Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1195 del 18/01/2018


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Cassazione civile, sez. I, 18/01/2018, (ud. 27/09/2017, dep.18/01/2018),  n. 1195

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con ricorso ex art. 101 L.fall., depositato il 30 maggio 2008, Enel Energia s.p.a. (già Enel Gas e, di seguito, Enel) chiese di essere ammessa al passivo dell’amministrazione straordinaria della Filatura di Gozzano s.p.a. (d’ora in avanti, per brevità, F.d.G. s.p.a.), “per le seguenti somme: Euro 2.660.799,50, pari all’importo complessivo delle fatture scadute e non pagate n. 18190, 18191, 18192, 18193, in prededuzione, oltre Euro 162.599,64 a titolo di interessi moratori maturati, contrattualmente pattuiti, come da prospetto dettagliato allegato, nonchè ulteriori interessi successivamente maturati e maturandi sino al saldo, anch’essi in prededuzione, ovvero in subordine, quanto agli interessi, in via chirografaria; in subordine, nella denegata ipotesi in cui venisse ravvisata la sola sussistenza dell’arricchimento senza causa di F.d.G. s.p.a., ammettersi al passivo della società F.d.G. s.p.a. in liquidazione, in amministrazione straordinaria, il credito vantato dall’esponente per le seguenti somme: Euro 2.029.190,92, pari all’importo complessivo delle fatture scadute e non pagate di cui in narrativa, al netto delle penali da mancata prenotazione della capacità termica, e ciò in prededuzione, oltre Euro 31.262,65 a titolo di interessi moratori maturati, calcolati al tasso legale, nonchè ulteriori interessi successivamente maturati e maturandi sino al saldo, anch’essi in prededuzione, ovvero, quanto agli interessi, in subordine, in via chirografaria”.

Espose, in proposito, che: con sentenza n. 38 del 3 maggio 2005, il Tribunale di Novara aveva dichiarato lo stato di insolvenza della F.d.G. s.p.a. in liquidazione, successivamente aprendo a carico della stessa, con decreto del 7 luglio 2005, la procedura dì amministrazione straordinaria; che, anteriormente a tale data, l’Enel Gas s.p.a., oggi Enel Energia s.p.a., aveva stipulato con la Bemberg s.p.a., poi divenuta F.d.G. s.p.a. in liquidazione, un contratto di somministrazione in forza del quale la Bemberg avrebbe pagato il gas naturale somministrato all’unità produttiva di (OMISSIS); che il contratto aveva durata di dodici mesi, rinnovabile salvo disdetta; che il prezzo era determinato sulla base dei parametri di cui all’art. 17 del contratto; che quest’ultimo era in corso al momento dell’apertura dell’amministrazione straordinaria e continuò ad avere esecuzione, senza che il commissario straordinario esercitasse la facoltà di disdetta, della quale, invece, si avvalse l’Enel il 26 luglio 2006 con effetto dall’1 ottobre 2006; che non erano state pagate le allegate fatture per le somministrazioni dall’ottobre 2006 al gennaio 2007.

2. Il Giudice delegato, preso atto del parere negativo espresso dal commissario, istruì la causa, e, con sentenza n. 603/10, depositata l’8 giugno 2010, il Tribunale di Novara accolse la domanda suddetta ritenendo che la somministrazione di gas, che nel periodo in questione era stata ordinata dal sindaco del Comune di Gozzano con ordinanza n. 16 del 4 ottobre 2006, fosse costitutiva di una corrispondente obbligazione di pagamento in capo all’amministrazione straordinaria della F.d.G..

3. Avverso tale pronuncia, il commissario straordinario della F.d.G. s.p.a. in liquidazione ha interposto gravame (chiedendone l’integrale riforma ed il rigetto dell’avversa pretesa), respinto, però, dalla Corte di appello Torino, con sentenza n. 1630 del 4 novembre 2011, depositata in cancelleria l’11 novembre 2011, che, in sintesi, ha ritenuto: a) infondata l’eccezione di improponibilità della domanda per l’abusivo frazionamento del credito denunciato dall’amministrazione straordinaria, atteso che la “diversità dei titoli che costituiscono causa dei crediti” escludeva che il ricorso ex art. 101 l.fall. attenesse ad un’unica pretesa creditoria già fatta valere pro rata temporis mediante altra e precedente domanda; b) che l’ordinanza per cd. “necessità e urgenza” n. 16 del 4 ottobre 2006, pronunciata dal sindaco del Comune di Gozzano per disporre la somministrazione di cui trattasi, fosse stata sollecitata dal commissario straordinario, sul punto disattendendo l’affermazione dell’appellante secondo cui, in realtà, sarebbe stata carente ogni prova della relativa circostanza e comunque ogni capacità determinativa della F.d.G., invero ulteriormente titolata senz’altro a ricevere la fornitura per invalidità ed inefficacia dell’anteriore recesso comunicato da Enel; c) che, in virtù della prosecuzione del rapporto di somministrazione di gas consentita dall’ordinanza sindacale predetta, la quantificazione del corrispettivo di cui Enel richiedeva il pagamento all’amministrazione straordinaria, e che risultava superiore rispetto alla media di periodo, fosse dovuta e giustificata dalla mancata prenotazione del fabbisogno di gas al gestore della rete, con aggravamento, cioè, degli oneri di cd. vettoriamento imputabili a F.d.G., siccome “notiziata fin dai 27.06.2006 dell’interruzione della somministrazione di gas” e soltanto in prossimità della programmata interruzione “prontamente attivata(si) presso il comune per ottenerne la ripresa, in via imperativa”; d) che la Bembergcell s.p.a., con il contratto di affitto dell’unico ramo dell’azienda di F.d.G. rimasto in vita (ovvero quello operante nel settore della produzione di filati “(OMISSIS)”), e già sottoscritto con la F.d.G. s.p.a. in liquidazione in data 1 febbraio 2005, non fosse subentrata ex lege anche nel contratto di fornitura del gas, così dovendosi escludere la ripetibilità dei corrispettivi di Enel già pagati, invece, da parte di F.d.G. e, conseguentemente, un controcredito di questa di per sè estintivo della attuale pretesa di Enel; e) insussistenti i “giusti motivi”, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, per l’integrale compensazione delle spese di lite.

4. Contro questa decisione, non notificata, propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi ed illustrato da memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 1, l’amministrazione straordinaria della F.d.G. s.p.a. in liquidazione, cui resiste con controricorso, anch’esso illustrato da memoria ex art 380 bis c.p.c., comma 1, Enel Energia s.p.a..

5. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 50 nonchè del D.L. 28 agosto 2008, n. 134, art. 1-bis convertito dalla L. 27 ottobre 2008, n. 166, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, si ascrive alla Corte territoriale torinese di aver violato o falsamente applicato il combinato disposto del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50 e della sua successiva disposizione di interpretazione autentica. Si assume, in sostanza, diversamente da quanto affermato dal giudice del gravame, la mai intervenuta cessazione del contratto di somministrazione originario sul presupposto che, nella specie, si trattava di contratto ad esecuzione continuata non interamente eseguito da entrambe le parti alla data di apertura dell’amministrazione straordinaria, sicchè doveva applicarsi il principio secondo cui esso continua ad avere esecuzione almeno fino a che è stata autorizzata l’esecuzione del programma del D.Lgs. n. 270 del 1999, ex art. 54 e ss. momento dal quale l’altro contraente avrebbe potuto intimare per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell’intimazione, decorso il quale il contratto si sarebbe potuto intendere sciolto.

