in violazione della norma indicata perchè l’Agenzia non ha partecipato al processo penale, per cui la sentenza penale non costituisce prova nei suoi confronti.

3.- L.V.J. sostiene, preliminarmente, che si sia formato il giudicato interno sulla nullità dell’accertamento per vizio di motivazione, eccepito nel ricorso introduttivo ed implicitamente accolto dalla sentenza di primo grado, con decisione non appellata espressamente dall’Agenzia delle entrate.

3.1- L’eccezione è inammissibile. Infatti non sono allegati al ricorso gli atti processuali su cui si fonda, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, estensibile anche al controricorso in virtù del richiamo alle forme del ricorso principale effettuato dall’art. 370 c.p.c., comma 2.

4.- Passando all’esame dei motivi di ricorso, occorre premettere che le c.d. “frodi carosello” sono caratterizzate da un rapporto trilatero, in cui un soggetto economico fittiziamente interposto importa merce (in genere veicoli usati) da un venditore residente in un Paese comunitario in esenzione dall’Iva, e la rivende ad un terzo, apparentemente con aggravio dell’Iva, che però non versa, mentre il terzo la contabilizza in detrazione, in violazione del principio della neutralità dell’imposta.

4.1- Questa Corte si è occupata ripetutamente degli aspetti tributari del fenomeno e dei criteri di ripartizione dell’onere della prova fra l’Amministrazione Finanziaria ed il contribuente, formulando, anche alla luce di ripetuti interventi della Corte di Giustizia, i principi di diritto che seguono, cui occorre dare continuità: 1) “in tema di Iva, l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta”; 2) “la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente” 3) “incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (Cass. Sez. V 20 aprile 2018 n. 9851; vedi anche Corte di Giustizia 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11; Corte di Giustizia, Ppuh, C277/14, par. 50, Corte di Giustizia 6 luglio 2006, Kittel, C-439/04 e C-440/04; Corte di Giustizia 21 giugno 2012, Mahagèben e David, C-80/11 eC-142/11; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015).

5.- La sentenza impugnata in questa sede non è rispettosa di tali principi, perchè ha dedotto la buona fede della contribuente in via meramente congetturale, omettendo invece di verificare se quest’ultima, anche in relazione alla sua esperienza commerciale, nonchè alle concrete modalità di scelta del contraente e realizzazione delle operazioni di acquisto, evidenziate in causa dall’Agenzia delle entrate sulla base degli accertamenti della Guardia di Finanza, “sapeva o avrebbe dovuto sapere con l’uso dell’ordinaria diligenza” che l’operazione si inseriva in un meccanismo di evasione dell’imposta.

6.- Sono fondati, in particolare, i motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza impugnata, sia sotto il profilo della violazione dei principi sulla ripartizione dell’onere della prova, sopra precisati (primo motivo), che della contraddittorietà della motivazione (secondo motivo), che pur rilevando la frequenza dei rapporti commerciali intercorsi fra la L.V. e la Car Trading (oggetto di separato giudizio), inaspettatamente trae elemento di valutazione circa la sua “buona fede” dalla unicità dell’operazione contestata in questa sede.

6.1- E’ fondato, infine, anche il terzo motivo di ricorso, dato che il giudicato penale cui l’Amministrazione finanziaria sia rimasta estranea non fa stato nel giudizio tributario, ove può avere la valenza dimostrativa attribuita agli indizi, purchè però il suo contenuto costituisca oggetto di apprezzamento e valutazione espressa da parte del giudice, che nel caso in esame è mancato, in quanto la sentenza impugnata si è limitata a recepirne acriticamente solo la decisione.

7.–Ne consegue la necessità di una nuova valutazione del materiale probatorio acquisito al processo, alla luce dei principi indicati, che dovrà essere effettuata dal giudice del merito, cui si rinvia la causa, anche per le spese, previa cassazione della sentenza impugnata.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Commissione tributaria della Lombardia in diversa composizione, per un nuovo giudizio, anche in ordine al regolamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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