Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11960 del 17/05/2010

Cassazione civile sez. III, 17/05/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 17/05/2010), n.11960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3713/2006 proposto da:

R.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato BUSACCA Diego con delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.B. (OMISSIS);

– intimato –

sul ricorso 4475/2006 proposto da:

R.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SAN LORENZO

IN LUCINA 4, presso lo studio dell’avvocato MONTI ROMOLO,

rappresentalo e difeso dall’avvocato LI CAUSI ANTONINO con studio in

98122 MESSINA Via della Zecca, 13 con delega a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

R.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 111/2004 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

emessa il 22/04/2004; depositata il 12/11/2004; R.G.N. 751-752/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato LI CAUSI ANTONINO;

udito il P.M., in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 19 aprile 1990 R.B. intimava a R.F. sfratto per finita locazione per la data del (OMISSIS), assumendo che il contratto era stato concluso per soddisfare esigenze abitative di carattere provvisorio del conduttore, bancario residente in (OMISSIS) e dislocato momentaneamente a (OMISSIS).

Resisteva il convenuto, che eccepiva la natura abitativa ordinaria del contratto de quo. Evidenziava all’uopo che, contrariamente a quanto ex adverso affermato, la locazione aveva avuto inizio il (OMISSIS).

Con autonomo atto di citazione R.B. intimava al R.F. licenza per finita locazione per la diversa data del (OMISSIS), in relazione allo stesso contratto e allo stesso immobile oggetto dell’altro giudizio, assumendo, questa volta, la destinazione dello stesso a uso abitativo ordinario e non transitorio, L. n. 392 del 1978, ex art. 1, comma 1.

Costituitosi, il conduttore eccepiva la litispendenza nonchè la contraddittorietà del comportamento del locatore.

Con sentenza n. 3287 del giorno 8 giugno 2001, emessa all’esito del primo giudizio, il Tribunale di Messina, accertato che il contratto di locazione stipulato il (OMISSIS) era scaduto il (OMISSIS) successivo, dichiarava cessata la materia del contendere, essendo il rilascio dell’immobile già avvenuto, e condannava il R.F. alla rifusione delle spese in favore della controparte.

Con sentenza n. 3722 del 21 agosto 2001, emessa all’esito del secondo, il medesimo Tribunale, confermata l’ordinanza di rilascio già pronunciata dal Pretore, dichiarava risolto il contratto di locazione alla data del (OMISSIS), condannando il R.F. al pagamento delle spese di causa in favore del R.B..

Contro entrambe tali decisioni proponeva appello il soccombente. Le due cause, riunite dalla Corte per ragioni di connessione, venivano decise all’udienza del 22 aprile 2004 con pronuncia che:

a) in riforma di quella n. 3287 del 2001, rigettava la domanda azionata nel procedimento n. 2252/90, compensando le spese;

b) confermava la sentenza n. 3722 del 2001, emessa nel procedimento n. 2038/92;

c) dichiarava interamente compensate le spese del giudizio di appello.

In motivazione osservava il giudicante, per quanto qui interessa, che la prima decisione era erronea, nella parte in cui aveva ritenuto la sussistenza dell’uso abitativo transitorio in mancanza di qualsivoglia elemento che consentisse tale conclusione. Nella fattispecie era invero ampiamente dimostrato che il conduttore occupava stabilmente, insieme alla famiglia, l’immobile locato e che ivi aveva anche trasferito la propria residenza. In tale contesto la domanda proposta nel giudizio n. 2252/90 del Tribunale andava rigettata anche se, ricorrendo giusti motivi, appariva opportuno compensare integralmente le spese di causa tra le parti.

Con riferimento alla seconda sentenza, rilevava invece il decidente che era priva di fondamento la censura volta a far valere che la decisione era andata ultra o extra petita, per essere stata chiesta, nell’atto introduttivo, la sola convalida della intimata licenza per finita locazione, e nell’atto riassuntivo, invece, anche la declaratoria di risoluzione del contratto. Il rilievo era privo di fondamento, posto che in tanto può essere chiesta la convalida, in quanto il contratto si sia risolto.

Neppure era corretta l’eccezione di litispendenza, essendo diverse le date di scadenza del contratto indicate nell’una e nell’altra domanda, e quindi il relativo petitum.

Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione R. F., articolando sei motivi.

Resiste con controricorso R.B., che propone altresì ricorso incidentale affidato a due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., la riunione dei ricorsi proposti da R.F. e da R.B. avverso la stessa sentenza.

1.1 Col primo motivo l’impugnante lamenta violazione della L. n. 392 del 1978, artt. 30, 46 e 59, nonchè degli artt. 429, 437 e 447 bis cod. proc. civ.. Deduce che erroneamente il Tribunale di Messina aveva pronunciato sulle domande attrici senza osservare il rito speciale, espressamente previsto, a pena di nullità, dalle disposizioni di legge in materia locatizia, con conseguente, insanabile invalidità delle sentenze di primo grado.