Era, invece, rimasto incontestato: che, tra le parti, sussistesse un contratto di somministrazione tacitamente rinnovabile (e rinnovato) di anno in anno salvo disdetta almeno tre mesi prima del termine; che, il 27 giugno 2006, il somministrante era receduto, con decorrenza dall’I ottobre 2006, ponendo in essere un evento modificante del contratto stesso; sennonchè, tale recesso era intervenuto nel corso della procedura concorsuale, apertasi il 7 luglio 2005 e nella quale il programma di cui al D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 54 e ss. era stato autorizzato solo con decorrenza dal 29 luglio 2006. Dunque, la manifestazione di recesso del 27 giugno 2006 non avrebbe potuto produrre l’effetto solutivo del contratto, che, invece, si sarebbe potuto generare se, a far tempo dal successivo 29 luglio, Enel avesse proceduto nel senso di “intimare per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dall’intimazione”. Così provocato il dies a quo ed una volta decorso il termine ne ante quem indicato dalla legge, l’effetto solutivo avrebbe potuto essere conseguito. Ma ciò non era accaduto.

Alla decisione impugnata si imputa, altresì, sul punto, di aver contravvenuto l’autorità ex art. 337 c.p.c., comma 2, da attribuirsi ad una precedente sentenza, n. 26 del 26 gennaio 2011, resa inter partes dal Tribunale di Novara, sezione distaccata di Borgomanero, recante uno specifico accertamento nei sensi in precedenza riportati.

6. Con il secondo motivo, rubricato “Nullità del procedimento e della sentenza in relazione al “principio del contraddittorio” (art. 101) ed alla “corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato” (art. 112), a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4″, si censura il provvedimento impugnato perchè, sull’erroneo assunto del difetto sopravvenuto di base contrattuale a far data dall’1 ottobre 2006, aveva individuato, vulnerando, però, con evidenza il principio del contraddittorio ed infrangendo il divieto di ultrapetizione, la nuova fonte dell’obbligazione di “pagamento del corrispettivo” da parte del somministrato non già nel fatto della somministrazione comunque avutasi bensì nell’atto che, secondo l’alternativa elencazione dell’art. 1173 cod. civ., avrebbe preso luogo del precedente contratto: cioè l’ordinanza del sindaco del 4 ottobre 2006, n. 16, adottata per impedire il verificarsi di “situazioni di pericolo igienico-sanitario alla popolazione ed all’ambiente”, la quale, “ravvisata la necessità e l’urgenza di assumere i necessari provvedimenti di competenza al fine di tutelare la sanità e l’igiene pubblica dei cittadini”, “ordina(va) di proseguire la fornitura del gas e di non interrompere l’erogazione all’impianto di proprietà F.d.G. s.p.a. (già Bemberg) di Gozzano per consentire all’Azienda di mettere con urgenza in sicurezza lo stesso”. La sentenza sarebbe, perciò, nulla, come insegnato da Cass., SU, n. 20935 del 2009, per essersi avverato qui il “caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di puro diritto, senza procedere alla sua segnalazione alle parti onde consentire su di essa l’apertura della discussione (cd. terza via)”, donde se è vero che “non sussiste la nullità della sentenza, in quanto (indiscussa la violazione deontologica da parte del giudicante) da tale omissione non deriva la consumazione di altro vizio processuale diverso dall’error iuris in indicando ovvero dall’error in indicando de iure procedendo, è pur vero che la relativa “denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza (…) se tale errore sia in concreto consumato”: consumazione di error in iudicando che, nella fattispecie, si sarebbe avuta, come denunciato con il primo motivo, avendo la corte di appello malamente escluso che il contratto tra le parti fosse fonte dell’obbligazione, ciò che è stato appunto reso possibile (anche) dall’avere officiosamente rinvenuto l’alternativa “via d’uscita” nell’atto in questione, del quale il sedicente creditore (e finanche la Corte) avevano sin lì predicato trattarsi di “mero dato storico”, cioè di un fatto tout court”.

Con il medesimo motivo si sostiene, altresì, essere incorso il giudice del gravame in altra ultrapetizione, nel dichiarare di “conferma(re) la sentenza impugnata” – la quale aveva ammesso Enel “al passivo dell’Amministrazione straordinaria della F.d.G. in liquidazione, in prededuzione, per l’importo di Euro 2.660.799,50, a titolo corrispettivo per la fornitura del gas, oltre interessi legali dalle singole fatture al saldo” (pag. 9) – lasciando conseguire in capo al “fruitore” della somministrazione, “che quel gas ha concretamente utilizzato per i suoi scopi” e ne “ha tratto vantaggio” (pag. 25), una duplice obbligazione: di “pagamento del compenso alla società erogatrice” e di “risarcimento del danno” (pag. 26). Sennonchè, l’alterità originaria dei titoli – contrattuale o non contrattale (arricchimento senza causa) – postulata già dalla graduazione delle domande di adempimento (rispettivamente risultanti quale principale e subordinata, secondo la formulazione) dell’Enel pretendente, mai avrebbe potuto dare ingresso a siffatto giudizio di illiceità della condotta del debitore che, invece, ne è risultato per opera della corte di appello. Questa ha evocato, invero, ma del tutto officiosamente, un’ulteriore causa petendi, la responsabilità da fatto illecito della F.d.G., giammai fatta valere negli stessi termini dalla parte attrice e comunque logicamente incompatibile con l’atto reso “in conformità dell’ordinamento giuridico” al quale dal medesimo Giudice è stata infine ascritta la capacità di produrre le obbligazioni di pagamento di cui si tratta. La corte distrettuale ha ritenuto, infatti, che “nel perimetro di detta responsabilità, pertanto, è ricompreso sia il corrispettivo suddetto, sia il danno derivato dalla responsabilità della parte obbligata, la quale – come s’è detto – per negligenza, e quindi per colpa ex art. 1218 cod. civ., non ha provveduto nè (a) mettere in sicurezza gli impianti, quando pure aveva ogni agio per farlo, nè a stipulare con un altro venditore di gas, stante l’avvenuta liberalizzazione del mercato. In sintesi: poichè la amministrazione straordinaria per colpa, sapendo della scadenza del contratto di somministrazione, non ha provveduto in alcuno dei sensi indicati; poichè ha sollecitato il Comune di Gozzano all’emissione dell’ordinanza sindacale; poichè detta ordinanza vale a costituire una obbligazione in capo al fruitore della prestazione, che non è certamente il comune ma la F.D.G., che quel gas ha concretamente utilizzato per i suoi scopi in favore della società erogatrice del gas, consegue che sia il fruitore ad essere obbligato al pagamento del compenso alla società erogatrice. Oltre al risarcimento del danno derivato dalla colpa dianzi rilevata” (pag. 25 e ss.).

