Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11950 del 30/05/2011

Cassazione civile sez. III, 30/05/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 30/05/2011), n.11950

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27752-2009 proposto da:

D.P.L. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI GOZZADINI 30, presso lo studio dell’avvocato PROSPERINI

ALBERTO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA ((OMISSIS)) – nuova ragione sociale

della Spa GAN ITALIA ASSICURAZIONI, in persona del suo legale

rappresentante pro tempore e per esso del suo procuratore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S. TOMMASO D’AQUINO 80, presso

lo Studio dell’avvocato PELLEGRINO LUISA, rappresentata e difesa

dall’avvocato GRASSO CARLO, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

G.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 7977/2009 del TRIBUNALE di NAPOLI del

11/06/09, depositata il 24/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

La Corte, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 3 dicembre 2009 D.P.L. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 24 giugno 2009 dal Tribunale di Napoli che, tranne che per le spese, aveva confermato la sentenza del Giudice di Pace, che aveva liquidato in misura ritenuta inadeguata il danno subito in conseguenza di sinistro stradale.

La Groupama Assicurazioni S.p.A. (già Gan Italia Assicurazioni) ha resistito con controricorso, mentre l’altro intimato, G.C., non ha espletato attività difensiva.

2 – I tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 2043 e 2059 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Le argomentazioni addotte sostanzialmente attengono alla motivazione della sentenza impugnata e non dimostrano alcuna violazione delle norme indicate. Il quesito finale, per la sua stessa prolissità, non costituisce il momento di sintesi voluto dalla norma di riferimento, implica valutazioni di merito, non postula l’enunciazione di un principio di diritto, fondato sulle norme indicate, che sia decisivo per il giudizio e, nel contempo, di applicabilità generalizzata.

Le medesime considerazioni dimostrano l’inammissibilità anche del secondo motivo, che lamenta violazione degli artt. 2056 e 1223 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 (la sentenza impugnata ha spiegato che il danno è stato liquidato ai valori attuali) e del terzo motivo, che ipotizza violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 in tema di compensazione parziale delle spese di lite.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie nè alcuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, inoltre, ha rilevato che costituisce causa preliminare di inammissibilità la circostanza che il ricorso è assemblato, cioè consiste in una compilazione nella quale vengono alternate pagine che evocano atti processuali pregressi e l’allegazione dei medesimi, omettendo l’opera di rappresentazione e interpretazione dei fatti giuridici attraverso il quale normalmente emerge e viene prospettato il caso giuridico sul quale viene richiesto l’intervento di normofilachia o di critica logica da parte della Corte Suprema, che distingue il ricorso di legittimità dalle impugnazione di merito (confronta Cass. n. 15180 del 2010);

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese, seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2011

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