Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11967 del 07/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 07/05/2019, (ud. 16/01/2019, dep. 07/05/2019), n.11967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12878-2017 R.G. proposto da:

MODINT s.r.l., – p. i.v.a. (OMISSIS) – in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, alla

via Tevere, n. 46/A, presso lo studio dell’avvocato Francesco Pala

che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce

al ricorso.

– ricorrente –

contro

PREFETTURA di ROMA – Ufficio Territoriale del Governo di Roma, – c.f.

(OMISSIS) – in persona del Prefetto pro tempore.

– intimato –

avverso la sentenza n. 21882/2016 del tribunale di Roma, udita la

relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2019 dal

consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al giudice di pace di Roma depositato in data 11.5.2012 la “Modint” s.r.l. proponeva opposizione avverso l’ordinanza – ingiunzione n. (OMISSIS) in data 15.3.2012 con cui il Prefetto di Roma aveva respinto il ricorso amministrativo esperito avverso il verbale n. (OMISSIS) in data 14.2.2011 di accertamento di violazione amministrativa.

La Prefettura di Roma – U.T.G. di Roma non si costituiva e veniva dichiarata contumace.

Con sentenza n. 71847/2012 il giudice adito accoglieva l’opposizione, annullava l’ordinanza – ingiunzione e nulla statuiva in ordine alle spese di lite. Proponeva appello la “Modint” s.r.l..

Veniva dichiarata contumace la Prefettura di Roma – U.T.G. di Roma.

Con sentenza n. 21882/2016 il tribunale di Roma dichiarava inammissibile l’appello, siccome tardivamente proposto, e disponeva che nulla era da statuire in ordine alle spese del grado.

Evidenziava – tra l’altro – il tribunale che la gravata decisione era stata depositata in data 22.10.2012, non era stata notificata e l’appello era stato spedito per la notifica in data 22.12.2014, ben oltre il termine “lungo”.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Modint” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione in ordine alle spese.

La Prefettura di Roma – U.T.G. di Roma non ha svolto difese.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, e art. 24 Cost..

Deduce che in data 22.10.2012 è stata depositata unicamente la minuta della sentenza n. 71847/2012, la cui motivazione viceversa è stata pubblicata telematicamente in data 1.10.2014.

Deduce inoltre che ha errato il tribunale a respingere l’istanza di rimessione in termini; che invero ha dimostrato, alla stregua del certificato storico del fascicolo n. 37986/2010 allegato all’istanza di rimessione, che la decadenza è stata determinata da causa ad essa non imputabile.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92 e 132 c.p.c., e degli artt. 24 e 111 Cost., comma 5.

Deduce, subordinatamente all’accoglimento del primo motivo, che ha errato il giudice di pace, nonostante la soccombenza della Prefettura di Roma, a non disporre la condanna della stessa Prefettura alle spese di primo grado.

Il primo motivo è destituito di fondamento.

Si evidenzia, per un verso, che il primo mezzo è generico, giacchè l’assunto della ricorrente circa la tempestività della sua impugnazione è affidato sic et simpliciter alla prospettazione per cui “solo a far data dal 1.10.2014, la sentenza de qua veniva pubblicata” (così ricorso, pag. 5).

Si evidenzia, per altro verso, che del tutto ingiustificata è la censura, del pari veicolata dal primo mezzo, secondo cui il tribunale non ha compiuto “alcuna indagine sulla effettiva data di conoscibilità della sentenza (di primo grado) per la parte appellante” (così ricorso, pag. 6).

Viceversa, il giudice di seconde cure, sulla scorta dell’insegnamento n. 18569 del 22.9.2016 delle sezioni unite di questa Corte (secondo cui, tra l’altro, qualora il deposito e la pubblicazione della sentenza non coincidano e tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell’impugnazione, il giudice deve accertare – mercè istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione – quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo), ha specificato, da un canto, che spettava in ogni caso alla s.r.l. appellante dar prova della “tempestività della propria impugnazione ovvero dell’impossibilità di conoscenza della sentenza nonostante il suo avvenuto formale deposito” (così sentenza d’appello, pag. 4); ha specificato, d’altro canto, che nell’ottobre del 2012 la sentenza di primo grado risultava depositata in cancelleria e le era stato attribuito il numero di cronologico 71847/2012, sicchè era da ritenere che a tale data fosse pienamente conoscibile dalla società appellante.

Si evidenzia, per altro verso ancora, che la rimessione in termini prevista dall’art. 153 c.p.c., comma 2, (ovvero, in precedenza, dal cit. codice, art. 184 bis), deve essere domandata dalla parte interessata senza ritardo e non appena essa abbia acquisito la consapevolezza di avere violato il termine stabilito dalla legge o dal giudice per il compimento dell’atto (cfr. Cass. 26.3.2012, n. 4841; Cass. 11.11.2011, n. 23561).

Ebbene la rimessione in termini non è stata dalla ricorrente domandata tempestivamente.

Difatti è la medesima “Modint” che riferisce che la sentenza di prime cure è stata pubblicata telematicamente in data 1.10.2014 e che, alla stregua della “mail con la quale il Ministero della Giustizia comunicava l’avvenuto deposito della sentenza” (così ricorso, pag. 5), ebbe in epoca coeva – evidentemente – ad acquisire contezza della “mancata condanna alle spese, avverso la cui mancata concessione si proponeva appello” (così ricorso, pag. 5). E tuttavia l’appello – con il quale ebbe a richiedere la rimessione in termini – è stato spedito per la notifica soltanto in data 22.12.2014.

L’infondatezza del primo motivo di ricorso importa ex se la reiezione del secondo motivo, formulato subordinatamente all’accoglimento del primo.

Del resto con il secondo mezzo la “Modint” si duole e censura la compensazione delle spese del primo giudizio disposta dal giudice di pace.

Il secondo mezzo di impugnazione quindi non attinge il secondo dictum.

La Prefettura di Roma non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va assunta.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la ricorrente sia tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del medesimo D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, “Modint” s.r.l., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2019

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