La responsabilità per colpa allegata da parte del creditore serviva, allora, esclusivamente per dare “giusta causa” alla (dipendente ed ulteriore) pretesa di regresso che, contestualmente alla domanda di pagamento del debito per somministrazione di gas, Enel aveva ritenuto di poter esercitare quanto ai maggiori “oneri di transito” per la (asseritamente imprevista) fornitura che è stata praticata in vigenza dell’ordinanza sindacale: oneri che sono scaturiti dall’esigenza di vettoriamento non preannunciata al gestore della rete distributiva, Snam Rete Gas s.p.a.. Di contro, la corte di appello, non richiesta, ha supportato col medesimo titolo, cioè la presunta negligente inerzia mantenuta dall’amministrazione straordinaria dopo la (pure invalida e inefficace) “disdetta” di Enel, anche la domanda di pagamento del costo tout court della somministrazione, benchè “eziologicamente” il creditore non avesse annoverato alcuna condotta colposa anteriore all’adozione dell’ordinanza sindacale quale titolo del pagamento relativamente alla misura già contrattualmente stabilita e ordinariamente praticata: così operando, quella corte ha finito col sostituire motu proprio, almeno in parte, con un titolo nuovo quello fatto valere dalla parte interessata, e per questa via officiosa è riuscita a “conferma(re)” l’accoglimento del petitum principale del somministrante, ma in modi chiaramente inibiti all’iniziativa del Giudice.

7. Con il terzo motivo, rubricato “Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, si denuncia che la corte torinese avrebbe reso una motivazione intimamente insufficiente o contraddittoria nelle parti in cui, rispettivamente, assume la responsabilità del somministrato “poichè ha sollecitato il Comune di Gozzano all’emissione dell’ordinanza sindacale” e, simultaneamente, per “colpa ex art. 1218 cod. civ.”. In questo modo, infatti, da un lato, si è ignorata l’obiettiva inefficienza causale della “sollecitazione”, a dire della ricorrente peraltro soltanto asserita, nell’adozione dell’ordinanza sindacale; dall’altro, non si sarebbe tenuto conto che, trattandosi al riguardo di “atto (di per sè) idoneo” a far derivare eventualmente un’obbligazione (ma al più indennitaria) del somministrato, rimaneva logicamente irrilevante il comportamento da questo tenuto in costanza del contratto che si dice (ma erroneamente) venuto a scadenza (e comunque non prima de) il 30 settembre 2006.

8. Con il quarto motivo, infine, pure rubricato “Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, si censura la motivazione della sentenza impugnata, ritenendola affetta da “deficienze e limiti logici evidenti” in punto di eziologia dei maggiori oneri di vettoriamento del gas di cui Enel intenderebbe adesso fare regresso verso F.d.G.. Si assume, in particolare, che, di là del fatto che l’eziologia del danno, come già denunciato con il terzo motivo, viene fatta risalire oltre l’atto di per sè solo idoneo a provocare l’evento e di cui nessuno dei fatti indicati si pone come antecedente causale necessario e sufficiente, la motivazione – già contraddittoria siccome ascrive a colpa del somministrato la pretesa inerzia successiva alla “disdetta” del 26 giugno 2006 proprio mentre ne assicura l’irrilevanza almeno fino al 20 settembre, termine utile per la comunicazione del fabbisogno in base al Codice di rete ed assai prossimo, dunque, alla pretesa scadenza del contratto fissata soltanto 10 giorni dopo – avrebbe ignorato la circostanza che anche il “trasportatore Snam”, al quale l'”utente venditore Enel” non ha dato comunicazione del fabbisogno prevedibile da parte dell'”utilizzatore finale F.d.G.”, era esso stesso destinatario dell’ordinanza sindacale n. 16/2006, da ciò derivando che F.d.G. avrebbe potuto rimanere esposta, se del caso, ad istanze indennitarie direttamente fatte valere dal trasportatore e fondate eventualmente sul medesimo titolo di diritto pubblico, simmetricamente a quanto fatto da Enel (seppure soltanto col titolo della domanda proposta in via subordinata) nel presente giudizio, ma non anche alla pretesa di sostanziale regresso di quest’ultima giustificata dalla disciplina contrattuale corrente soltanto tra le parti alle quali l’ordinanza del sindaco era parimenti diretta, siccome per definizione esuberante dai “limiti dell’arricchimento” nei quali avrebbe potuto domandarsi il pagamento al terzo, F.d.G., per il fatto di aver tratto profitto dal provvedimento: sì, perchè nei confronti di F.d.G. avrebbe potuto ragionevolmente essere indirizzata l’azione di arricchimento e così richiesto un “indennizzo”, non mai il pagamento sulla base di una tariffazione unilaterale incrementata per mancata prenotazione della capacità termica al vettore Snam e per la quale F.d.G. giammai dovrebbe rispondere (se non altro, per la vigenza pro tempore del contratto del D.Lgs. n. 270 del 1999, ex art. 50 per quanto riferito con il primo motivo e per quanto già accertato nei confronti di Enel dalla citata sentenza del Tribunale di Novara, sezione distaccata di Borgomanero, con “autorità” ex art. 337 c.p.c., comma 2).

Nè, ha proseguito l’odierna ricorrente, sarebbe comprensibile come la disciplina di governo della colpa contrattuale di F.d.G. nei confronti di Enel possa assicurare la regola di giudizio ad una vicenda soggettivamente più complessa (siccome inclusiva dei rapporti tra Enel e Snam Rete Gas s.p.a. e delle relative “penali contrattuali”) e dichiaratamente svoltasi sul presupposto dell’intervenuto esaurimento proprio del rapporto contrattuale di F.d.G. con Enel e sulla sua sostituzione mediante un provvedimento autoritativo diretto proprio e parallelamente a Enel e Snam Rete Gas s.p.a..

