Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11952 del 30/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/05/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 30/05/2011), n.11952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15332-2009 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

DONOFRIO GIUSTINO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 30/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di POTENZA del 17/03/08, depositata il 20/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

D.S. ha proposto ricorso per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non ha resistito) e avverso la sentenza con cui la C.T.R. Basilicata, in tema di recupero di credito di imposta, ha confermato la sentenza di primo grado di rigetto del ricorso del contribuente.

Il primo motivo di ricorso (col quale si deduce vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, n. 5 per avere i giudici della C.T.R. omesso di decidere e motivare su di un motivo di appello) è inammissibile per difetto di autosufficienza ed inoltre perchè viene denunciata come vizio di motivazione l’omessa pronuncia su di un motivo di censura in appello. In proposito, è sufficiente rilevare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame, con la conseguenza che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 o n. 5 anzichè dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 112 dello stesso codice di rito, il ricorso deve ritenersi inammissibile (v.

tra le altre cass. n. 12952 del 2007 e n. 24856 del 2006).

Il secondo motivo (col quale si deduce che il recupero di imposta sarebbe avvenuto attraverso l’emissione di un atto non previsto dalla legislazione all’epoca vigente) è manifestamente infondato, avendo questa Corte in proposito affermato che gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione, e come tali sono impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 anche se emessi anteriormente all’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati in compensazione (v. cass. n. 4968 del 2009).

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. In assenza di attività difensiva nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2011

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