Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1195 del 21/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1195 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA

sentenza
in forma semplificata

sul ricorso proposto da:
CASTELLANA Gaetano, rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Isabella Casales
Mangano, con domicilio per legge presso la cancelleria civile
della Corte di cassazione, piazza Cavour;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
– resistente –

Data pubblicazione: 21/01/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Caltanissetta n.
674/12 depositato il 12 settembre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio Golia, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

Ritenuto

che la Corte d’appello di Caltanissetta, con de-

creto in data 12 settembre 2012, ha condannato il Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore di Gaetano Castellana, della somma di euro 4.000, oltre accessori, a
titolo di equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo
2001, n. 89, per la irragionevole durata di un processo svoltosi dinanzi al TAR Palermo e al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana;
che la Corte territoriale ha posto a carico del soccombente
Ministero 1/3 delle spese processuali (liquidate, per
l’intero, in euro 1.086,63, di cui euro 100 per esborsi, euro
577 per diritti ed euro 300 per onorari, oltre a euro 109,63
per spese generali e ad accessori di legge), con distrazione
in favore del difensore antistatario;
che la compensazione dei restanti 2/3 delle spese è motivata dalla Corte d’appello in considerazione dell’accoglimento
solo parziale della domanda, giacché la richiesta di parte ri-

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Giusti;

corrente era di un importo superiore a titolo di equa riparazione;
che per la cassazione del decreto della Corte d’appello Gaetano Castellana ha proposto ricorso, con atto notificato il 2

che l’intimato Ministero non ha resistito con controricorso, ma ha depositato una memoria ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo (violazione dell’art. 6, par. l
della CEDU, dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e omesso
esame di un fatto decisivo) ci si duole dell’insufficienza del

quantum liquidato a titolo di equa riparazione del danno non
patrimoniale, avendo la Corte territoriale quantificato
l’indennizzo in euro 4.000 per circa 8 anni di ritardo (euro
500 per anno di ritardo) in relazione ad un processo in cui si
discuteva di aumenti stipendiali;
che il motivo è infondato;
che questa Corte ha già statuito che, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del
processo, il giudice, nel determinare la quantificazione del
danno non patrimoniale subito per ogni anno di ritardo, può
scendere al di sotto del livello di soglia minima di euro 750
per ciascuno dei primi tre anni di ritardo e di euro 1.000 per

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marzo 2013, sulla base di due motivi, illustrati con memoria;

ciascuno anno successivo, là dove l’accoglimento della pretesa
azionata renderebbe il risarcimento del danno non patrimoniale
del tutto sproporzionato rispetto alla reale entità del pregiudizio sofferto (Cass., Sez. II, 24 luglio 2012, n. 12937);

vato la ragione del criterio indennitario di euro 500 per anno
di ritardo, avendo considerato “il lungo periodo in cui non vi
è stato impulso sollecitatorio di parte”, che denota scarso
interesse alla celere definizione del giudizio;
che con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione
degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonché insufficiente e
contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, primo
comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.) ci si duole che la Corte
d’appello abbia compensato per i 2/3 le spese processuali, e
ciò nonostante la modestia dello scarto tra l’importo liquidato dal giudice e quello richiesto (avendo il ricorrente chiesto alla Corte d’appello un indennizzo pari ad euro 8.000,
calcolato in ragione di euro 1.000 per ciascun anno di ritardo, ed avendo la Corte territoriale liquidato l’importo di euro 4.000 per essersi limitata ad adottare un parametro indennitario più basso);
che la censura è fondata, nei termini di seguito precisati;
che non v’è dubbio che la nozione di soccombenza reciproca,
che consente la compensazione parziale o totale tra le parti
delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc.

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che nella specie la Corte d’appello ha adeguatamente moti-

civ.), comprende anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un
unico capo (Cass., Sez. III, 21 ottobre 2009, n. 22381);

pensazione per i 2/3 delle spese di lite si appalesa priva di
logica ragionevolezza, posto che nella specie vi è stato sì
uno scarto tra l’importo richiesto dalla parte istante e quello riconosciuto dalla Corte territoriale (Cass., Sez. VI-1, 17
giugno 2012, n. 617), ma l’ampiezza della dichiarata compensazione eccede di gran lunga il divario percentuale sussistente
tra l’indennizzo domandato (euro 8.000) e quello liquidato
(euro 4.000);
che il decreto impugnato è quindi cassato limitatamente al
capo delle spese;
che la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con la condanna del
Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, per la
metà, delle spese processuali sostenute dalla parte ricorrente
nel giudizio di merito, nell’importo già liquidato dalla Corte
territoriale, con compensazione della restante parte;
che le spese del giudizio di cassazione vanno compensate
per i 2/3, stante l’accoglimento solo parziale del ricorso, e,
per il resto, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;

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che, tuttavia, la motivazione alla base della disposta com-

che anche le spese del giudizio di cassazione devono essere
distratte in favore del difensore della parte ricorrente, dichiaratosi antistatario.
PER QUESTI MOTIVI

rigettato il primo;

in parte, il secondo motivo di ricorso,

cassa il decreto impugnato limitatamente

al capo delle spese e,

decidendo nel merito,

condanna il Mini-

stero dell’economia e delle finanze al pagamento, in favore
del ricorrente, della metà delle spese processuali (con compensazione della restante parte), nell’importo già liquidato
dalla Corte d’appello e con distrazione in favore dell’Avv.
Isabella Casales Mangano, dichiaratasi antistataria;

condanna

il Ministero alla rifusione di 1/3 delle spese, altresì, del
giudizio di cassazione, con la compensazione della restante
parte, spese

liquidate,

nell’intero, in euro 556,25, di cui

euro 50 per esborsi ed euro 506,25 per compensi, oltre agli
accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore del
difensore antistatario, Avv. Isabella Casales Mangano.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2013.

La Corte accoglie,

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