Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11955 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. III, 19/06/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 19/06/2020), n.11955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27753-2019 proposto da:

S.M.P., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dalli

avv.to Nadia Spallitta con studio in Palermo Piazza Lolli 15

(nadiaspallitta.pecavvpa.it), giusta procura speciale allegata al

ricorso, e domiciliato in Roma piazza Cavour presso la cancelleria

civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso l’ordinanza del giudice di pace di Palermo n 779/2019

depositata il 14.8.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

4.03.2020 dai Cons. Dr. Antonella Di Florio.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. S.M.P., cittadino della (OMISSIS), ricorre affidandosi a quattro motivi – per la cassazione del provvedimento del Giudice di pace di Palermo che ha respinto l’opposizione al decreto di espulsione amministrativa emesso dal Prefetto di Palermo il 19.7.2019, all’esito del rigetto da parte del Questore dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari.

2.La parte intimata non si è difesa.

considerato che

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la nullità del decreto di espulsione per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 1, comma 6 e dell’art. 13, comma 7 e del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., nonchè del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.: lamenta la mancata traduzione nella lingua portoghese del decreto di espulsione che gli era stato notificato in lingua italiana, così come il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno richiesto, senza che tale omissione fosse supportata da una valida spiegazione.

2. Con il secondo motivo deduce, altresì, la violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115,116 e 132c.p.c. nonchè dell’art. 13 lett. a) e b) TUI e dell’art. 19, comma 2, lett. C) con vizio di motivazione, e della L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 36, nonchè dell’art. 8 CEDU. Censura altresì il provvedimento per motivazione apparente.

2.1. Lamenta infatti di essere convivente da circa un anno e legato sentimentalmente ad una compagna con la quale intendeva contrarre matrimonio: deduce, al riguardo, che il decreto di espulsione aveva omesso di considerare la violazione dei legami familiari e della sua vita affettiva e privata; e che il giudice, pur dando atto delle dichiarazioni volte a confermare la sua tesi, le aveva ritenute irrilevanti, non ammettendo alcun mezzo di prova sulla circostanza dedotta.

3. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 132c.p.c. e dell’art. 29Cost., nonchè dell’art. 13 lett. a) e b) TUI e dell’art. 19, comma 2, lett. C) con vizio di motivazione; della L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 36, nonchè dell’art. 8 CEDU, della L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 36 e della direttiva Europea 115/2008.

3.1. Contesta la decisione del giudice di pace che, in assenza di contraddittorio e di contestazione della controparte, aveva affermato che egli aveva abbandonato il figlio e che non provvedeva al suo sostentamento fondandosi soltanto sulla versione resa dalla madre del bambino: deduce, al riguardo, la grave lesione dei suoi diritti fondamentali (e cioè, l’esercizio della potestà genitoriale) e di quelli del figlio minore (nato nel 2013), assumendo che era erroneo ed indimostrato l’assunto che egli non se ne prendesse cura, visto che contribuiva al suo mantenimento nei limiti delle proprie sostanze, che intratteneva con lui periodici contatti, sia pure telematici, e che lo aveva ospitato in Sicilia, insieme alla madre, in epoca recente; che, inoltre, dopo aver reperito un’occupazione lavorativa in tale regione con una retribuzione mensile dignitosa (cfr. 10 prodotto) aveva anche dimostrato di aver iniziato a contribuire al mantenimento del minore (cfr. doc. 9).

4. Per ragioni riconducibili al principio della “ragione più liquida”, devono essere preliminarmente esaminati il secondo ed il terzo motivo di ricorso.

4.1 n secondo motivo è infondato.

Si osserva, infatti, che il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. C) prevede il divieto di espulsione per gli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, circostanze queste estranee al caso di specie in cui mancano entrambi i presupposti: nè il più recente legame affettivo allegato dal ricorrente presenta, per come descritto, caratteristiche di stabilità, equivalenti al matrimonio.

4.2. Questa Corte ha affermato, al riguardo, che la convivenza “more uxorio” dello straniero con un cittadino non rientra tra le ipotesi tassative di divieto di espulsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, le quali, essendo previste in deroga alla regola generale dell’obbligo di espulsione nelle fattispecie contemplate dall’art. 13 D.Lgs. cit., non sono suscettibili di interpretazione analogica o estensiva (cfr. da ultimo Cass. 8889/2019 ed in termini, sulla non equiparabilità ex lege cfr. Cass. 6441/2009).

4.3. Il principio, giustificato da esigenze di “certezza” dei rapporti giuridici, andrebbe forse rimeditato alla luce della variegata tipologia di relazioni caratterizzate da un significativo nucleo affettivo che l’ordinamento ha, nel tempo, riconosciuto: proprio in relazione a ciò è stato infatti ritenuto che non può escludersi che il giudice di pace debba favorevolmente valutare la situazione quando vi siano figli minorenni conviventi con la coppia.(cfr. Cass. 8889/2019)

4.4. Tuttavia, nel caso in esame, manca anche tale ultimo presupposto in quanto il figlio minorenne è convivente con la madre dalla quale il ricorrente si è separato: il giudice di pace, pertanto, in relazione a tale specifico profilo ha fatto corretta applicazione del principio sopra richiamato.

