Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1196 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/01/2017, (ud. 15/12/2016, dep.18/01/2017),  n. 1196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21367/2015 proposto da:

Avv. A.A., rappresentato e difeso da se medesimo,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI SEVERANO 35, presso

lo studio dell’avvocato SILVIO AGRESTI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA TRIBUNALE DI LAGONEGRO;

– intimato –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di LAGONEGRO, depositata il

23/07/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ALBERTO GIUSTI;

udito l’Avvocato A.A..

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 25 luglio 2016, la seguente relazione ex art. 380-bis c.p.c.: “Nell’ambito di un procedimento penale pendente dinanzi al Tribunale di Lagonegro, l’imputato L.B. è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, con l’assistenza del difensore di fiducia Avv. A.A..

Con istanza del 13 giugno 2013, veniva avanzata richiesta di liquidazione dei compensi. Con provvedimento del 13 giugno 2013, il GUP del Tribunale di Lagonegro liquidava in favore dell’Avv. A.A. la complessiva somma di Euro 5.310, oltre IVA e CAP, avuto riguardo all’entità e alla natura dell’impegno professionale in relazione all’attività svolta.

Con successivo provvedimento del 9 luglio 2014, il GUP del medesimo Tribunale d’ufficio disponeva, inaudita altera parte, la parziale revoca del precedente provvedimento, mediante la riduzione del 50% dell’importo ivi liquidato; e ciò dopo avere ricevuto, in data 3 luglio 2014, nota a firma del funzionario delegato alle spese di giustizia della Corte d’appello di Potenza, con la quale si evidenziava che nel liquidare i compensi il Giudice non aveva tenuto conto della riduzione prevista dal D.M. n. 140 del 2012, art. 9.

Avverso detto provvedimento, di parziale revoca del decreto di liquidazione delle competenze professionali, l’Avv. A. ha proposto opposizione.

Il Presidente del Tribunale di Lagonegro, con ordinanza del 23 luglio 2015, ha rigettato l’opposizione, richiamando la norma che impone di decurtare della metà i compensi spettanti al difensore dell’imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

Per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale l’Avv. A. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi.

Il Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato un atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

L’altro intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il primo motivo di ricorso – con cui si deduce che il provvedimento di liquidazione del 13 giugno 2013, essendo divenuto esecutivo, era immodificabile e non revocabile ex officio – appare fondato.

Questa Corte (Sez. 6-2, 2 agosto 2012, n. 13892) ha infatti statuito che il decreto che decide in merito al compenso ha natura decisoria e giurisdizionale e non è suscettibile di revoca (o di modifica) di ufficio, posto che l’autorità giudiziaria che lo emette, salvo i casi espressamente previsti, consuma il proprio potere decisionale. Il potere di revoca (o di modifica) – si è affermato nella citata pronuncia – appare del tutto incompatibile con la previsione (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170) di un termine perentorio concesso alle parti per opporsi al decreto di pagamento. La Corte ha quindi riconosciuto che è estraneo all’assetto del D.P.R. n. 115 del 2002, il conferimento del generale potere di autotutela, tipico dell’azione amministrativa, all’autorità che ha provveduto.

La fondatezza del primo motivo assorbe l’analisi del secondo motivo, relativo al merito della riduzione del compenso della metà.

Il ricorso può essere avviato alla trattazione in Camera di consiglio, per esservi accolto”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis c.p.c., alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che il ricorso deve essere accolto e l’ordinanza impugnata cassata;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’annullamento del provvedimento del GUP del Tribunale di Lagonegro in data 9 luglio 2014, ferma la liquidazione contenuta nel provvedimento del 13 giugno 2013 dello stesso Ufficio;

che le spese del giudizio di opposizione e del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento del GUP del Tribunale di Lagonegro in data 9 luglio 2014, felina la liquidazione contenuta nel provvedimento del 13 giugno 2013 dello stesso Ufficio; condanna il Ministero della giustizia alle spese del giudizio di opposizione, che liquida in complessivi Euro 400 per compensi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 600 per compensi e Euro 100 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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