9. Va pregiudizialmente rilevato che, con la memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., comma 1 del 15 settembre 2017, la ricorrente ha dedotto e documentato, producendo le relative decisioni, che questa Corte, con sentenza n. 2830 depositata in data 20 febbraio 2014, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla prima avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del 16 dicembre 2011/13 febbraio 2012, n. 389, reiettiva, tra l’altro, del gravame incidentale dell’Enel Energia s.p.a. recante la censura proposta contro la decisione di primo grado, resa dal Tribunale di Novara, sezione distaccata di Borgomanero, n. 26 del 26 gennaio 2011 (la cui autorità ex art. 337 c.p.c., comma 2, risulta essere invocata nel già descritto primo motivo di ricorso), nella parte in cui quest’ultima aveva ritenuto (cfr., specificamente, pag. 3. Ma si vedano anche i successivi richiami alle corrispondenti argomentazioni contenute nelle pag. 5 e 6) che “il contratto di fornitura del combustibile tra il trasportatore (ENEL) e l’utente consumatore (FdG) non è venuto meno per effetto dell’esercizio del diritto di recesso da parte di Enel Energia s.p.a., recesso documentato dalle lettere datate 27.6.2006 e 9.8.2006, pervenute al destinatario il 29.6.2006 e il 16/17.8.2006…. Come correttamente argomentato da FdG SpA in amministrazione straordinaria, il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50 consente solo al commissario straordinario la facoltà di sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica (come i contratti di fornitura di energia); all’esito dell’autorizzazione del programma ministeriale di cui ai successivi artt. 54 e ss., il contraente in bonis può intimare al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni in merito alla sorte del contratto, in mancanza delle quali, decorso il termine (legale) di giorni trenta, il contratto si intende sciolto (di diritto). Nessuna delle ipotesi appena richiamate è ravvisabile nel caso in esame. Infatti, il commissario straordinario non ha mai esercitato la facoltà di cui al comma 1. In secondo luogo, ENEL ha intimato il recesso (missiva del giugno 2006) in assenza dei requisiti di legge, quando il Ministero competente ancora non aveva provveduto all’autorizzazione del programma di cui si è detto (approvazione prevista per fine luglio 2006). Senza considerare che non competeva ad Enel la decisione sullo scioglimento del contratto, giacche essa avrebbe dovuto intimare il commissario straordinario di rendere nota la propria posizione, come prescritto dal comma 3 del citato art. 50 (…). In altri termini, il preteso recesso, di cui si sta trattando appare privo di efficacia alcuna; non è opponibile alla procedura concorsuale”.

La F.d.G. s.p.a. ha, quindi, sostenuto che le affermazioni da ultimo riportate avrebbero ormai assunto – atteso il giudicato su di esse formatosi come puntualmente riscostruito ed invocato nella menzionata memoria – il valore di un accertamento vincolante, costituendo la cosa giudicata la norma di diritto speciale applicabile alla fattispecie sub iudice.

9.1. In linea di principio, questo Collegio ritiene certamente ammissibile, nella specie, la formulazione di un’eccezione di giudicato esterno nella memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., comma 1.

Costituisce, invero, indirizzo interpretativo consolidato quello secondo cui l’esistenza di un giudicato esterno è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, e, qualora esso si sia formato – come nella vicenda in esame – dopo la notifica del ricorso per cassazione, i relativi documenti giustificativi possono essere prodotti, dalla parte regolarmente costituitasi, fino all’udienza di discussione (cfr. Cass. n. 11365 del 2015, nonchè, in senso sostanzialmente conforme, la più recente, Cass., S.U., n. 2735 del 2017, che ha sancito, in siffatta ipotesi, l’inopponibilità del divieto ex art. 372 cod. proc. civ.. Peraltro, secondo Cass. n. 24740 del 2015, nel giudizio di cassazione, in caso di giudicato esterno conseguente ad una sentenza della stessa Corte, la cognizione del giudice di legittimità può avvenire anche mediante quell’attività di ricerca – relazioni, massime ufficiali e consultazione del CED – che costituisce corredo del collegio giudicante nell’adempimento della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario e del dovere di prevenire contrasti tra giudicati, in coerenza con il divieto del ne bis in idem. Cfr., in senso conforme, Cass. n. 30780 del 2011).

L’art. 380-bis cod. proc. civ., comma 1 (introdotto dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, art. 1-bis, lett. f) di conversione, con modificazioni, del D.L. 31 agosto 2016, n. 168), poi, rubricato Procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice, nell’introdurre il nuovo rito camerale di legittimità, ha stabilito che il P.M. e le parti dovranno ricevere comunicazione della fissazione della camera di consiglio almeno 40 giorni prima; che il P.M. potrà depositare le sue conclusioni scritte non oltre 20 giorni prima della camera di consiglio, mentre le parti non oltre 10 giorni prima dell’adunanza; che la Corte giudicherà sulla base delle carte depositate, senza intervento di P.M. e parti.

Non essendo prevista, quindi, la partecipazione della parti a tale adunanza camerale, deve ritenersi che, onde scongiurare una ingiustificata compromissione delle facoltà difensive delle parti, quanto ad esse tuttora consentito nella pubblica udienza ove ricorra una delle ipotesi (cfr. art. 375 c.p.c., u.c., come modificato dall’intervento legislativo in precedenza indicato) in cui la controversia deve essere ivi decisa, va parimenti assicurato, allorquando la lite possa decidersi alla stregua del rito introdotto dall’art. 380-bis cod. proc. civ., comma 1 attraverso le memorie da quest’ultimo previste.

9.2. Fermo quanto precede, ad avviso del Collegio, la F.d.G. s.p.a. non sembra comunque potersi giovare del “giudicato” come dalla stessa dedotto.

Invero, la già riportata affermazione rinvenibile nella menzionata sentenza del Tribunale di Novara del 26 gennaio 2011, n. 26, è stata espressamente resa (cfr. pag. 3, parag. 2.1.1) solo in sede di accertamento della cd. soccombenza virtuale ai fini della complessiva regolamentazione delle spese di lite riguardanti il rapporto processuale ivi intercorso tra Snam Rete Gas s.p.a. ed Enel Energia s.p.a. (invece, la decisione sulla domanda riconvenzionale di F.d.G. s.p.a. contro Enel Energia s.p.a., ivi pure avvenuta, sebbene contenga un generico richiamo alle medesime argomentazioni, postula una diversa ratio decidendi).

Pertanto, – al di là di quanto su questa statuizione si è poi sviluppato, correttamente o meno, nel contraddittorio dei successivi gradi di impugnazione – ipotizzare che quanto considerato ai fini di una soccombenza meramente virtuale, cioè sul presupposto che nel merito non si possa entrare, possa comportare un valido pregiudizio oppure una favorevole decisione delle questioni di fatto e di diritto che si dichiara di non potere e non volere esaminare comporterebbe una violazione della funzione stessa dell’istituto e la sua sostanziale vanificazione (cfr. Cass. n. 17312 del 2015).

10. Ancora in via pregiudiziale, va respinto l’assunto della controricorrente (cfr. pag. 4-8 della memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ., comma 1) secondo cui il primo motivo di ricorso introdurrebbe un’eccezione nuova (posto che nei gradi di merito si era parlato di difetto di legittimazione da parte di F.d.G., la quale, oggi, invoca, invece, un’interpretazione del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50 nel senso della stabilizzazione del rapporto).

Al fine di escludere la fondatezza di una siffatta affermazione è sufficiente, a tacer d’altro, leggere il terzo motivo di appello della F.d.G. s.p.a., come riportato nella sentenza oggi impugnata, che si fonda proprio sulla prosecuzione del contratto per giustificare l’assunto che, anche ove si propendesse per l’ammissione al passivo di Enel Energia s.p.a., non potrebbe imputarsi all’appellante il sovrapprezzo per la mancata prenotazione presso la Snam Rete Gas s.p.a..

11. Venendo, allora, al merito, il primo motivo di ricorso appare meritevole di accoglimento determinando l’assorbimento degli altri tre.

