Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11985 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. I, 19/06/2020, (ud. 20/02/2020, dep. 19/06/2020), n.11985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 26756-2017 r.g. proposto da:

(OMISSIS) s.r.l. (cod. fisc. (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in

persona dell’amministratore unico T.A., rappresentata e

difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli

Avv.ti Michele Castellano e Fabio Di Cagno, con cui elettivamente

domicilia in Roma, Viale Giuseppe Mazzini n. 73, presso lo studio

dell’Avvocato Arnaldo Del Vecchio;

– ricorrente –

contro

CURATELA del FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l. (cod. fisc. (OMISSIS)), con

sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore

curatore fallimentare Avv. Claudio Iadarola, rappresentata e difesa,

giusta procura speciale apposta in calce al controricorso,

dall’Avvocato Bartolomeo Dell’Orco, presso il cui studio è

elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Flamina n. 962;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, depositata in

data 9.10.2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/2/2020 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avv. Arnaldo Del Vecchio, che ha chiesto

accogliersi il ricorso;

udito, per la curatela controricorrente, l’Avv. Bartolomeo Dell’Orco,

che ha chiesto respingersi l’avverso ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bari ha respinto il reclamo L.Fall., ex art. 18, proposto da (OMISSIS) s.r.l. nei confronti di D.M. e Curatela del fallimento s.r.l. (OMISSIS), avverso la sentenza emessa in data 18.1.2017 dal Tribunale di Foggia, con la quale era stato dichiarato il fallimento della predetta società debitrice, dopo che il medesimo tribunale aveva respinto la domanda di omologazione dell’accordo ex art. 182 bis L. Fall. di ristrutturazione dei debiti, proposto da (OMISSIS).

La corte del merito ha, in primis, ricordato che: a) il Tribunale, nel respingere la richiesta di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, aveva quantificato in Euro 972.531,13, l’entità dei crediti estranei all’accordo e aveva escluso che fosse realizzabile il valore stimato di Euro 915.000,00 per il natante oggetto della proposta di liquidazione, bene per il quale non vi erano state, infatti, offerte di acquisto dal marzo 2016 in poi; b) erano condivisibili le osservazioni in punto di differenze tra procedure di concordato preventivo e quelle di accordo di ristrutturazione dei debiti in relazione al giudizio di fattibilità del piano e che, comunque, era da apprezzarsi la circostanza che non era attuabile il piano diretto a soddisfare integralmente i creditori estranei, in ragione del minor importo realizzabile dalla vendita del natante e della maggiore consistenza dell’entità complessiva dei creditori estranei (cfr. il minore importo pari ad Euro 450.000,00 risultante da consulenza estimativa disposta dal giudice fallimentare ed assenza di offerte nella successiva procedura di liquidazione fallimentare); c) anche il sequestro probatorio disposto dal P.m., in relazione ad una denuncia per il delitto di cui alla L.Fall., art. 228 (che aveva attinto il curatore fallimentare), non era probante del diverso valore allegato dalla società ricorrente come valore di possibile realizzo del natante, trattandosi di un atto di parte e comunque tenendo in considerazione il contenuto reticente dell’interrogatorio del Tarquinio, legale rappresentante della fallita, innanzi al curatore fallimentare; d) risultava significativo, anche ai sensi dell’art. 116, cpv. c.p.c., la mancata costituzione della Procura generale nel giudizio di reclamo; e) nessun dubbio poteva residuare sulla sussistenza dell’insolvenza della reclamante, incapace di onorare i debiti anche per l’assenza di propri beni e attività.

2. La sentenza, pubblicata il 9.10.2017, è stata impugnata da (OMISSIS) s.r.l. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui la curatela (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L.Fall., art. 182 bis, in relazione all’erroneo giudizio di fattibilità del piano. Osserva la ricorrente che nè il Tribunale nè la Corte di Appello avevano censurato l’accordo di ristrutturazione in sè e per sè considerato, e cioè l’accordo di ristrutturazione concluso con i creditori aderenti e che nessun creditore aveva spiegato opposizione. Rileva, ancora, la società ricorrente che i giudici del merito avevano travalicato i loro poteri di interdizione della domanda di omologazione, entrando nelle valutazioni di fattibilità del piano, che sono, invece, rimesse alla esclusiva valutazione dei creditori, dovendo al contrario tali poteri limitarsi allo scrutinio di completezza documentale della domanda. Si evidenzia che la corte di merito aveva fondato il suo giudizio su eventi successivi all’accordo di ristrutturazione, tacendo, tra l’altro, sulla circostanza che la curatela aveva proceduto alla vendita di una quota dell’imbarcazione e non dell’intero bene, come invece era programmato nell’accordo di ristrutturazione.

2. Con il secondo mezzo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatti decisivi, e ciò sempre in relazione al profilo della dichiarata non realizzabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti nei confronti dei creditori estranei. Evidenzia la ricorrente che la corte di appello aveva omesso di considerare che, tra le risorse attive da destinare al pagamento dei creditori estranei, la società ricorrente aveva contemplato non soltanto la più volte citata imbarcazione da diporto, ma anche un’altra entità economico-finanziaria, cioè il credito IVA maturato nell’anno di imposta 2015 e che, peraltro, i crediti estranei all’accordo erano, poi, ulteriormente diminuiti.

