Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11956 del 12/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 12/05/2017, (ud. 16/03/2017, dep.12/05/2017),  n. 11956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 09527/2016 R.G. proposto da:

B.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI, 267, presso lo studio dell’avvocato DANIELA CIARDO,

rappresentata e difesa dall’avvocato COSIMO RUPPI;

– ricorrente –

contro

C.S.C., B.A.M., CA.RI.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 891/2016 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di

ROMA, depositata il 20/01/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/03/2017

dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

B.P. ricorre per la revocazione della sentenza n. 891 del 20.1.16 di questa Corte, con cui è stato dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso la sentenza n. 390/10 della corte di appello di Lecce – resa nei confronti anche di C.S.C., B.A.M., Ca.Ri. – per la rilevata carenza di produzione in atti della prova della notifica dell’atto di integrazione del contraddittorio anche nei confronti di C.R.;

le intimate non svolgono attività difensiva in questa sede;

è stata formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

la ricorrente deposita memoria, insistendo per la configurabilità dell’errore revocatorio sulla base della documentazione prodotta.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata;

l’unitario motivo – di “errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti di causa” – e basato sull’adduzione della presenza in atti fin dalla decisione del documento ivi qualificato come inesistente, peraltro, non è ammissibile;

infatti, la particolarità della fattispecie sta in ciò, che si vuole provare ora per allora che ad un atto di parte ne fosse allegato un altro che invece era stato riscontrato non esservi al momento della decisione, mediante un’attestazione di conformità – o altra documentazione prodotta dal sistema informatico di gestione dei ruoli – rilasciata necessariamente in data successiva a tale riscontro, se non anche dopo che il primo atto era rientrato nella disponibilità della parte medesima;

soccorre sul punto il principio già affermato da Cass., ord. 21 maggio 2015, n. 10517, per la quale è inammissibile la revocazione proposta avverso la sentenza della Suprema Corte fondata sulla carenza di un atto che era onere della parte produrre, quando tale carenza si vuole dimostrare esclusivamente sulla base di atti comunque rientrati – dopo il rilievo posto a base della gravata decisione – nella piena disponibilità materiale della parte che avrebbe interesse a fornire tale dimostrazione;

pertanto, anche la certificazione del contenuto del fascicolo di parte andava riferita ad un momento immediatamente anteriore o al più tardi coevo – a quello in cui la sua valutazione è stata operata da questa Corte con l’apprezzamento del suo contenuto, cioè al tempo della pubblica udienza al cui esito è stata pronunziata la sentenza qui gravata; mentre le stampe del sistema informatico interno di questa Corte non danno alcuna prova – esaurendosi oltretutto in meri atti interni – della fisica e materiale consistenza di quanti e quali atti fossero stati presenti in allegato a quelli effettivamente prodotti dalla ricorrente: e, si ricordi, la peculiarità della fattispecie stava proprio in ciò, che risultava ritualmente depositato un atto – quello di integrazione del contraddittorio privo però di uno degli altri che con esso avrebbero – le prove del suo ricevimento, cioè i relativi avvisi ovvero cartoline di ritorno delle raccomandate con cui la notifica a mezzo posta era seguita dovuto fare corpo, nonostante ed in quanto fossero assolutamente invece a tale scopo indispensabili;

in mancanza di prove indubitabilmente riferibili a tempo immediatamente anteriore a quello in cui questa Corte avrebbe commesso quello che viene dedotto come suo errore materiale e per l’esigenza di eccezionale rigore nell’accertamento dell’esistenza effettiva di questo, non ha il Collegio altra scelta che escluderne la sussistenza: ciò a cui consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso per revocazione, per difetto del presupposto che quell’errore integrerebbe;

non vi è peraltro luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, per non avervi svolto attività difensiva le intimate;

deve comunque darsi atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. 14/03/2014, n. 5955) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito, di questa.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2017

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