Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11969 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 06/05/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 06/05/2021), n.11969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8642/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

P. & C. Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Sandro

Lattanzi, presso il quale è domiciliata in Roma, Via Sicilia n. 66,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 24/21/12, depositata in data 8 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2020

dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Giovanni Giacalone, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale, assorbito quello incidentale.

Udito l’Avv. dello Stato Barbara Tidore per l’Agenzia delle entrate,

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

P. & C. Srl impugnava l’avviso di accertamento integrativo con cui l’Agenzia delle entrate, a seguito di verifiche bancarie e successivamente alla definizione di un primo avviso mediante adesione, aveva rideterminato il maggior reddito d’impresa, per Iva, Irpeg e Irap per l’anno 2002, e ripreso a tassazione le imposte non versate, contestando la natura induttiva dell’accertamento e la fondatezza della pretesa erariale.

La Commissione tributaria provinciale di Roma disponeva CTU contabile – in relazione ai cui esiti la contribuente eccepiva l’invalidità dell’avviso per violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 2, comma 4, – ed accoglieva in parte il ricorso, riducendo l’entità delle somme dovute.

La sentenza era parzialmente riformata dal giudice d’appello che riduceva ulteriormente l’ammontare della pretesa, ritenendo esenti Iva le somme versate dagli acquirenti delle vetture al momento dell’ordine perchè caparre.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi. P. & C. Srl resiste con controricorso, proponendo altresì ricorso incidentale condizionato con tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Non sussiste, in primo luogo, la dedotta violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, per “la spillatura” degli atti, sì da far qualificare il ricorso come “farcito”. L’Ufficio, infatti, si è limitato a riprodurre gli atti strettamente pertinenti alla disamina delle questioni, intervallandoli con una congrua e adeguata descrizione e analisi critica, così da svolgere una funzione integrativa e non già sostitutiva degli elementi essenziali del ricorso stesso (v. Cass. n. 21297 del 14/10/2011; Sez. U, n. 4324 del 24/02/2014).

2. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 53, e art. 342 c.p.c., per aver la CTR ritenuto infondato “per difetto di autosufficienza il tenore della censura” proposta dall’Ufficio con il gravame “che riporta a frasi virgolettate, con varie interpolazioni, non consente di distinguere le critiche della ricorrente dalle considerazioni espresse nella CTU”.

In sostanza l’Ufficio lamenta che il giudice d’appello si sia limitato a valutare, da un lato, la completezza, in punto di riproduzione degli atti di merito, della doglianza, e, dall’altro, l’asserita coerenza della sentenza di primo grado impugnata, omettendo, però, ogni disamina delle questioni di merito.

2.1. Il motivo è fondato, dovendosi, per contro, disattendere le ulteriori eccezioni di inammissibilità dedotte dal controricorrente.

2.2. Va escluso, innanzitutto, che il motivo di ricorso si risolva in un motivo di merito ovvero miri ad un riesame nel merito, investendo, anzi, proprio l’inosservanza del dovere del giudice di procedere all’esame del merito del giudizio.

Nè si pone una questione di autosufficienza per non essere stata riprodotta la consulenza, non ponendosi, in questa sede, una questione di valutazione della CTU ma di inosservanza dei doveri decisori del giudice d’appello.

2.3. Occorre premettere che questa Corte, con principio del tutto consolidato, ha ripetutamente affermato che il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio (ex multis Cass. n. 18777 del 10/09/2020).

Da ciò si è tratta la conseguenza che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formale), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte.

2.4. Tale carattere, inoltre, caratterizza necessariamente i poteri-doveri del giudice e la natura del mezzo: l’appello, nel rito tributario (come anche, del resto, nel rito ordinario), è un mezzo d’impugnazione pienamente devolutivo ed interamente rescissorio, ossia diretto non al mero controllo della decisione di primo grado, ma al pieno e completo riesame della controversia nei limiti in cui questa è stata devoluta al giudice superiore, e – giova ribadirlo – la sentenza del giudice d’appello, sia essa di conferma o di riforma, si sostituisce e si sovrappone totalmente alla sentenza di primo grado sui capi investiti dall’impugnazione, non potendo il secondo giudice limitarsi ad annullare la decisione appellata, ma dovendo invece, in ogni caso, salve le tassative ipotesi di rimessione al primo giudice previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, trattenere la causa e decidere nel merito.

Diversa, invece, è la situazione con riguardo al giudizio di legittimità, che è a critica vincolata e il principio di specificità e completezza del ricorso (previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, con cui il legislatore ha inteso codificare il principio giurisprudenziale dell’autosufficienza del ricorso per cassazione) mira a consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass. n. 31038 del 30/11/2018; Cass. n. 16147 del 28/06/2017; Cass. n. 7455 del 25/03/2013).

2.5. Non si vuole trascurare, invero, la diversa situazione in cui l’atto di appello risulti carente in punto di specificità in violazione dei criteri e principi di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53: ove siano assenti e siano incomprensibili le ragioni di doglianza fatte valere con l’impugnazione, l’atto sarà inammissibile.

Una tale connotazione, tuttavia, è differente dalla “carenza di autosufficienza” (che, come evidenziato, evoca una completezza ed esaustività dell’atto d’impugnazione), ed essa, nella specie (come emerge dalla stessa lettura del ricorso in appello, riprodotto in osservanza – come doveroso in questa sede – del principio di autosufficienza), è in evidenza assente attesa l’ampia e articolata esposizione dell’atto di gravame.