5. Il terzo motivo, invece, è fondato.

5.1. Questa Corte ha avuto modo di affermare che in tema di espulsione del cittadino straniero, il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, del (secondo il quale è necessario tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonchè dell’esistenza di legami con il paese d’origine) si applica – con valutazione caso per caso” ed in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE – anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorchè non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU (ex plurimis pronuncia 7 aprile 2009, Cherif e altri c. Italia) e fatta propria dalla sentenza n. 202 del 2013 della Corte Cost.” (cfr. Cass. 781/2019).

5.2. Tale principio, di ampio respiro in ragione della tutela universalmente riconosciuta ai legami familiari, ed in primis a quelli genitoriali, impone al giudice di merito – al fine di riconoscere o negare l’applicazione della tutela rafforzata di cui al citato D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis – di dare conto di tutti gli elementi qualificanti l’effettività di dette relazioni (rapporto di coniugio, durata del matrimonio, nascita di figli e loro età, convivenza, dipendenza economica dei figli maggiorenni etc) oltre che delle difficoltà, conseguenti all’espulsione, dalle quali possa derivare la definitiva compromissione della relazione affettiva: e vale solo la pena di rilevare che la distanza fra il paese di origine del ricorrente ((OMISSIS)) ed il luogo di residenza del bambino rappresenta un elemento che ricadrebbe pesantemente sulla possibilità di mantenere in vita il rapporto fra padre e figlio.

5.3. La concreta valorizzazione di tali elementi è stata ritenuta da questa Corte preminente rispetto ad altri (quali la durata del soggiorno e l’integrazione sociale nel territorio nazionale del richiedente) considerati invero “suppletivi” (cfr. la già richiamata Cass. 781/2019):

ciò impone al giudice di merito una motivazione aderente alle emergenze istruttorie ed al di sopra della sufficienza costituzionale sia sotto il profilo logico che contenutistico e, cioè, ispirata alla piena adesione ai principi costituzionali e sovranazionali in materia di tutela della genitorialità e, correlativamente, del diritto del minore a non perdere con il genitore non convivente quella relazione affettiva che, pur resa difficile dalla lontananza, contiene potenzialità che si evolvono durante il percorso di crescita e che l’ordinamento, anche sovranazionale, tutela.

Deve, al riguardo, tenersi conto di un fondamentale passaggio motivazionale della richiamata sentenza n. 202 del 2013 della Corte costituzionale che, pur riguardando il vaglio di costituzionalità del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5 che disciplina il rilascio del peremsso di soggiorno per ricongiungimento familiare, contiene il principio generale secondo il quale nell’ambito delle relazioni interpersonali ogni decisione che colpisce uno dei soggetti della relazione familiare e/o genitoriale finisce per ripercuotersi anche sull’altro e il distacco dal nucleo familiare, specie in presenza di figli minori, è troppo grave perchè sia rimessa in forma generalizzata e automatica a presunzioni assolute, stabilite con legge, e ad automatismi procedurali, “senza lasciare spazio ad un circostanziato esame della situazione particolare

dello straniero interessato e dei suoi familiari. Ad analoghe considerazioni conduce anche l’esame dell’art. 8 della CEDU, come applicato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, pure evocato a parametro interposto, in riferimento all’art. 117 Cost., comma 1” (cfr. Corte Cost 202/2013).

5.4. Nel caso in esame, tali principi risultano violati in quanto le scarne argomentazioni a supporto del rigetto dell’opposizione sul punto (cfr. pag. 3 u. cpv dell’ordinanza impugnata) contengono affermazioni apodittiche e contraddittorie (secondo cui il ricorrente non avrebbe fornito “nuovi” elementi idonei a giustificare la sua permanenza in Italia sotto il profilo dell’assolvimento dei suoi obblighi genitoriali, materiali ed affettivi) che mostrano di non tenere affatto conto delle circostanze positive allegate (consistenti nella dedotta ospitalità del bambino insieme alla mare in Sicilia nel 2017 nel villaggio turistico nel quale egli lavorava; nei contatti comunque esistenti fra padre e figlio e nel contributo, sia pur modesto ma nei limiti delle sue possibilità, al mantenimento del bambino), pur dovendosi escludere la valutazione dei documenti introdotti per la priva volta nel giudizio di legittimità (cfr. doc. 9 e 10) e quindi inammissibili per violazione dell’art. 372 c.p.c..

In conclusione, il ricorso deve essere accolto in relazione al terzo motivo ed, assorbito il primo, l’ordinanza impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice di pace di Palermo in persona di un diverso magistrato per il riesame della controversia alla luce del seguente principio di diritto: “In tema di espulsione del cittadino straniero, a seguito della sentenza n. 202 del 2013 della Corte costituzionale e in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU, il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, si applica – con valutazione caso per caso, in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE – anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorchè non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare. Tuttavia, in caso di mancato esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, i legami dello straniero nel territorio dello Stato, per consentire l’applicazione della tutela rafforzata di cui al citato comma 2 bis, devono essere soggettivamente qualificati ed effettivi. Il giudice di merito è tenuto a darne conto adeguatamente, sulla base dell’esame dei vari elementi dedotti a sostegno della relazione affettiva, che, in presenza di figli minori, dovrà tenere conto anche della difficoltà che la distanza con il paese di origine determina per mantenere la relazione affettiva con il figlio, tenuto conto della sua età e della relativa normale limitazione di autonomia negli spostamenti che da ciò deriva” Il giudice di rinvio deciderà altresì in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso, respinge il secondo e dichiara assorbito il primo; cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al giudice di pace di Palermo in persona di un diverso magistrato per il riesame della controversia e per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di cassazione, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020.

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