Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11985 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/05/2011, (ud. 15/03/2011, dep. 31/05/2011), n.11985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26446-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

DATABIT COMPUTER SRL IN LIQ;

– intimato –

avverso la sentenza n. 17/2005 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 23/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con processo verbale del 12 marzo 1999 l’Ufficio IVA di Torino rilevava che negli anni 1997 e 1998 la s.r.l. Databit Computer aveva registrato in contabilità fatture di acquisto emesse dalla ditta Esi Elettronica di Tarzia Giuseppe, “cartiera” dedita alla emissione di fatture per operazioni inesistenti; pertanto l’Ufficio estendeva la verifica agli anni 1995 e 1996, per i quali non vi erano in contabilità registrazioni di quel tipo, ed eseguiva un controllo indiretto mediante l’applicazione di percentuali di ricarico medio.

Indi, le risultanze erano trasfuse per l’anno 1995 in accertamento IRPEG e rettifica IVA. L’impugnazione proposta dalla società contribuente era accolta dalla commissione tributaria provinciale di Torino, che rilevava l’assenza di qualsiasi irregolarità contabile riferita al 1995 e quindi l’assenza del presupposto per procedere ad accertamento e/o verifica per quell’anno.

Appellava l’agenzia delle entrate sostenendo la correttezza dell’operato dell’Ufficio che, in presenza di elementi gravi precisi e concordanti, poteva procedere alla rettifica. La commissione tributaria piemontese, con sentenza del 23 giugno 2005, rigettava l’appello evidenziando che: a) non sussisteva alcuna ragione per procedere contro la società contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 600, art. 39, lett. d, atteso che la contabilità dell’anno 1995 era regolare; b) i rapporti con la ditta Esi erano avvenuti nei successivi anni 1997 e 1998; c) la circostanza che tale ditta fosse una mera “cartiera” era stata solo enunciata.

Con atto del 23-28 settembre 2006 ricorre, per la cassazione della suddetta decisione, l’agenzia delle entrate adducendo un solo motivo;

la società contribuente non spiega attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia violazione di legge per erronea e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 53, 54 e 55.

1.1.- Assume che la presenza di una contabilità formal-mente regolare non impedisce l’accertamento “analitico-induttivo” in rettifica di cui all’art. 54, comma 3, D.P.R. cit.” …presupponendo tale accertamento l’esistenza di scritture contabili regolarmente tenute da punto di vista formale, ma affette – in virtù di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti – da incompletezze, inesattezze ed infedeltà tali da giustificare il motivato uso del potere di rettifica”.

1.2.- Afferma che, essendo la ditta Esi una mera “cartiera” come emergeva dalle stesse dichiarazioni del titolare e dal procedimento penale promosso in forza della L. n. 516 del 1982 dalla Procura della Repubblica di Ivrea, le presunte operazioni registrate nella contabilità delle società contribuente per gli anni 1997 e 1998 dovevano far ritenere presumibilmente inattendibile tutta la sua contabilità e dunque anche per gli anni 1995 e 1996, quando appariva invece formalmente regolare, il che legittimava ex art. 55 l’accertamento induttivo, sulla base di dati e notizie comunque raccolti dall’ufficio, ed ex art. 54, comma 1 la rettifica con metodo analitico, con l’effetto della sostituzione della posta con quella presumibile.

1.3.- Sottolinea che l’accertamento di maggiori ricavi dell’impresa sulla base della giustificazione concreta delle percentuali di ricarico (13%, 4%) applicate al fine della ricostruzione induttiva.

1.4.- Sostiene, infine, che “la sentenza è pertanto censurabile nella parte in cui ha ritenuto che, in presenza di una contabilità formalmente corretta, il contribuente non fosse tenuto ad addurre elementi ulteriori che dimostrassero l’infondatezza degli indizi, gravi, precisi e concordanti con particolare riferimento al notevole scostamento dalla percentuali di ricarico delle media del settore contestati dall’amministrazione in sede di verifica”.

2.- Il motivo è inammissibile.

