Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11977 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 06/05/2021, (ud. 12/02/2021, dep. 06/05/2021), n.11977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22248/2013 R.G. proposto da:

P.R., rappresentato e difeso dall’avv.to Cesare Sansoni,

elett. dom. presso lo studio del medesimo, in Roma, via Ugo De

Carolis 101;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 123/14/13, depositata il 27 febbraio 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/10/2020 –

12 febbraio 2021 dal Consigliere Adet Toni Novik.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– P.R. (di seguito, il contribuente) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio (CTR), depositata il 27 febbraio 2013, di reiezione dell’appello avverso la sentenza di primo grado che ne aveva respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’avviso di accertamento per Irpef, Iva e Irap, relativo all’anno di imposta 2006;

– dall’esame della sentenza di appello e del ricorso si evince che l’Ufficio aveva rettificato il reddito dichiarato dal contribuente, titolare di impresa artigiana (non altrimenti specificata), in relazione a versamenti e prelevamenti ritenuti non giustificati, e recuperato a tassazione le imposte non versate;

– nel disattendere le censure difensive, la CTR rilevava che: l’incompletezza dell’avviso di accertamento, mancante di alcune pagine, non aveva impedito al contribuente di svolgere adeguatamente le proprie difese; – l’invito al contraddittorio non era obbligatorio; – il contribuente non aveva dimostrato che le movimentazioni bancarie alla base dell’accertamento non erano riferibili ad operazioni imponibili, essendosi limitato ad “affermare genericamente che non potevano essere considerati quali ricavi di competenza del 2006 i movimenti di mera riscossione di fatture registrate è già assoggettati a tassazione nel 2005; nè appare idonea, ai fini probatori, la frammentaria ed incompleta documentazione prodotta, consistente in alcuni assegni a saldo di fatture del 2005 e 2006, poichè da soli non appaiono sufficienti a giustificare la movimentazione bancaria rilevata dall’ufficio”;

– il ricorso è affidato a quattro motivi;

– l’Agenzia delle Entrate non si è costituita tempestivamente, limitandosi a depositare atto con cui ha chiesto di poter partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia “mancato invito ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” ribadendo di non aver mai ricevuto nessuna richiesta di chiarimenti e che l’ufficio non aveva dimostrato di aver richiesto detti chiarimenti;

– il motivo è inammissibile;

– sussiste omessa motivazione, “quando il giudice di merito omette di indicare nella sentenza gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logico-giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento (Cass. n. 890/2006, Cass. n. 1756/2006, Cass. n. 2067/1998); quando invece esso fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012), la censura richiede la proposizione dell’appropriato mezzo di impugnazione (violazione di norma di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ovvero vizio logico della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) ricorrente quando il Giudice di merito abbia ritualmente pronunciato su tutta la domanda/eccezione – se pure erroneamente -).

– Con il secondo motivo di ricorso, il contribuente deduce “nuove eccezioni proposte nel ricorso di II grado ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, sul rilievo che la CTR non avrebbe deciso su tutti i punti e motivi formulati, avendo ritenuto inammissibili le nuove eccezioni proposte;

– il motivo è del tutto pretestuoso; da nessuna parte della sentenza impugnata si ricava che siano state dichiarate inammissibili per novità le eccezioni difensive proposte, nè il ricorrente indica a quali di esse non sia stata data risposta.

– Con il terzo motivo di ricorso, il contribuente deduce “accertamento incompleto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, sul rilievo che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che la mancanza di alcune pagine dell’avviso di accertamento notificato non comportava la nullità del medesimo, in particolare, per l’impossibilità di effettuare una difesa completa;

– il motivo è inammissibile;

– questa Corte ha affermato il principio secondo cui “la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza della denunciata violazione. Sicchè una violazione che non abbia alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico, non può costituire oggetto di motivo di ricorso. Ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. n. 5837/1997; Cass. n. 13373/2008; Cass. n. 6330/2014; Cass. n. 26831/14; Cass. n. 11354/16);

– correttamente la sentenza impugnata ha affermato che, a tacere dell’assenza di una formale eccezione, le pagine mancanti ed il refuso riscontrato alla pagina 6 “non rendevano incomprensibile l’avviso impugnato, tanto che il ricorrente in primo grado ha dimostrato di aver ben compreso il contenuto sostanziale dell’avviso di accertamento, esercitando compiutamente ed ampiamente il suo diritto di difesa”.

