Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11977 del 17/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 17/05/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 17/05/2010), n.11977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MAGNA

GRECIA 84, presso io studio dell’avvocato D’ANGELO DANILO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SALVADORI ANTONIO,

giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1410/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 27/10/2005 r.g.n. 1257/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

udito l’Avvocato SALVADORI ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La signora I.A. (o N.) ha chiesto il riconoscimento della qualità di invalida civile e del relativo assegno da una decorrenza anteriore rispetto a quella che le era stata attribuita, e il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità di accompagnamento, con condanna dell’Inps all’erogazione delle prestazioni e degli arretrati con gli interessi e la rivalutazione monetaria.

Il giudizio veniva svolto in contraddittorio con l’alloro Ministero del Tesoro e dell’Inps, ed, espletata l’istruttoria, il giudice condannava l’Inps ad erogare l’indennità di accompagnamento, ma con decorrenza del 15 giugno 2001, e non dalla data, meno ravvicinata, richiesta; respingeva, invece, l’altra richiesta della I. di riconoscimento dell’assegno mensile di invalidità civile dall’agosto 1992.

Con sentenza n. 1410/2005, depositata in cancelleria il 27 ottobre 2005, la Corte d’Appello di Firenze accoglieva parzialmente l’impugnazione dell’assistita, e condannava l’Istituto assicuratore ad erogarle l’assegno mensile di invalidità civile dal primo maggio 1999 e l’indennità di accompagnamento da primo marzo del 2000, sempre con gli accessori.

Avverso la sentenza di appello – che, secondo quanto risulta dall’attestazione presente in calce alla copia in atti, è stata notificata il 10 marzo 2006, all’Inps in Livorno presso il suo legale rappresentante – l’Istituto assicuratore ha proposto ricorso per cassazione, con un motivo, notificato il 20 ottobre 2006. L’intimata signora I. ha resistito con controricorso notificato, in termine, il 27 novembre 2006, resistendo nel merito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nell’unico motivo di impugnazione l’Istituto assicuratore lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c..

Rileva preventivamente che il proprio ricorso doveva considerarsi tempestivo, perchè le notifiche (secondo la sua stessa indicazione due, rispettivamente del 2 dicembre 2005 e 10 marzo 2006) della sentenza impugnata effettuate dalla controparte non erano tali da comportare la decorrenza del termine breve di cui all’art. 326 c.p.c., perchè non effettuate presso il procuratore dell’istituto costituito in appello.

Nel merito, la signora I. aveva richiesto, nelle proprie conclusioni di appello, il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità dal primo agosto 1992 e dell’indennità di accompagnamento dal 15 giugno 1999 (anzichè dalle date più ravvicinate indicate dal giudice di Livorno) e, per l’effetto, la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze e/o dell’Inps a corrispondere le prestazioni con gli accessori.

Invece, sulla base delle risultanze peritali, la sentenza di appello aveva condannato l’Istituto assicuratore a corrispondere l’assegno di assistenza dal primo giugno 1999. Vi era stato dunque vizio di ultrapetizione.

2. Il ricorso è infondato e non può che essere rigettato.

Va premesso, per chiarezza, che non è oggetto di discussione la tempestività dell’atto d’appello dell’Inps, e neppure quella del ricorso per cassazione, che appare tempestiva, in quanto la notificazione della sentenza d’appello, fatta all’Inps, in Livorno “presso il suo legale rappresentante”, e non nel domicilio eletto, non appare idonea a provocare la decorrenza del termine breve per l’impugnazione.

Nel merito il ricorso è infondato.

La contestazione svolta dall’Istituto assicuratore è del tutto generica, e comunque priva di riscontro nei fatti materiali accertati in sentenza; nè, infine, si basa si basa su specifiche argomentazioni in diritto.

La sentenza d’appello ha raccolto soltanto parzialmente le domande della signora I., riconoscendo a questa ultima i benefici richiesti soltanto a partire da decorrenze successive rispetto a quelle indicate dall’interessata nelle proprie conclusioni.

In particolare la signora I. aveva chiesto nelle proprie conclusioni l’attribuzione dell’indennità di accompagnamento dal 25 giugno 1999, mentre la sentenza impugnata gliela ha riconosciuta soltanto dal primo marzo 2000.

Un accoglimento parziale di questo genere, di una parte soltanto rispetto all’intero richiesto, non comporta in nessun modo una violazione della disposizione dell’art. 112 c.p.c.; nè la comporta la l’indicazione soltanto del termine iniziale, e non del termine finale, di decorrenza dell’assegno mensile di assistenza.

In realtà una prestazione previdenziale di questo tipo, legata alla vita ed allo stato di salute della persona assicurata, è attribuita necessariamente a tempo indeterminato (fino al decesso del soggetto, oppure invece ad un miglioramento delle sue condizioni di salute che renda ingiustificato il mantenimento del beneficio); si deve ritenere perciò che sia richiesta a tempo indeterminato tutte le volte che non sia espressamente indicato un termine contrario.

In conclusione il ricorso è infondato e non può che essere rigettato.

Le spese, liquidate così come in dispositivo, seguono la soccombenza in danno del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese che liquida in Euro 12,00 oltre ad Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2010

 

 

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