11.1. Giova ribadire che, come emerge dalla decisione oggi impugnata, oltre che sostanzialmente incontroverso tra le parti: i) con sentenza n. 38 del 3 maggio 2005, il Tribunale di Novara aveva dichiarato lo stato di insolvenza della F.d.G. s.p.a. in liquidazione, successivamente aprendo a carico della stessa, con decreto del 7 luglio 2005, la procedura di amministrazione straordinaria; ii) che, anteriormente a tale data, l’Enel Gas s.p.a., oggi Enel Energia s.p.a., aveva stipulato con la Bemberg s.p.a., poi divenuta F.d.G. s.p.a. in liquidazione, un contratto di somministrazione in forza del quale la Bemberg avrebbe pagato il gas naturale somministrato all’unità produttiva di (OMISSIS); iii) che il contratto aveva durata di dodici mesi, rinnovabile salvo disdetta; iv) che il prezzo era determinato sulla base dei parametri di cui all’art. 17 del contratto; v) che quest’ultimo era in corso al momento dell’apertura dell’amministrazione straordinaria e continuò ad avere esecuzione, senza che il commissario straordinario esercitasse la facoltà di disdetta, della quale, invece, si avvalse l’Enel il 26 luglio 2006, con effetto dall’i ottobre 2006, pendente, quindi, la suddetta procedura concorsuale, nella quale, peraltro, il programma di cui al D.Lgs. n. 270 del 1999, artt. 54 e ss. era stato autorizzato solo con decorrenza dal 29 luglio 2006; vi) che, con ordinanza del sindaco del Comune di Gozzano del 4 ottobre 2006, n. 16, adottata per impedire il verificarsi di “situazioni di pericolo igienico-sanitario alla popolazione ed all’ambiente”, “ravvisata la necessità e l’urgenza di assumere i necessari provvedimenti di competenza al fine di tutelare la sanità e l’igiene pubblica dei cittadini”, era stato ordinato alla Enel Gas s.p.a., alla SNAM Rete Gas di (OMISSIS) ed alla SNAM Rete Gas di Verbania “di proseguire la fornitura del gas e di non interrompere l’erogazione all’impianto di proprietà F.d.G. s.p.a. (già Bemberg) di Gozzano per consentire all’Azienda di mettere con urgenza in sicurezza lo stesso”; vii) che il credito di cui era chiesta l’ammissione al passivo era scaturito dall’omesso pagamento delle allegate fatture per le somministrazioni dall’ottobre 2006 al gennaio 2007.

E’ altresì opportuno ricordare che il D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50 dispone che “1. Salvo quanto previsto dal comma 4, il commissario straordinario può sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di apertura dell’amministrazione straordinaria. 2. Fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione. 3. Dopo che è stata autorizzata l’esecuzione del programma, l’altro contraente può intimare per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell’intimazione, decorso il quale il contratto si intende sciolto. 4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano: a) ai contratti di lavoro subordinato, in rapporto ai quali restano ferme le disposizioni vigenti; b) se sottoposto ad amministrazione straordinaria è il locatore, ai contratti di locazione di immobili, nei quali il commissario straordinario subentra, salvo patto contrario”, e che la L. 27 ottobre 2008, n. 166, art. 1-bis (di conversione, con modificazioni, del D.L. 28 agosto 2008, n. 134), ha sancito che “La disposizione di cui al D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 50, comma 2 va interpretata nel senso che l’esecuzione del contratto, o la richiesta di esecuzione del contratto da parte del commissario straordinario, non fanno venir meno la facoltà di scioglimento dai contratti di cui al medesimo articolo, che rimane impregiudicata, nè comportano, fino all’espressa dichiarazione di subentro del commissario straordinario, l’attribuzione all’altro contraente dei diritti previsti in caso di subentro del commissario straordinario dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 51,commi 1 e 2”.

11.2. La Corte di appello di Torino, nell’interpretare le suddette disposizioni, ha sostenuto (cfr. pag. 24-25) che esse “…dimostrano un dato essenziale: il contratto in corso di esecuzione al momento della amministrazione straordinaria ha, appunto, esecuzione secondo le previsioni del contratto stesso. Il che significa che quelle norme non attribuiscono al contratto che fosse in corso al momento dell’amministrazione straordinaria un’efficacia superiore alla durata contrattualmente pattuita, ovvero condizioni contrattuali diverse e favorevoli alla amministrazione straordinaria se non pattuite ab origine, poichè – diversamente – si verserebbe nella inedita ed inesistente figura del contratto coattivo. Il che, altrimenti detto, significa che una parte sarebbe obbligata a “donare” all’altra in procedura concorsuale la prestazione convenuta. Semplicemente: quelle norme stabiliscono che il contratto non viene meno per il venir meno di una parte contraente, salvo che il Commissario straordinario, al pari del Curatore fallimentare, non intenda sciogliersi dal contratto considerato ante tempus. Completamente diversa è la fattispecie qui realizzatasi del diniego di rinnovo alla scadenza contrattualmente maturata, opposto dall’Enel con la citata “disdetta”, atteso che nessuna norma – di natura concorsuale o meno – impone coattivamente il mantenimento di un contratto giunto a scadenza. E così, se il contratto giunge alla sua scadenza pattuita, quelle norme non hanno il potere di “resuscitarlo”: semplicemente esso è cessato per la scadenza del termine finale. Il che è esattamente quanto è accaduto nel caso di specie. Il contratto di somministrazione – come si è detto sopra – aveva durata annuale, rinnovabile per altrettanto salvo disdetta: quindi sarebbe scaduto in data 30/9/2005 e poi 30/9/2006 e la società somministrante – entro i termini di contratto lo disdettò sin dal giugno 2006 a decorrere dall’1/10/2006. Quando naturalmente il contratto venne a scadenza e quindi non potè proseguire alla stregua delle norme dianzi esaminate. Sicchè la amministrazione straordinaria – ove avesse tenuto un comportamento diligente – avrebbe avuto tutto il tempo necessario per chiudere gli impianti e metterli in sicurezza. Negligentemente non vi provvide e ricorse al disinvolto provvedimento sindacale, i cui effetti – come emerge dallo stesso – decorsero proprio dalla scadenza del ridetto contratto. Dalla cui esecuzione parte appellante ha tratto vantaggio, consumando il gas naturale nella quantità pacificamente ad essa somministrato e, cionondimeno, pretende che il prezzo sia accollato alla comunità, cioè al Comune di Gozzano, che per ragioni di incolumità pubblica, create da parte appellante, ha dovuto intervenire…”.

11.3. Questa interpretazione della menzionata normativa – con le relative conseguenze dalla stessa derivate in termini di concreta quantificazione del credito della Enel Energia s.p.a., di cui oggi si discute – non è però, integralmente condivisibile.

E’ noto, invero, che la procedura di amministrazione straordinaria specificamente dedicata alla risoluzione dell’insolvenza delle cd. “grandi imprese”, a differenza di altre procedure concorsuali, si caratterizza per la sua finalità conservativa dell’impresa (oggettivamente intesa quale complesso aziendale distinto dal soggetto imprenditoriale che lo utilizza per trarne profitto), conseguibile attraverso la prosecuzione, la riattivazione o la riconversione delle attività secondo una delle modalità previste dal D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 27, comma 2.

