Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11951 del 30/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/05/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 30/05/2011), n.11951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 13406-2009 proposto da:

D.B.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DI PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato MAZZA

GIGLIOLA, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore

Centrale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 161/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI, SEZIONE DISTACCATA di FOGGIA del 27/06/08,

depositata il 19/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. D.B.M. propone ricorso per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale – in controversia concernente impugnazione di cartelle esattoriali per Iva, Irpeg e Irap riferite alla Emmedibi Fiori della quale il B. era stato amministratore e liquidatore- la C.T.R. Puglia confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso introduttivo.

2. Il secondo motivo di ricorso (che per ragioni logiche deve essere esaminato per primo e col quale si chiede a questa Corte di dire “se violi il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 quella sentenza che ammette la nuova proposizione di motivi in appello”) è inammissibile per inadeguatezza del quesito di diritto, che si presenta astratto, generico, privo di ogni informazione relativa alla fattispecie e quindi tale da non consentire alla Corte una risposta utile ai fini della definizione della controversia, essendo peraltro da evidenziare che il quesito in esame si limita ad esprimere una parafrasi neppure corretta della norma (l’art. 57 cit. parla infatti di domande ed eccezioni nuove, non di “motivi”) e che, scontato in ogni caso che viola l’art. 57 suddetto il giudice d’appello che ammetta la formulazione di domande ed eccezioni nuove, il quesito da porre utilmente alla Corte avrebbe dovuto piuttosto essere inteso ad accertare se, in un determinato contesto, alcune specifiche deduzioni proposte per la prima volta in appello costituiscano domande od eccezioni nuove, come tali da non ammettere ai sensi dell’art. 57 suddetto.

Il primo motivo di ricorso (col quale si chiede a questa Corte di dire se violi il disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 e art. 98, comma 6 in tema di solidarietà società-amministratore, quella sentenza della C.T.R. che dichiari la responsabilità solidale di quest’ultimo anche per le sanzioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973) è inammissibile – anche prescindendo dalla inadeguatezza del quesito proposto – per difetto di interesse: la decisione impugnata non è fondata (o almeno non solo) sulla affermazione della responsabilità solidale dell’amministratore, bensì (innanzitutto) sulla responsabilità in proprio del ricorrente quale liquidatore della società, e tale ratio decidendi non risulta adeguatamente censurata in questa sede.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.600,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2011

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