Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11971 del 17/05/2010

Cassazione civile sez. III, 17/05/2010, (ud. 14/04/2010, dep. 17/05/2010), n.11971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31182/2006 proposto da:

CAMST COOPERATIVA ALBERGO MENSA SPETTACOLO TURISMO SCRL (OMISSIS)

in persona del Presidente e rappresentante pro tempore Sig. G.

P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTANELLI 11, presso

lo studio dell’avvocato ANDRIOLA Alessandro, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCIA MARIO con procura speciale

del Notaio Dott. LUIGI MORUZZI in Bologna il 31/10/2007 Repertorio N.

140553;

– ricorrente –

contro

MAREL II DI CASTALDINI ELIO GIACOMO & C. SAS (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F CORRIDONI 15 SC A 1, presso

lo studio dell’avvocato AGNINO Paolo, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DONGO CARLO con delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 840/2006 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

Sezione Prima Civile, emessa il 7/06/2006; depositata il 12/08/2006;

R.G.N. 1400/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/04/2010 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato ALESSANDRO ANDRIOLA;

udito l’Avvocato PAOLO AGNINO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per la inammissibilità’ e il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 15 gennaio 2002 il Tribunale di Genova, accertata la risoluzione consensuale alla data del 5 marzo 1993 del contratto di locazione relativo ad un capannone intercorso tra Marel II di Castaldini Elio Giacomo e C. S.a.s. e la CAMST – Cooperativa Albergo Mensa Spettacolo e Turismo S.c.r.l.r condannava la Marel a restituire alla conduttrice canone locatizio, accessori e spese dal 5 al 31 marzo 1993, mentre rigettava la domanda di risarcimento danni.

Con sentenza in data 7 giugno – 12 agosto 2006 la Corte d’Appello di Genova respingeva il gravame della CAMST. La Corte territoriale osservava per quanto interessa; non sussisteva l’addotta inidoneità dell’immobile locato all’uso pattuito in quanto la sua destinazione particolare non aveva formato oggetto di specifica pattuizione; anzi, una clausola contrattuale dava atto dell’idoneità del locale all’uso convenuto.

Avverso la suddetta sentenza la CAMST ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati con successiva memoria.

La Marel ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre premettere che ai ricorsi proposti contro le sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione di norme di diritto in rapporto al combinato disposto degli artt. 1575 e 1578 c.c. e D.P.R. 22 aprile 1994, n. 426, art. 4.

Le argomentazioni fanno esplicito riferimento al contratto di locazione inter partes, peraltro senza assolvere al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

Il quesito finale richiede una valutazione della rilevanza di una circostanza di fatto attinente al caso di specie piuttosto che postulare l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate.

Le argomentazioni addotte a sostegno non colgono nel segno. E’ vero che il locatore deve mantenere il bene in stato da servire all’uso convenuto e garantirne il pacifico godimento e, quindi, in linea di principio, spetta al medesimo procurarne il certificato di usabilità, ma è altrettanto vero che non si verte in tema di norme imperative, per cui sono consentite pattuizioni in deroga.

La Corte territoriale ha, dunque correttamente, fatto leva sulla clausola n. 9 del contratto di locazione con la quale il conduttore, dato atto dell’idoneità dell’unità immobiliare, si assumeva tutti gli oneri attinenti alla sua utilizzabilità esonerando il locatore da qualsiasi responsabilità al riguardo.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia. La censura riguarda soprattutto l’interpretazione di una clausola contrattuale (la già citata clausola n. 9) e poi anche del comportamento delle parti. Ne consegue che trattasi di argomentazioni che attengono al merito.

Ma, soprattutto, la doglianza risulta priva della chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione e non contiene un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

Pertanto il ricorso va rigettato con aggravio per la parte soccombente delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2010

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