L’accento normativo, pertanto, viene posto sulla sostanziale “continuità” della realtà operativa in un’ottica di riqualificazione, cui risulta strumentale la prosecuzione ope legis dei contratti in corso: soluzione di segno opposto, quindi, rispetto a quella prescelta per il fallimento, dove il vigente art. 72 l.fall. generalizza, invece, una situazione di sospensione dei rapporti pendenti.

Un evidente riflesso di questa impostazione traspare dalla disciplina dei cd. “contratti in corso” contenuta nell’art. 50, specificamente introdotta dal legislatore del 1999 in sostituzione di quella originariamente prevista dalla L. n. 95 del 1979 (cd. “legge Prodi”), che richiamava direttamente ed integralmente la normativa della legge fallimentare, originando, così, numerosi problemi interpretativi e difficoltà di raccordo sistematico.

Nel premettere, da un punto di vista meramente terminologico, che l’espressione “contratti in corso” va ritenuta sostanzialmente equivalente a quella di “rapporti pendenti” utilizzata dall’art. 72 L.fall., e che, in ulteriore sintonia con il sistema della principale procedura concorsuale, tale nozione ricomprende i rapporti negoziali ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti (compresi quelli ad esecuzione continuata o periodica) da entrambi i contraenti alla data di deposito del decreto motivato di ammissione alla procedura previsto dall’art. 30, il contributo innovativo del D.Lgs. n. 270 del 1999 risiede, senza dubbio, nell’introduzione del principio generale sancito dall’art. 50, comma 2, e nel correlativo ripudio dell’approccio casistico adottato in origine dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, diretto a regolamentare una varietà di figure negoziali mediante svariate discipline concepite ad hoc.

L’art. 50, comma 2, afferma, in sostanza, la regola base per cui il contratto ineseguito o parzialmente eseguito prosegue ope legis e continua ad avere esecuzione sia dopo la dichiarazione d’insolvenza, sia a seguito dell’apertura dell’amministrazione straordinaria, in uno scenario in cui sui contraenti continuano a gravare le obbligazioni originarie. Al commissario viene attribuito il potere di sciogliersi in ogni momento dal contratto, ma finchè una simile facoltà non viene esercitata, quest’ultimo continua dunque ad avere esecuzione; solo dopo il rilascio dell’autorizzazione ministeriale all’attuazione del programma, l’altro contraente è abilitato a richiedere per iscritto al commissario di far conoscere le proprie determinazioni entro il termine di trenta giorni dalla ricezione dell’intimazione, decorso il quale il rapporto negoziale andrà incontro a scioglimento. Una volta sollecitato dall’altra parte, l’organo gestorio della procedura potrà quindi: a) dichiarare di voler subentrare nel contratto; b) manifestare la propria volontà di svincolarsene; c) restare inerte, con la conseguenza per cui il contratto si intenderà comunque sciolto allo spirare del termine.

Risulta fin da subito evidente come un simile assetto normativo si differenzi in modo sostanziale dalla disciplina fallimentare, sia quella anteriore al D.Lgs. n. 5 del 2006, ancora applicabile al momento di entrata in vigore del D.Lgs. n. 270 del 1999 (scioglimento o continuazione automatici, a seconda del tipo di contratto concretamente in corso), sia quella attuale (sospensione ex lege del rapporto, finchè il curatore non decida di subentrarvi o di sciogliersene).

La motivazione che viene comunemente (e correttamente) addotta per spiegare una simile diversità di trattamento trae origine dalla natura stessa del fallimento e dell’amministrazione straordinaria: strettamente liquidatoria e satisfattiva, nel primo caso, recuperatoria e comunque conservativa nel secondo, da attuarsi attraverso il necessario viatico della continuazione dell’attività d’impresa sub specie di prosecuzione finalizzata alla cessione (art. 27, comma 2, lett. a)) e/o di ristrutturazione volta al risanamento (art. 27, comma 2, lett. b)).

In definitiva, l’interesse della procedura ad una gestione dei contratti in corso funzionale alle esigenze connesse alla continuazione dell’esercizio dell’impresa ed alla realizzazione degli obiettivi del programma è stato tutelato non soltanto conferendo al commissario straordinario una generalizzata (salve limitate eccezioni) ed incondizionata facoltà di determinare unilateralmente lo scioglimento dei contratti medesimi, ma anche prevedendo la continuazione dei rapporti contrattuali de quibus fino all’effettivo esercizio di tale facoltà.

Da un lato, infatti, una soluzione di continuità nella esecuzione dei contratti stipulati prima della apertura dell’amministrazione straordinaria sarebbe suscettibile di determinare l’impossibilità della prosecuzione dell’attività imprenditoriale, che il D.Lgs. n. 270 del 1999 configura come costante dell’amministrazione straordinaria; dall’altro, la definitività della continuazione dei contratti in corso avrebbe comportato elementi di rigidità nei costi di impresa, tale da esporre a rischio la perseguibilità degli obiettivi di riequilibrio economico, cui la procedura di amministrazione straordinaria deve comunque tendere, e da vincolare il commissario straordinario alla prosecuzione di rapporti contrattuali non funzionali al programma peculiarmente predisposto e autorizzato.

Così, è stato previsto che la stabilizzazione dei rapporti contrattuali in corso al momento dell’apertura dell’amministrazione straordinaria consegua non al mancato esercizio tout court della facoltà di scioglimento da parte del commissario straordinario, ma alla sua positiva determinazione di subentrare nei rapporti in questione.

Ai sensi dell’art. 50, dunque, può parlarsi di “subentro” del commissario in un rapporto negoziale pendente solo dopo che questi abbia formalmente ed inequivocabilmente estrinsecato una precisa volontà in tal senso, vuoi perchè a ciò appositamente provocato dall’altro contraente mediante il previsto interpello, vuoi perchè spontaneamente determinatosi in questa prospettiva senza necessità di attendere l’intimazione della controparte.

In nessun caso, quindi, la parentesi temporale di esecuzione per così dire “inerziale” del contratto, prevista dall’art. 50, comma 2, potrà venire interpretata come tacito subentro per facta concludentia del commissario, nemmeno laddove quest’ultimo avesse richiesto o sollecitato all’altro contraente l’esecuzione della propria prestazione in applicazione di tale disposizione.

Un’indiretta ma evidente conferma di una simile conclusione proviene dalla L. 27 ottobre 2008, n. 166, che ha convertito, con modificazioni, il D.L. 28 agosto 2008, n. 134, contenente disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione delle grandi imprese in crisi (promulgato in occasione del dissesto di Alitalia), sostanzialmente modificativo della disciplina-base dell’amministrazione straordinaria per le “grandissime” realtà imprenditoriali in stato di insolvenza.

