Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11981 del 31/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/05/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 31/05/2011), n.11981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4646-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

G.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 218/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 14/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI BRUNO, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

1. Con sentenza n. 218/18/04, depositata il 14.12.04, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia accoglieva l’appello proposto da G.S. avverso la sentenza di primo grado, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dal contribuente nei confronti dell’avviso di accertamento notificatogli dall’Ufficio IVA di Giarre, per il recupero di imposta relativa all’anno 1990, a fronte della presentazione di dichiarazione integrativa ai sensi della L. n. 413 del 1991, seguita da pagamento parziale degli importi dovuti.

2. Il giudice di appello riteneva, invero, che il mancato pagamento integrale delle rate non comportasse, di per sè, l’inefficacia del condono, in mancanza di iscrizione a ruolo delle somme dovute, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 39.

3. Per la cassazione della sentenza n. 218/18/04, hanno proposto ricorso – nei confronti di G.S. – il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando due motivi. L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

1. Osserva, in via pregiudiziale, la Corte che il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva dell’amministrazione ricorrente. Ed invero, va osservato che, qualora – come nel caso di specie – al giudizio di appello abbia partecipato solo l’Agenzia delle Entrate – succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze nel giudizio di primo grado, ossia in epoca successiva all’1.1.01, data nella quale le Agenzie sono divenute operative in forza del D.Lgs. n. 300/99 – e il contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, o addirittura – come nella specie – abbia instaurato il contraddittorio soltanto nei confronti di quest’ultimo, deve ritenersi verificata, ancorchè per implicito, l’estromissione del Ministero delle Finanze dal giudizio. Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva (cfr., tra le tante, Cass. 24245/04, 6591/08).

2. Passando, quindi, all’esame dei motivi di ricorso, va rilevato che, con la prima censura, l’Agenzia delle Entrate deduce l’omessa motivazione e indicazione delle ragioni di diritto della decisione del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, n. 4 ed – in via gradata – l’insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

2.1. Sostiene, invero, l’amministrazione ricorrente che l’impugnata sentenza sarebbe fondata su una motivazione “meramente apparente e, a tutto voler concedere, gravemente carente”, essendosi la CTR limitata ad invocare una circolare dell’amministrazione finanziaria, senza peraltro indicare in qual modo la dichiarazione integrativa, presentata dal contribuente ai sensi della L. n. 413 del 1991, fosse da considerarsi – in forza di detta circolare – ancora valida ed efficace, pure in mancanza di un integrale r pagamento delle rate di condono.

2.2. Il motivo è infondato e va disatteso.

2.2.1. Ed invero, secondo il costante insegnamento di questa Corte, sussiste il vizio di omessa motivazione della sentenza rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, nell’ipotesi in cui il giudice di merito ometta del tutto di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, in modo da evidenziare il percorso argomentativo seguito (Cass. 16762/06, 16581/09). Il vizio di insufficiente motivazione ricorre, invece, quando dalla sentenza emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero, condurre ad una diversa decisione, oppure quando si evinca, dal percorso argomentativo seguito dal giudicante, l’obiettiva deficienza del procedimento logico che ha indotto il giudice del merito al suo convincimento, sulla scorta degli elementi acquisiti nel giudizio (per tutte, Cass. 2272/07, 828/07, 1014/06).

2.2.2. Ciò posto, a giudizio della Corte, il dedotto vizio di motivazione non può ritenersi sussistente nel caso concreto, atteso che l’impugnata sentenza contiene l’indicazione – ancorchè sintetica, ma nondimeno sufficientemente esplicativa – delle ragioni sulle quali il decisum si fonda.

La ratio decidenti dell’impugnata sentenza appare incentrata, invero, – al di là del riferimento alla Circolare Ministeriale, menzionata a mero corredo e supporto ulteriore della decisione – sulla considerazione, fondata su una precisa norma di legge (L. n. 413 del 1991, art. 39 espressamente citato in motivazione), che il mancato pagamento delle rate non comporta di per sè l’inefficacia della dichiarazione integrativa e la decadenza del contribuente dal condono. L’amministrazione, invero, ad avviso del giudice di appello, in caso di inadempienza del contribuente nel pagamento delle somme dovute, deve iscrivere gli importi non pagati a ruolo; ed il contribuente può ancora pagarli, sanando l’inadempienza ed evitando la decadenza dal condono.