1.2 La censura è priva di fondamento.

Questa Corte costantemente ritiene che la doglianza relativa alla mancata adozione di un diverso rito, dedotta come motivo di impugnazione, è inammissibile per difetto di interesse qualora non si indichi uno specifico pregiudizio che dalla sua mancata adozione sia in concreto derivato alla parte che oppone l’eccezione, in quanto l’esattezza del rito non deve essere considerata fine a sè stessa, ma può essere invocata solo per riparare una precisa ed apprezzabile lesione prodotta, sul piano pratico processuale, dal rito seguito (confr. Cass. civ. 13 maggio 2008, n. 11903, nonchè Cass. civ. 23 gennaio 2006, n. 1222, proprio con riguardo al mancato mutamento del rito ordinario nel rito speciale previsto per le controversie in materia locatizia). E nella fattispecie nessun effettivo nocumento ha lamentato il ricorrente, il quale si duole solo dell’astratta violazione delle forme processuali imposte dal legislatore.

2 Si tralascia per il momento l’esame del secondo mezzo, posto che le doglianze con esso prospettate si prestano a essere esaminate insieme a quelle svolte nel sesto motivo del ricorso principale e nel secondo motivo del ricorso incidentale.

3.1 Col terzo motivo R.F. lamenta violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.. Sostiene che erroneamente il decidente avrebbe rigettato l’eccezione volta a far valere che solo in sede di riassunzione, nel giudizio n. 2038/1992, il R.B. aveva chiesto di dichiarare risolto il contratto di locazione. L’assunto secondo cui nella domanda di convalida di licenza per finita locazione deve sempre ritenersi implicita quella di risoluzione, addotto dalla Corte territoriale per escludere la novità di quest’ultima, sarebbe giuridicamente sbagliato.

3.2 I rilievi non hanno pregio.

Secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità (confr. Cass., sez. un., n. 15408/2002), si ha domanda nuova quando gli elementi, dedotti nel corso del giudizio, comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, e quindi della causa petendi, modificando, attraverso l’introduzione di una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere con l’atto introduttivo, l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia.

In tale prospettiva è stato altresì segnatamente affermato che, chiesta la convalida di licenza per finita locazione alla scadenza del contratto, qualora, a seguito dell’opposizione dell’intimato, al procedimento sommario subentri il giudizio nelle forme ordinarie, ai sensi dell’art. 667 cod. proc. civ., non concreta domanda nuova quella che abbia ad oggetto la richiesta di risoluzione del rapporto di locazione per intervenuta sua scadenza, poichè detta domanda costituisce soltanto specificazione dell’originaria richiesta di convalida (confr. Cass. civ. 14 gennaio 2005, n. 674).

Proprio attenendosi a tali principi, pienamente condivisi dal collegio, il giudice di merito, cui spetta l’interpretazione degli atti processuali, a cominciare dall’atto introduttivo del giudizio, ha affermato, con motivazione sintetica ma logica e appagante, che la domanda di risoluzione era implicita in quella di convalida.

4 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro evidente connessione, i successivi due motivi di ricorso, nonchè il primo motivo del ricorso incidentale del R.B..

4.1 Col quarto mezzo il ricorrente deduce violazione dell’art. 39 cod. proc. civ., nonchè del divieto del ne bis in idem, erroneità e contraddittorietà della motivazione. Rileva che l’eccezione di litispendenza tra i due giudizi promossi dal R.B. non poteva essere rigettata, essendovi assoluta identità di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi, di modo che il giudice successivamente adito avrebbe dovuto provvedere ai sensi dell’art. 39 cod. proc. civ..

Col quinto lamenta vizio di motivazione per non avere il giudice di merito rilevato la contraddittorietà del comportamento del R. B. il quale, dopo avere nel primo giudizio sostenuto che il contratto era stato stipulato per soddisfare esigenze abitative di natura transitoria, aveva nel secondo intimato licenza per finita locazione presupponendone contraddittoriamente il carattere ordinario.

Col primo motivo del ricorso incidentale R.B. denuncia invece mancanza e insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia. Sostiene che erroneamente la Corte territoriale avrebbe escluso che il contratto fosse stato stipulato per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio del conduttore, per essere stato dimostrato che questi risiedeva stabilmente nell’immobile fin dal (OMISSIS). Non aveva il decidente considerato che il proprietario aveva disdettato il primo contratto proprio perchè, volendo destinare l’alloggio al figlio, in procinto di sposarsi, aveva interesse a rientrarne in possesso e che la prova testimoniale aveva confermato che lo stesso R.F. desiderava rientrare a (OMISSIS). Aggiunge anche che, per consolidata giurisprudenza del Supremo Collegio, la buona fede del locatore si presume, spettando al conduttore che assume la nullità della clausola di transitorietà, l’onere di dimostrare che la situazione di fatto era conosciuta o conoscibile dalla controparte (Cass. n. 8063 del 1995; n. 4001 del 1995; n. 3298 del 2000).

