Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11971 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. III, 19/06/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 19/06/2020), n.11971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27939-2019 proposto da:

D.I., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ELISA SFORZA;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE ROMA;

– intimata –

nonchè contro

MINISTERO DELL’INTERNO 80185690585 in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 778/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/03/2020 dal Consigliere Dott. DELL’UTRI MARCO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

D.I. cittadino senegalese, ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento D.I. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Bologna, che ha riconosciuto, in favore del ricorrente, la richiesta protezione internazionale nella forma dello status di rifugiato o con ordinanza in data 10/4/2017;

tale ordinanza, appellata dal Ministero dell’Interno, è stata riformata dalla Corte d’appello di Bologna con sentenza in data 11/3/2019, con la quale ha integralmente disatteso la domanda dell’originario ricorrente;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) dell’assenza di attendibilità del relativo racconto; 2) della mancata deduzione di elementi di fatto suscettibili di sostanziare, tanto i presupposti concreti della domanda di protezione sussidiaria, quanto gli estremi di fatto idonei a giustificare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da D.I. con ricorso fondato su due motivi;

il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa;

considerato che:

col primo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha ritenuto inattendibile il proprio racconto, trascurando altresì l’esame delle circostanze analiticamente richiamate in ricorso;

il motivo è inammissibile;

osserva al riguardo il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero richiedente l’accertamento dei presupposti per la protezione internazionale, mentre costituisce, di regola, un apprezzamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice del merito, è censurabile in cassazione, sotto il profilo della violazione di legge, in tutti casi in cui la valutazione di attendibilità non sia stata condotta nel rispetto dei canoni legalmente predisposti di valutazione della credibilità del dichiarante (così come formalmente descritti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5);

detta valutazione di credibilità deve ritenersi altresì censurabile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549 – 01);

nel caso di specie, fermo l’oggettivo rilievo della congruità logica del discorso giustificativo articolato nel provvedimento impugnato, varrà considerare come il ricorrente abbia propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle occorrenze di fatto asseritamente dalla stessa trascurate (con particolare riferimento all’insieme delle circostanze indicate in ricorso), e che avrebbero al contrario (in ipotesi) condotto a una sicura diversa risoluzione dell’odierna controversia;

osserva il Collegio, al riguardo, come, attraverso le odierne censure, il ricorrente altro non prospetti se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità, dovendo in ogni caso ritenersi che la motivazione dettata dal giudice a quo a fondamento della decisione impugnata sia (non solo esistente, bensì anche) articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo giudice a quo dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, dei contenuti ascrivibili al racconto dell’odierno ricorrente e del grado della relativa attendibilità in conformità ai parametri di valutazione legalmente stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e sulla base di criteri interpretativi e valutativi dotati di piena ragionevolezza e congruità logica;

l’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente;

col secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione, da parte del giudice a quo, del c.d. dovere di cooperazione istruttoria in relazione alla proposta domanda di protezione sussidiaria, nonchè nella parte in cui ha rigettato la domanda di protezione umanitaria, senza tener conto delle condizioni di criticità sociale ed economica del paese di provenienza, nonchè del percorso di integrazione da lui intrapreso nel nostro Paese;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come, sulla base del consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione internazionale, l’attenuazione del principio dispositivo derivante dalla “cooperazione istruttoria”, cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell’allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, ma la prova, con la conseguenza che l’effettiva osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda (Sez. 1, Sentenza n. 3016 del 31/01/2019, Rv. 652422 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27336 del 29/10/2018, Rv. 651146 – 01);

nel caso di specie, la corte territoriale ha evidenziato come l’odierno ricorrente, al di là della ritenuta non credibilità del relativo racconto di vita, ha del tutto omesso di fornire gli elementi di fatto suscettibili di sostanziare, tanto i presupposti concreti della domanda di protezione sussidiaria avanzata in via subordinata, quanto gli estremi di fatto idonei a fondare la necessaria valutazione comparativa tra la situazione esistenziale attualmente vissuta in Italia e quella cui il ricorrente sarebbe esposto in caso di ritorno nel proprio paese di origine, con la conseguente impossibilità di operare alcuna valutazione circa l’effettivo ricorso di una concreta condizione di vulnerabilità dell’istante (connessa alla perdurante necessità di non compromettere l’ambito minimo di contenuto dei diritti fondamentali allo stesso inderogabilmente spettanti) suscettibile di giustificare il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi di carattere umanitario;

sulla base delle considerazioni che precedono, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;

non vi è luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese di lite, non avendo il Ministero intimato svolto difese in questa sede;

sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, art. 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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