E su tali argomentazioni – come si vedrà, altresì condivisibili nel merito – l’impugnata sentenza appare esaustivamente fondata.

3. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 51, comma 8 e art. 39, commi 3 e 4 nonchè l’insufficiente e illogica motivazione su punti decisivi della controversia.

3.1. l’Ufficio si duole, invero, del fatto che la CTR abbia inteso le disposizioni suindicate nel senso che esse sanciscano, in ogni caso, che le somme non pagate, a seguito della dichiarazione integrativa L. n. 413 del 1991, ex artt. 49 e 50 debbano venire iscritte a ruolo, laddove l’art. 51, comma 8 della stessa legge si limiterebbe a stabilire -secondo l’Agenzia ricorrente – che, qualora l’iscrizione vi sia stata (“in tal caso”, recita, infatti, la norma), affinchè la dichiarazione integrativa resti efficace, il contribuente deve effettuare regolarmente il pagamento delle somme iscritte a ruolo.

In altri termini, ad avviso dell’amministrazione, a prescindere dall’iscrizione, o meno, a ruolo delle rate di condono non pagate, il contribuente dovrebbe provvedere a pagare gli importi dovuti, derivandone indefettibilmente, in mancanza, la decadenza dal beneficio del condono.

3.2. Anche tale motivo di ricorso è infondato e deve essere disatteso.

3.2.1. Ed invero, ad avviso della Corte, l’impugnata sentenza oblitera del tutto la prima parte della L. n. 413 del 1991, art. 51, comma 8 laddove prevede che l’omesso o insufficiente pagamento nei termini delle somme dovute per il condono fiscale, conseguente alle dichiarazioni integrative della L. n. 413 del 1991, ex artt. 49 e 50 “comporta l’iscrizione a ruolo” dell’imposta , della soprattassa D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 44 e degli interessi di mora, al tasso previsto dalla legge.

Dal chiaro ed inequivoco tenore letterale della norma si evince, pertanto, a giudizio della Corte, che in caso di mancato o insufficiente versamento delle somme dovute per il condono ex L. n. 413 del 1991, l’ufficio deve in ogni caso iscrivere a ruolo gli importi prescritti, ai sensi degli art. 39, comma 4 e art. 51, comma 8 della Stessa Legge. Ne discende che, soltanto nel caso in cui il pagamento della somma dovuta in base alla dichiarazione integrativa non sia stato effettuato neppure a seguito dell’iscrizione a ruolo disposta ai sensi delle disposizioni suindicate e, comunque, prima dell’azione esecutiva, ai sensi della L. n. 146 del 1998, art. 18 la definizione della pendenza tributaria rimane priva di effetto e l’amministrazione può esercitare l’azione di accertamento in riferimento a tutti i periodi che formano oggetto del condono, i cui benefici vengono, quindi, a cessare definitivamente (cfr. Cass. 15172/06, 27223/06, 6620/02).

3.2.2. Orbene, nel caso di specie, dallo stesso ricorso dell’Agenzia delle Entrate (p. 1), nonchè dall’impugnata sentenza, si desume con chiarezza che l’iscrizione a ruolo delle somme non pagate dal G. non è stata effettuata, avendo l’Officio provveduto a notificare direttamente al medesimo il relativo avviso di accertamento. E pertanto, per i motivi esposti, l’amministrazione non avrebbe potuto emettere nei confronti del contribuente direttamente l’atto impositivo – che è da ritenersi, di conseguenza, del tutto illegittimo – senza avere prima il provveduto ad iscrivere a ruolo le somme dovute, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 39, comma 4 e art. 51, comma 8 ed avere consentito al contribuente di adempiere, sia pure tardivamente, il debito di imposta.

Sicchè la decisione di appello, che ha ritenuto, nella specie, il condono ancora valido ed efficace, non merita censura alcuna da parte di questa Corte.

4. Per tutte le ragioni suesposte, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate non può che essere integralmente rigettato.

5. Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze; rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, della Sezione Tributaria, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2011

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