– Con il quarto motivo eccepisce “movimenti bancari ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, affermando di aver dimostrato, “con idonea e copiosa documentazione, tra cui fotocopie di assegni di clienti, che dette movimentazioni erano a fronte di movimenti di mera riscossione di fatture registrate e già assoggettati a tassazione del 2005 – 2006. Infatti le fotocopie degli assegni sono riferibili ai clienti per i quali sono state emesse le relative fatture.”;

– occorre premettere che, dopo il deposito del ricorso per cassazione, è stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale 24 settembre 2014, n. 228, che ha rilevato la contrarietà della presunzione posta dall’art. 32 u.p., comma 1, n. 2, e dell’inversione dell’onere probatorio che ne discende al principio di ragionevolezza e di capacità contributiva, ritenendo “arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”, dichiarando, quindi, l’illegittimità costituzionale della sopra riportata disposizione “limitatamente alle parole “o compensi””;

– in coerente applicazione della decisione della Corte Costituzionale, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è venuta meno, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale, limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti – cfr. Cass. n. 16697/2016, Cass. n. 3628/2017 – ricadendo, quindi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal lavoratore autonomo o dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi;

– orbene, tenuto conto che l’accertamento è stato emesso nei confronti di una persona fisica, soggetta ad Irpef (come si ricava indirettamente dall’intestazione della sentenza impugnata), e non di una impresa, deve ritenersi che il contribuente sia titolare di un reddito di lavoro autonomo;

– avendo quindi l’accertamento coinvolto indistintamente i versamenti e i prelevamenti non giustificati è necessario distinguere la ripresa fondata sui versamenti da quella sui prelevamenti: va infatti rilevato che gli effetti della norma dichiarata incostituzionale incontrano il limite dei rapporti esauriti in modo definitivo ed irrevocabile per avvenuta formazione del giudicato o per essersi comunque verificato altro evento cui l’ordinamento ricollega il consolidamento del rapporto, mentre si estende a tutti gli altri rapporti (Sez. III, n. 9329/2010, Rv. 612703). La citata sentenza della Corte Costituzionale, pertanto, trova applicazione anche nel presente procedimento, in quanto il rapporto processuale non si è ancora esaurito. Inoltre, trattandosi di una questione di diritto, può essere rilevata d’ufficio, senza necessità di preventiva prospettazione della questione alle parti, perchè la regola di cui all’art. 384 c.p.c., comma 3, si riferisce soltanto all’ipotesi in cui la Corte ritenga di dover decidere nel merito (Cass. 20 luglio 2011, n. 15964, in motivazione, “Ne consegue che il potere di rilevazione di questioni d’ufficio al di fuori di tale ipotesi deve ritenersi esercitabile senza la procedimentalizzazione di cui al comma 3, in discorso. Così nel caso di cassazione senza rinvio (art. 382 c.p.c., comma 3), come nel caso di cassazione con rinvio”.)

– in conseguenza di quanto sopra rilevato, quanto ai versamenti, il motivo deve essere dichiarato inammissibile;

– va infatti ribadito che in materia di accertamento conseguente ad indagine bancaria regolamentato del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, incombe sul contribuente l’onere di provare, rispetto alla presunzione legale emergente dai dati delle movimentazioni bancarie, che detti elementi non siano riferibili ad operazioni imponibili, in particolare che i versamenti siano registrati in contabilità, mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti;

– trova, quindi applicazione il principio per cui l'”errore di diritto” nell’attività di giudizio consiste esclusivamente nella inesatta o errata individuazione od interpretazione della norma (o della fattispecie astratta in essa considerata) che deve essere applicata al rapporto come esattamente cognito nei suoi. elementi fattuali, ovvero in un errore di sussunzione (che si verifica quando i fatti come oggettivamente rilevati non appaiono riconducibili alla fattispecie astratta contemplata dalla norma, ovvero pur essendo a quella riconducibili vengono tuttavia regolati dal Giudice sulla base di effetti giuridici diversi da quelli considerati dalla norma applicata). Nel caso in esame, avendo la CTR, con giudizio di fatto, ritenuto generiche ed inidonee a giustificare le movimentazioni bancarie le difese proposte dal contribuente, ne consegue che, sotto la veste della violazione di legge, con il motivo di ricorso si viene a censurare la valutazione delle prove compiute dalla CTR;

– a diversa conclusione deve invece giungersi quanto ai prelevamenti per i quali, non operando più nei confronti dei lavoratori autonomi la presunzione posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, 1 comma, n. 2, è necessaria la dimostrazione da parte dell’ufficio che essi siano riferibili ad operazioni imponibili, fiscalmente rilevanti;

– spetta quindi alla CTR, accertato che effettivamente il contribuente è un lavoratore autonomo, rivalutare la prova fornita dall’ufficio, fermo restando che ben potrà il giudice giungere alla stessa conclusione con un diverso percorso motivazionale, non più fondato sulla presunzione legale.

PQM

La Corte, riconvocatasi nell’udienza del 15/2/2021, così decide: decidendo sul ricorso cassa la sentenza impugnata nei limiti di cui alla motivazione e rinvia alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

 

 

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