3. Con il terzo motivo la ricorrente articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di omesso esame di fatti decisivi, in relazione alla valutazione della mancanza delle condizioni di fallibilità. Osserva la società deducente che aveva indicato una pluralità di ragioni a sostegno dell’opposta decisione, ovverosia che non sussisteva alcuno stato di insolvenza, ragioni il cui esame era stato completamente omesso da parte della corte: così, la Ge.co s.r.l presentava, al momento del deposito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, un patrimonio netto positivo di 771.000,00 Euro e, peraltro, proprio l’accordo di ristrutturazione dei debiti – nella parte non censurata nè dai creditori, nè dal tribunale, nè dalla stessa corte di appello – prevedeva di soddisfare questi ultimi con i proventi dello svolgimento della propria attività imprenditoriale.

4. Il ricorso è infondato.

4.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.

4.1.1 Sul punto, è utile ricordare il recentissimo arresto giurisprudenziale, sempre espresso da questa stessa Sezione della Corte, secondo il quale, verbatim “in sede di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, il sindacato del tribunale non è limitato ad un controllo formale della documentazione richiesta, ma comporta anche una verifica di legalità sostanziale compresa quella circa l’effettiva esistenza, in termini di plausibilità e ragionevolezza, della garanzia del pagamento integrale dei creditori estranei all’accordo nei tempi previsti per legge” (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 12064 del 08/05/2019).

4.1.2 Orbene, la L.Fall., art. 182-bis, prevede che l’imprenditore in stato di crisi possa domandare, “depositando la documentazione di cui alli art. 161″, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente a una relazione redatta da un professionista (designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei previsti termini (centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione).

Come è stato correttamente osservato nell’arresto da ultimo menzionato (cfr. Cass., sent. n. 12064/2019): M… non può essere sottaciuto che l’accordo di ristrutturazione partecipa della comune natura di procedura concorsuale propria del concordato preventivo (v. Cass. n. 1182-18, Cass. n. 9087-18, Cass. n. 16347-18). E in coerenza con quanto questa Corte ha già affermato a proposito dell’analogo tema dei limiti del sindacato giurisdizionale sulla fattibilità del piano concordatario (v. Cass. n. 9071-17, Cass. n. 5825-18, Cass. 21175-18), deve essere affermato il principio secondo cui nell’accordo di ristrutturazione il giudice, nella sede dell’omologa, non è limitato dalla sola verifica di regolarità formale degli adempimenti previsti per legge, ma è tenuto a verificare tutti gli aspetti di legalità sostanziale e tra questi anche quelli inerenti la effettiva garanzia di soddisfacimento dei creditori estranei all’accordo nei tempi previsti per legge. Tale verifica va fatta in termini di plausibilità e ragionevolezza, cosicchè è ben possibile negare l’omologazione ove l’accordo, per come formulato, renda di per sè irragionevole e irrealistica l’affermazione di integrale pagamento in quei termini”.

4.1.3 Ebbene, da tale recente pronunciamento questo Collegio non ha ragione di discostarsi, condividendone la ratio decidendi.

Ne consegue pertanto il rigetto del primo motivo. Ed invero, la sentenza impugnata non si è discostata dai principi di diritto sopra ricordati, scrutinando il profilo della realizzabilità dell’accordo secondo criteri di plausibilità e ragionevolezza e non arrestando l’esame – come pretenderebbe, invece, la ricorrente – al solo profilo formale ed esterno della regolarità “documentale” della domanda.

4.2 Il secondo motivo è invece inammissibile per come formulato.

Il motivo si sostanzia nella richiesta di un sindacato di fatto, atteso che si limita a postulare che la valutazione della corte d’appello, in ordine al mancato riferimento al soddisfacimento integrale dei creditori non aderenti nel termine di legge, sarebbe in contrasto con gli elementi di prova già correttamente scrutinati dai giudici del merito (valutazione natante, valutazione credito Iva; sequestro probatorio del natante stesso per il delitto di cui alla L.Fall., art. 228).

Nè è possibile rintracciare la dedotta violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sul punto, è fondamentale ricordare che, secondo la giurisprudenza di vertice di questa Corte (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).

Ciò posto, va osservato come la motivazione impugnata abbia, in realtà esaminato tutti i fatti sopra indicati per realizzare lo scrutinio di realizzabilità dell’accordo, in relazione al profilo della piena soddisfazione dei creditori estranei, avendone fornito, tuttavia, una lettura diversa da quella pretesa dalla società debitrice, che, oggi, invece, pretenderebbe far ripetere alla Corte di legittimità una nuova valutazione dei fatti, attraverso una rilettura degli atti istruttori.

3. Anche il terzo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.

3.1 La ricorrente pretende, di nuovo, una rivalutazione degli elementi di prova, già esaminati, dalla Corte distrettuale per un diverso apprezzamento dello status di insolvenza, profilo quest’ultimo per il quale si assiste, peraltro, nella sentenza impugnata, ad una motivazione congrua e scevra da criticità argomentative.

Ne consegue il rigetto integrale del ricorso.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della curatela controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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