La L. n. 166 del 2008, art. 1-bis per quanto non impiantato nel corpus del D.Lgs. n. 270 del 1999, chiarisce, infatti, con interpretazione autentica, che l’art. 50, comma 2 va inteso nel senso per cui l’esecuzione del contratto, o la richiesta di sua esecuzione da parte del commissario, non precludono a quest’ultimo la facoltà di scioglimento, che rimane impregiudicata, nè comportano, fino all’espressa dichiarazione di subentro del commissario stesso, l’attribuzione all’altro contraente dei diritti previsti dall’art. 51, commi 1 e 2, in caso di subingresso da parte dell’ufficio commissariale.

La disposizione interpretativa testè citata ha avuto il merito di individuare un principio assai chiaro, a beneficio dell’operatore del diritto, valevole per tutti quei casi giudiziari in cui, da parte del contraente in bonis, si era vittoriosamente eccepito che l’esecuzione de facto del contratto da parte del commissario equivaleva ad un tacito subentro di quest’ultimo nel rapporto controverso, con conseguente natura prededucibile dei crediti maturati dopo l’apertura della procedura (sotto il vigore dell’originaria “legge Prodi”, la giurisprudenza, anche di legittimità, aveva avuto modo di affrontare prevalentemente fattispecie in materia di contratti di somministrazione: si vedano, ad esempio, Cass., Sez. Un., 22 maggio 1996, n. 4715; Cass., 6 maggio 1991, n. 5002; Cass., 14 luglio 1989, n. 3319; Cass., 27 maggio 1989, n. 2572).

Proprio con riguardo a quest’ultimo aspetto, l’art. 1-bis è stato talora interpretato, nella parte in cui dispone che l’esecuzione del contratto non attribuisce all’altro contraente i diritti previsti dall’art. 51, commi 1 e 2, in caso di subentro, come norma preclusiva del riconoscimento della prededuzione ai crediti sorti in capo al terzo fornitore per effetto delle prestazioni rese al commissario durante il periodo anteriore al subingresso di quest’ultimo nel rapporto negoziale.

Così ricostruito, tuttavia, l’art. 1-bis risulterebbe troppo sbilanciato in favore della gestione commissariale ed eccessivamente penalizzante per le controparti in bonis, costrette ad eseguire la prestazione anche dopo la dichiarazione d’insolvenza e l’apertura della procedura, senza però beneficiare del necessario contrattare rappresentato dalla natura prededucibile dei crediti sorti di volta in volta.

Prevale, quindi, l’opinione, qui condivisa, che ravvisa esclusivamente, nell’art. 1-bis, una tutela del diritto del commissario a sciogliersi dal rapporto negoziale in corso anche dopo l’iniziale sua prosecuzione ope legis, senza che l’esecuzione del contratto ad opera della procedura possa venire interpretata quale subentro per facta concludentia, preclusivo della facoltà di scioglimento. Parallelamente, tuttavia, va riconosciuto il diritto alla prededuzione per le prestazioni rese dal contraente in bonis a beneficio della gestione commissariale, poichè queste ultime rientrano sicuramente tra quelle eseguite “per la continuazione dell’esercizio dell’impresa e la gestione del patrimonio del debitore”, cui l’art. 52 riconosce espressamente la prededucibilità; i crediti sorti prima della dichiarazione di insolvenza, per contro, vanno pacificamente assoggettati alle regole del concorso.

11.4. La più recente giurisprudenza di questa Suprema Corte, oltre a ribadire che la prosecuzione di una precedente somministrazione dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza, ove non sia stata accompagnata da un’espressa dichiarazione di subentro da parte del commissario, non comporta il trasferimento del rapporto in capo alla procedura anche per le prestazioni pregresse e la prededucibilità del relativo credito (cfr. Cass. n. 3193 del 2016), ha altresì chiarito che la descritta disciplina dei rapporti pendenti di cui al D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50 presuppone che questi ultimi non siano pervenuti nel frattempo alla loro naturale scadenza (cfr. Cass. n. 2904 del 2016; Cass. n. 2762 del 2012).

In pratica, la Corte ha respinto la nozione di “proroga ex lege” dei contratti in corso al momento dell’apertura dell’amministrazione straordinaria, precisando che la continuazione ope legis dei rapporti pendenti, prevista dall’art. 50 prima della formale e definitiva scelta della gestione commissariale tra subingresso e scioglimento, non ha l’effetto di “congelare” il rapporto negoziale in una sorta di parentesi temporale priva di conseguenze giuridiche, bensì esclusivamente di lasciar fluire l’esecuzione del contratto, pur senza formale subentro della procedura, alle condizioni originarie, ivi compreso l’eventuale termine di scadenza.

In altre parole, come specificamente affermato da Cass. n. 2762 del 2012, “…la deviazione dalla comune disciplina del rapporto è ravvisabile unicamente nella facoltà del commissario straordinario di sciogliersi discrezionalmente dal contratto anche prima della scadenza o di subentravi con i peculiari effetti di cui al D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 51, mentre nessuna variazione è prevista per quanto attiene alla ordinaria durata contrattuale o legale, così che l’organo della procedura può subentrare o sciogliersi solo in relazione ad un contratto ancora in vita tra le parti. Diversamente opinando, e quindi ipotizzando una proroga ex lege della durata del contratto fino alla decisione del commissario straordinario, la disposizione de qua non sarebbe comunque funzionale al fine di stabilizzare i contratti di impresa per il tempo necessario al recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali (art. 27) in quanto la peculiare facoltà disciplinata nel citato art. 50 non potrebbe in concreto essere esercitata: l’eventuale dichiarazione di subentro, invero, interverrebbe in un rapporto che, venuto meno il regime di proroga, non potrebbe che estinguersi per essere già scaduto in precedenza il termine della sua naturale durata…”.

11.5. Occorre, allora, domandarsi se un’analoga conclusione possa essere valida anche per le ipotesi in cui il contratto sia suscettibile di cessare per effetto dell’esercizio della facoltà di disdetta (e/o di recesso, e/o diniego di rinnovo) in esso previsto in favore delle parti: in altri termini, e con specifico riferimento alla concreta fattispecie per cui è causa, ci si deve interrogare in ordine alla opponibilità, o meno, alla F.d.G. s.p.a. in liquidazione, in amministrazione straordinaria, della disdetta con cui, in data 27 giugno 2006, ancor prima dell’avvenuta autorizzazione, solo con decorrenza dal successivo 29 luglio 2006, da parte del Ministero per lo Sviluppo Economico, del programma D.Lgs. n. 270 del 1999, ex art. 54 e ss. presentato dal commissario straordinario, l’Enel aveva inteso impedire il rinnovo, alla scadenza del 30 settembre 2016, del contratto di somministrazione di cui si è ampiamente detto in precedenza.

Ad avviso di questo Collegio, la risposta ad un tale quesito deve essere negativa.

La Suprema Corte, invero, ha già avuto modo di statuire (cfr. Cass. 12016 del 2011, in motivazione) che, “…come risulta chiaramente dalla previsione secondo cui “fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione” (D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50, comma 2), questo resta insensibile ad ogni evento modificante per dare tempo al commissario di formulare la sua scelta”.