2.5. La CTR, dunque, oltre ad invocare un precedente di questa Corte per nulla pertinente (poichè relativo al giudizio di legittimità), ha statuito in palese violazione del dovere decisorio su essa incombente, essendosi limitata a ritenere la doglianza infondata “per difetto di autosufficienza” e a statuire che “la sentenza impugnata ha compiutamente analizzato l’atto del contendere, in certi punti anche indipendentemente dalle risultanze della consulenza stessa, senza perciò risultare illogica” e che “il giudice di prime cure ha utilizzato la CTU secondo il dettato del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, laddove la consulenza tecnica ha riequilibrato il piano di azione del contribuente rispetto a quello dell’ufficio”, così obliterando che proprio questo era l’oggetto della censura proposta con il gravame.

Ne deriva che, con riguardo alle ulteriori eccezioni della società, va escluso che la CTR abbia deciso anche nel merito: la sentenza impugnata, come evidenziato, non ha proceduto ad alcuna analisi, neppure in via indiretta, delle questioni oggetto del contenzioso; nè, in evidenza, si pone una questione di valutazione delle prove.

E’ palese, poi, che la statuizione è lesiva del diritto di difesa, la cui deduzione emerge chiaramente dalla complessiva censura attesa la mancata disamina del merito delle doglianze in appello.

2.6. La sentenza impugnata, quindi, ha, con errata applicazione dei principi sopra esposti, da un lato rigettato la doglianza dell’Ufficio in base ad un parametro inidoneo, e dall’altro, invece di procedere ad un riesame del merito delle questioni, si è limitata ad un controllo meramente formale ed estrinseco della motivazione di primo grado.

3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente motivazione in ordine al rilievo afferente la riqualificazione delle caparre quali acconti sui prezzi di vendita.

3.1. Il motivo è fondato.

La CTR, difatti, ha accolto il motivo dell’appello incidentale della contribuente affermando che “merita accoglimento il punto relativo alle somme versate dall’acquirente al momento dell’ordine, che si devono considerare a titolo di caparra”, motivazione palesemente inidonea – e al limite dell’apparenza – a far comprendere l’iter logico e fattuale posto a suo fondamento, neppure considerando l’assenza dei contratti di vendita delle autovetture e le stesse conclusioni della disposta CTU.

4. Passando al ricorso incidentale condizionato, il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficienza della motivazione “del rigetto dei rilievi accertativi” e “dell’accoglimento dei rilievi accertativi”. Denuncia, inoltre, l’illegittima natura deduttiva dell’accertamento.

4.1. Il motivo – che, in sostanza, investe parimenti la mancanza di una motivazione da parte della CTR sul merito delle pretese e sulle contrapposte questioni – resta assorbito dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale.

5. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 102 tuir, per non aver tenuto conto, ai fini della ripresa per le imposte dirette, delle perdite pregresse.

5.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

La contribuente deduce l’esistenza di perdite delle annualità precedenti ma non riproduce nè l’avviso di accertamento – da cui esse risulterebbero – nè ulteriori atti che ne evidenzino l’esistenza.

6. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 2, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 4, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, per non aver la CTR dichiarato la nullità dell’avviso pur a fronte del mancato raggiungimento della soglia – come emerso dalla CTU espletata – prevista dalla citata norma per l’ammissibilità di un ulteriore accertamento e per non aver ritenuto l’eccezione ammissibile del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24, essendo stata sollevata non appena depositata dal CTU stessa.

6.1. Il motivo è inammissibile.

Come emerge dallo stesso motivo di ricorso incidentale, la CTP aveva dichiarato inammissibile la doglianza per essere stata sollevata dalla contribuente in sede di memoria.

Tale statuizione di primo grado non è stata oggetto di appello, circostanza che emerge sia dalla sentenza impugnata – che enuncia le ragioni di doglianza della parte (e investe solo l’asserita violazione dell’art. 2, comma 4, cit.) – sia dal controricorso (pagg. 11 e 12) dove la questione non è stata proposta, ferma la necessità, in ogni caso, della puntuale riproduzione dell’eventuale motivo di censura.

6.2. In ogni caso, la doglianza è infondata.

La possibilità di formulare motivi aggiunti ex art. 24 cit., infatti, può avvenire esclusivamente in caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione”.

Va escluso, tuttavia, che la consulenza disposta dalla CTR del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, integri una tale condizione.

La consulenza, infatti, è un mezzo istruttorio e non una prova, mirata a fornire un ausilio alla valutazione del giudice in caso di questioni di particolare complessità tecnica.

Come tale, dunque, è ancorata alle produzioni che le parti abbiano effettuato nel giudizio e, anche ove possa assolvere una funzione di acquisizione probatoria se arricchita con specifiche produzioni, tali elementi, tuttavia, in forza del principio dispositivo, possono refluire solamente su fatti secondari (ossia in termini solo integrativi dell’attività delle parti) e mai sui fatti principali (costitutivi, impeditivi, modificativi ed estintivi), che debbono essere allegati e provati dalle parti nel rispetto delle preclusioni processuali.

Ne deriva che la consulenza si limita a fornire un apporto valutativo per il giudice ma non può costituire il presupposto per formulare nuove domande od introdurre nuove eccezioni, che debbono essere proposte dalle parti sin dall’origine e sicuramente non costituisce ragione per la formulazione di motivi aggiunti del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24.

Gli elementi considerati, del resto, erano già nella disponibilità della contribuente, la quale, dunque, poteva già con l’atto di ricorso, condizionatamente ai riscontri di merito, formulare la relativa eccezione estintiva.

7. In accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle entrate, cui resta assorbito il primo motivo del ricorso incidentale condizionato, mentre vanno dichiarati inammissibili gli altri motivi, la sentenza va cassata, con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale; dichiara assorbito il primo motivo del ricorso incidentale condizionato ed inammissibili gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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