2.1.- L’Amministrazione può invero procedere – ai sensi dell’art. 39, comma 1, cit. D.P.R., alla determinazione induttiva del reddito sulla scorta delle percentuali di ricarico, le quali costituiscono tuttavia presunzioni semplici, che debbono essere assistite dai requisiti di cui all’art. 2729 c.c. e desunte da dati di comune esperienza, oltrechè da concreti e significativi elementi desunti dalla singola fattispecie.

2.1.1.- In presenza di scritture contabili formalmente perfette (come nella specie per l’anno 1995) non è dunque sufficiente, ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico formalmente diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza, posto che le medie di settore non costituiscono un “fatto noto”, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, il fatto ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di dati.

2.1.2.- Pertanto tali percentuali sono di per sè inidonee a integrare gli estremi di una prova per presunzioni, occorrendo quantomeno che risulti l’abnormità o l’irragionevolezza della percentuale quale elemento ulteriore (cfr. Sez. 5, Sentenze n. 20201 del 24/09/2010, n. 12032 del 25/05/2009 e n. 26388 del 05/12/2005).

2.1.3.- In particolare l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità è stata esclusa nel caso di scostamenti di pochi punti percentuali (cfr. sulla irrilevanza di uno scostamento di sette punti, Sez. 5, Sentenza n. 12032 del 25/05/2009).

2.2.- Nella sentenza impugnata i giudici d’appello parlano di “applicazione di un ricarico del 13% per il 1996, ridotto al 4% per il 1995”.

2.2.1.- Nel ricorso per cassazione l’agenzia impugnante afferma che il controllo indiretto è stato effettuato mediante l’applicazione di una percentuale di ricarico sugli acquisti “tramite acquisizione a campione dei beni più rappresentativi” e assume che “i valori presi in considerazione variano in particolar modo, considerato che il valore dei beni varia anche in periodi molto brevi per la continua evoluzione delle tecnologia nello specifico settore e le oscillazioni di valuta del dollaro”.

2.2.2.- Precisa, inoltre, che “le percentuali di ricarico sono state arrotondate al 13%” e che “in considerazione del fatto che per l’anno 1995, le operazioni si sono estrinsecate nell’attività di broker e che questa rappresenta il 70% di quella complessiva, i funzionari verificatori hanno ritenuto opportuno ridurre la percentuale di ricarico delle predetta quota, quantificando la medesima nella misura del 4%. Tale misura risulta inferiore al tasso legale e pertanto non ricompensa il capitale investito ed il sacrificio dell’imprenditore”.

2.2.3.- In altre parte del ricorso l’agenzia impugnante afferma che “l’Ufficio ha ritenuto di dar prova dell’inesattezza delle scritture contabili utilizzando una percentuale di ricarico del 13%, che è addirittura inferiore a quella rilevata dai prodotti commercializzati” e che “la percentuale utilizzata del 4% risulta infatti presente solo per una decina di prodotti sugli oltre 160 riportai nell’allegato relativo all’anno in contestazione”.

2.3.- Orbene, tali confuse considerazioni, che per come sono formulate sembrano addirittura in contraddizione tra loro, attingono il merito della vertenza e non profili d’illegittimità della sentenza; nè risulta ictu oculi alcuna di quelle difformità abnormi e irragionevoli richieste dalla giurisprudenza di questa Sezione per procedere contro il contribuente asseritamente infedele.

2.3.1.- Nella formulazione del ricorso non v’è alcuna presunzione grave, precisa e concordante idonea a contrastare la regolarità formale della contabilità per l’anno 1995 in contestazione.

2.3.2.- Manca qualsiasi aggancio razionale con i rapporti intercorsi addirittura due anni dopo tra la società contribuente e la presunta ditta “cartiera” Esi.

2.3.3.- Non è addotto nulla di più di mere congetture estimative di ricarichi tra oscillazioni di cambi, obsolescenza dei prodotti, attività di brokeraggio, tasso legale di remunerazione del capitale, elementi tutti affastellati senza alcun ordine logico e in totale difetto di autosufficienza processuale.

2.3.4.- E’ omessa persino qualsivoglia censura specifica in punto di prova, per contrastare la negativa valuta-zione fatta sul punto dai giudici d’appello.

3.- Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e nulla è dovuto per spese, non avendo la controparte spiegato attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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