Può, quindi, convenirsi, con la difesa dell’odierna ricorrente quanto al verificarsi, in tali ipotesi, di una sorta di “quiescenza” dei poteri del contraente in bonis, attesa la prevalenza da attribuirsi alla natura conservativa dell’attività ed alla sostanziale incompatibilità, con tale finalità, di una scelta effettuata dal creditore seguendo le sue logiche di interesse privato.

Ancora, la stessa Corte, in una pronuncia più recente (cfr. Cass. 23 febbraio 2012, n. 2762, e conclusioni sostanzialmente analoghe si rinvengono anche nella successiva Cass. 15 febbraio 2016, n. 2904) e riguardante un contratto di leasing, ha poi precisato che la continuazione ope legis dei rapporti pendenti, prevista dall’art. 50 prima della formale e definitiva scelta della gestione commissariale tra subingresso e scioglimento, non ha l’effetto di “congelare” il rapporto negoziale in una sorta di parentesi temporale priva di conseguenze giuridiche, bensì esclusivamente di lasciar fluire l’esecuzione del contratto, pur senza formale subentro della procedura, alle condizioni originarie, ivi compreso l’eventuale termine di scadenza.

Ebbene, quest’ultimo evento, ossia la naturale scadenza, non celerebbe alcuna contraddizione, in quanto in una lettura sistemica delle norme in precedenza richiamate, questa soluzione è praticabile qualora, in concreto, cada prima dell’autorizzazione del programma da parte del Ministero vigilante.

Si è in quella occasione sancito che, in tal caso (oggetto della controversia, giova ricordarlo, era un contratto di leasing), se interviene il termine finale e comincia a decorrere quello stabilito per l’esercizio dell’opzione d’acquisto trattandosi di leasing, il commissario, laddove interessato ad avvalersene, non potrà confidare nel regime legale di conservazione del rapporto negoziale, ma dovrà attivarsi per comunicare al contraente in bonis la propria volontà (nella fattispecie ivi decisa, il termine per l’esercizio della facoltà di riscatto era scaduto dopo l’apertura della procedura senza che il commissario straordinario avesse manifestato la volontà di avvalersene con conseguente cessazione di ogni vincolo tra le parti e connesso obbligo per l’utilizzatore di restituzione dei beni già oggetto dei contratti di locazione finanziaria).

Ne consegue che anche un eventuale recesso dal contratto esercitato ante diem dal contraente in bonis risulta inopponibile, nullo. Ancora meglio, se, per ipotesi, l’altro contraente comunicasse una “disdetta”, questa altro non costituirebbe che un recesso, posto che, come pure ritenutosi in dottrina, i diversi termini impiegati sono da considerare alla stregua di sinonimi perchè in ogni caso incidono ponendone fine – sopra un rapporto negoziale che sarebbe, in mancanza, continuato.

Come ancora condivisibilmente osservato dalla difesa di parte ricorrente (cfr. pag. 15 del ricorso), “nel nostro ordinamento sotto l’egida del recesso vanno notoriamente incluse più fattispecie tra loro lessicalmente eterogenee ma tutte riconducibili alla medesima essenza dissolutiva del rapporto che sia rimessa ad una delle parti, sicchè si ritengono riconducibili al genere del recesso pure le specie denominate disdetta o similia”, essendo, quindi, “sempre figura di recesso, “evento modificante”, quella disdetta che vale, come si usa dire, “recesso determinativo”, in quanto la inesecuzione del programma viene differita alla scadenza di un termine di preavviso tale da lasciar interrompere la continuazione altrimenti automatica di un rapporto contrattuale destinato a seguire nel tempo”.

In definitiva, per quel che qui interessa, il contraente in bonis è obbligato (anzi vive una condizione di pati) ad attendere le scelte del commissario e nulla può fare, tantomeno recedere illegittimamente, se non mettere in mora il commissario straordinario, a norma del D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 50 una volta che il Ministero ne abbia autorizzato il programma, semprechè prima non sia intervenuta la scadenza naturale del contratto.

Ne deriva, altresì, che ai sensi dell’appena menzionata disposizione, può parlarsi di “subentro” del commissario in un rapporto negoziale pendente solo dopo che questi abbia formalmente ed inequivocabilmente estrinsecato una precisa volontà in tal senso, vuoi perchè a ciò appositamente provocato dall’altro contraente mediante il previsto interpello, vuoi perchè spontaneamente determinatosi in questa prospettiva senza necessità di attendere l’intimazione della controparte. In nessun caso, invece, la parentesi temporale di esecuzione per così dire “inerziale” del contratto, prevista dall’art. 50, comma 2, potrà venire interpretata come tacito subentro per facta concludentia del commissario, nemmeno laddove quest’ultimo avesse richiesto o sollecitato all’altro contraente l’esecuzione della propria prestazione in applicazione di tale disciplina.

Ritornando, allora, alla fattispecie in esame, poichè la disdetta dell’Enel del 27 giugno 2006 era intervenuta allorquando – come è pacifico tra le parti – il commissario straordinario di F.d.G. s.p.a. in liquidazione ancora non aveva espresso alcuna specifica determinazione in ordine al subentro, o meno, nel contratto di somministrazione di cui la prima, così agendo, avrebbe inteso impedire l’ulteriore rinnovo annuale alla data del 30 settembre 2006, la stessa va ritenuta inopponibile al menzionato commissario, non essendo quest’ultimo ancora subentrato, alla predetta data del 27 giugno 2006, nel rapporto negoziale de quo.

Da tanto deriva la fondatezza del primo motivo del ricorso ed il conseguente assorbimento degli altri, rivolti ad ulteriormente censurare la pronuncia impugnata nella parte di motivazione, conseguente alla ivi ritenuta soluzione del rapporto, afferente il rigetto del secondo e terzo motivo di appello.

12. Il ricorso va, dunque, accolto quanto al primo motivo, potendo evidentemente ritenersi assorbiti gli altri, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, per il riesame dell’originaria domanda di Enel Energia s.p.a. e la concreta quantificazione del suo credito alla stregua della disciplina contrattuale ancora vigente tra le parti nell’intervallo temporale – ottobre 2006/gennaio 2007 – cui pacificamente si riferisce l’epoca della somministrazione di cui si discute, ferma rimanendone la già dichiarata prededucibilità (innegabilmente riferendosi l’epoca predetta ad un periodo successivo all’apertura della procedura di amministrazione straordinaria a carico della F.d.G. s.p.a., risalente al 2005), giusta quanto si è in precedenza affermato, e la regolamentazione delle spese di questa fase.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso, dichiarandone assorbiti gli altri tre. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, per il riesame dell’originaria domanda di Enel Energia s.p.a. e la concreta quantificazione del suo credito alla stregua della disciplina contrattuale ancora vigente tra le parti nell’intervallo temporale ottobre 2006/gennaio 2007 – cui pacificamente si riferisce l’epoca della somministrazione di cui si discute, ferma rimanendone la già dichiarata prededucibilità, e la regolamentazione delle spese di questa fase.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 27 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2018

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