Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11967 del 06/05/2021

Cassazione civile sez. II, 06/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 06/05/2021), n.11967

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26558/2019 proposto da:

E.E.A., rappresentato e difeso dall’avv. SIMONA

MAGGIOLINI, e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

30/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso proposto da E.E.A. avverso il provvedimento di diniego della sua domanda di protezione, internazionale e umanitaria, emesso dalla Commissione territoriale competente.

Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia E.E.A., affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 16 della Direttiva n. 32/2013/UE e art. 2797 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe fondato il proprio convincimento su una audizione troppo breve del richiedente, che non sarebbe stato posto, concretamente, in condizioni di chiarire le contraddizioni del suo racconto, poi evidenziate dal giudice di merito ai fini della ritenuta non credibilità dello stesso.

La censura è inammissibile.

Il richiedente aveva riferito di essere fuggito dal proprio Paese per sottrarsi al timore di ritorsioni ad opera dei seguaci del partito (OMISSIS), che avevano tentato prima di corromperlo, in quanto egli era un esponente di spicco, a livello locale, del partito opposto (OMISSIS), e poi lo avevano minacciato. La storia è stata ritenuta non credibile, tanto dalla Commissione che dal Tribunale, non soltanto a fronte di alcune contraddizioni nel racconto, ma anche perchè il ricorrente aveva cambiato versione tra la prima audizione, dinanzi alla Commissione, e la seconda, svoltasi davanti al Tribunale.

Ne deriva che al ricorrente è stata assicurata la piena garanzia del diritto di difesa, come declinato del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 10 e 11, poichè, in assenza di videoregistrazione del primo colloquio, è stata fissata l’udienza di comparizione ed è stato anche assicurato un ulteriore ascolto dell’interessato. Il fatto che detto secondo colloquio sia stato breve, come asserisce il ricorrente, non rileva, da un lato in quanto la norma non prescrive una durata minima che il giudice sia tenuto a rispettare, e dall’altro in quanto egli, in quel contesto, ben avrebbe potuto insistere nel riferire al Tribunale tutti gli elementi ritenuti decisivi ai fini del chiarimento della sua storia personale, anche a prescindere da eventuali domande direttamente formulate dal giudice. Nel motivo in esame, peraltro, il ricorrente neppure indica quali elementi egli avrebbe inteso fornire a chiarimento della sua storia, nè dichiara di aver chiesto senza successo che le sue dichiarazioni venissero verbalizzate: il che si traduce in un grave difetto di specificità della doglianza, che finisce per invocare un nuovo esame della storia personale, non consentito in sede di legittimità.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 e l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè il Tribunale avrebbe rigettato la domanda di protezione senza procedere ad un esame della situazione esistente nel Paese di provenienza del richiedente.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e l’omesso esame di fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè il giudice di merito avrebbe omesso di considerare il predetto contesto interno della Nigeria anche ai fini dell’apprezzamento della vulnerabilità del richiedente.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono inammissibili. Il Tribunale, infatti, svolge l’accertamento prescritto dalla legge sul contesto esistente nel Paese di origine del richiedente la protezione, indicando le C.O.I. consultate e le informazioni da esse tratte (cfr. pagg. 10 e 11 del decreto) ed il ricorrente non contrappone a quelle indicate dal giudice di merito alcuna fonte diversa, più specifica o più aggiornata, sulla propria area di provenienza, ma si limita ad una inammissibile critica del percorso argomentativo seguito dal giudice di merito ed a invocare, in definitiva, un mero riesame del giudizio di fatto, estraneo alla natura ed ai fini del giudizio di legittimità (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Il ricorrente richiama infatti soltanto alcuni precedenti di merito, non rilevanti ai fini della decisione del presente ricorso perchè attinenti a fattispecie diverse, e le risultanze del sito “(OMISSIS)”, sulla cui inidoneità a descrivere l’effettiva condizione di vita dei cittadini di un determinato Paese, in quanto le sue risultanze sono destinate all’informazione turistica, questa Corte si è già espressa (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 16202 del 24/09/2012, Rv. 623728).

Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione E.D.U., dell’art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, dell’art. 46 della Direttiva n. 32/2013/UE e dell’art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè nel caso specifico non sarebbe stata assicurata al richiedente una effettiva tutela giurisdizionale.

La censura è inammissibile. Questa Corte, nel precisare che l’audizione rappresenta comunque un momento centrale per la valutazione della credibilità e della coerenza del racconto del richiedente asilo, ha avuto modo di precisare (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21584 del 07/10/2020, Rv. 658982; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22049 del 13/10/2020, Rv. 659115) che del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, vanno interpretati nel senso che, fermo il principio per cui l’obbligo di fissazione dell’udienza non implica automaticamente anche quello di rinnovare l’audizione del richiedente, tuttavia il giudice è tenuto a disporre detta audizione quando:

a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda di asilo (ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 11, lett. c)), poichè in tal caso va assicurato il confronto tra il giudice ed il richiedente, ed il diritto di quest’ultimo di essere ascoltato, su detti nuovi elementi, non preventivamente dedotti ed approfonditi nella fase amministrativa;

b) il giudice ritenga necessaria una nuova audizione, anche in assenza di nuove deduzioni, per acquisire chiarimenti in ordine alle incongruenze e contraddizioni rilevate dalla Commissione nelle dichiarazioni del richiedente asilo (ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 10, lett. a) e b));

c) il ricorso contenga l’istanza del richiedente di essere ascoltato, con la precisazione degli aspetti in ordine ai quali egli intende fornire chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile (ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 11, lett. b)).

Nel caso di specie, al ricorrente è stata pacificamente assicurata non soltanto la fissazione dell’udienza, ma anche un ulteriore colloquio dinanzi l’Autorità giudiziaria, e quindi il suo diritto di difesa è stato assicurato nella massima estensione prevista dalla normativa speciale applicabile.

Il ricorso, in definitiva, va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2021

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