4.2 Osserva il collegio, quanto alle doglianze del R.F., che l’infondatezza delle censure volte a far valere il malgoverno dei principi processuali in tema di litispendenza e continenza di cause emerge a sol considerare che lo stesso ricorrente riconosce, attraverso la surrettizia evocazione di una pretesa contraddittorietà nel comportamento del R.B., oggetto del quinto motivo, la profonda disomogeneità tra le due domande proposte dal locatore nei suoi confronti, domande che, in quanto basate su diversi parametri normativi e indirizzate a conseguire il rilascio per date non coincidenti, hanno un diverso petitum e una diversa causa petendi. In tale contesto l’invincibile contrasto tra la prospettazione della destinazione dell’immobile locato alla soddisfazione di esigenze abitative di carattere transitorio del conduttore, L. n. 392 del 1978, ex art. 1, comma 2, e quella della durata ordinaria del contratto, mentre nessuna incidenza può avere sulla scadenza naturale della locazione, non valendo certo a prorogarla, si presta semmai ad assumere rilevanza nello scrutinio sulla fondatezza della pretesa di rilascio anticipato dell’alloggio, ancorchè il decidente abbia motivato il suo negativo convincimento attraverso il richiamo ad altri elementi probatori.

E in proposito neppure colgono nel segno le critiche che il ricorrente incidentale muove all’apparato motivazionale col quale la Corte territoriale ha esplicitato le ragioni della scelta decisoria adottata. E’ sufficiente rilevare al riguardo che, riconoscendo di avere locato l’unità abitativa per un solo anno, al fine di poterne più facilmente avere la disponibilità, in caso di matrimonio del figlio, il R.B. ha con ciò stesso ammesso che la locazione per esigenze transitorie rispondeva a sue priorità, piuttosto che ad obbiettive esigenze del conduttore. Infine, e conclusivamente su questo punto, il richiamo agli esiti della prova orale espletata difetta, a tacer d’altro, di autosufficienza, non avendo l’impugnante riprodotto il contenuto delle deposizioni asseritamente non valutate o erroneamente valutate dal giudice di merito (confr. Cass. civ. 28 febbraio 2006, n. 4405).

5 Sciogliendo la riserva fatta innanzi, si vanno ora ad esaminare il secondo e l’ultimo motivo del ricorso principale nonchè il secondo motivo del ricorso incidentale, in quanto relativi tutti al governo delle spese di causa deciso dalla Corte d’appello.

5.1 Col secondo mezzo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente alla compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio, e alla conseguente, residuale condanna del R.F. al pagamento delle spese di primo grado.

Secondo l’impugnante non sarebbero, in particolare, comprensibili le ragioni per le quali siffatta condanna era stata mantenuta ferma, pur avendo il decidente rigettato la domanda “per mancanza dei presupposti legali per lrintimazione dello sfratto”.

5.2 Col sesto motivo il ricorrente principale deduce vizio di motivazione con riferimento alla integrale compensazione delle spese di causa, e alla contestuale condanna residuale dell’appellante al pagamento di quelle di primo grado nel procedimento n. 2038 del 1992, laddove, essendo l’impugnante in larga misura vittorioso nel giudizio di gravame, tutte le spese andavano poste a carico dell’appellato, o quanto meno delle stesse andava disposta la compensazione integrale.

Col secondo mezzo il ricorrente incidentale lamenta invece violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., sostenendo che il R.F., in quanto totalmente soccombente, avrebbe dovuto essere condannato a rimborsargli per intero gli oneri processuali.

5.3 Le esposte doglianze sono destituite di fondamento.

Al riguardo va anzitutto precisato che la Corte territoriale ha ritenuto di dover compensare le spese del giudizio di appello nonchè quelle del giudizio di primo grado definito con la sentenza n. 3287 del 2001, mentre ha confermato la condanna del R.F. al pagamento delle spese del procedimento definito con la sentenza n. 3722 del 2001: e tanto in corrispondenza del rigetto della domanda azionata nell’uno e dell’accoglimento di quella proposta nell’altro.

Ora, tenuto conto che, per pacifica e consolidata giurisprudenza, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, il potere discrezionale del giudice di merito in ordine alla ripartizione del carico delle spese trova un limite solo nel divieto di condannare anche parzialmente al pagamento delle stesse la parte totalmente vittoriosa – nel che sì sostanzia il principio della soccombenza – e nel dovere di rispettare la logica nella motivazione, ove una motivazione sia espressamente enunciata sul punto (confr. Cass. civ. 2 luglio 2008, n. 18173; Cass. civ. 10 giugno 1997, n. 5174), non par dubbio che la decisione adottata in parte qua dal giudice di merito, lungi dal costituire violazione dei criteri dettati dagli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., ne rappresenta coerente e ragionata applicazione. La reciproca e speculare soccombenza delle parti la rende invero immune dai vizi hinc et inde denunciati.

Entrambi i ricorsi devono in definitiva essere rigettati. L’esito complessivo del giudizio consiglia di compensare integralmente tra le parti le relative spese.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2010

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