Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11948 del 17/05/2010

Cassazione civile sez. III, 17/05/2010, (ud. 22/02/2010, dep. 17/05/2010), n.11948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

NORDIMPIANTI O.T.M. SRL (OMISSIS) in persona dell’Amministratore

Unico e legale rappresentante pro tempore Sig. G.R.

A., elettivamente domiciliata in ROMA presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

TATONE FIORELLO con studio in 65122 PESCARA, VIA PISA giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.L.;

– intimato –

e contro

AURORA ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PREMUDA 18, presso lo studio dell’avvocato RICCI EMILIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ROCCHETTI GABRIELE, resistente

con delega in calce al ricorso notificato;

– resistenti –

avverso la sentenza n, 509/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 19/4/2005, depositata il 09/06/2005, R.G.N. 303/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

IN FATTO

La s.r.l. Nordimpianti convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Pescara G.L. e la Aurora Assicurazioni esponendo di aver subito danni alla propria autovettura e di aver evocato il G., per sentirlo condannare al relativo risarcimento, dinanzi al giudice di pace di Pescara che, nel ritenerlo responsabile dell’incidente, aveva accolto la domanda.

Non avendo il convenuto corrisposto le somme dovute, la Nordimpianti chiese di surrogarsi ex art. 2900 c.c. nei diritti del G., onde ottenere direttamente dall’Aurora quanto a lei spettante.

Il giudice di primo grado respinse la domanda.

L’impugnazione proposta dall’attrice in prime cure fu rigettata dalla corte di appello dell’Aquila.

La sentenza è stata impugnata dall’appellante con ricorso per cassazione sorretto da 2 motivi.

Resiste l’Aurora Assicurazioni.

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione di norme di diritto (art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., nn. 3 e 4; art. 281 sexies c.p.c.);

contraddittorietà della motivazione.

Il motivo, che lamenta una pretesa nullità della sentenza di prime cure per inadeguata esposizione dei fatti e per carenza delle conclusioni rassegnate dalle parti, è privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che la decisione di primo grado, emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., contenesse, sia pur sinteticamente e sia pur attraverso l’esposizione in unico capo di sentenza, tanto i fatti rilevanti in causa, quanto le contrapposte pretese delle parti (ritenendo altresì irrilevante la mancata trascrizione delle relative conclusioni).

Risultano esposte in modo logico, e del tutto scevre da vizi giuridico-motivazionali, le ragioni in forza delle quali la corte territoriale ha considerato conforme al dettato dell’art. 132 c.p.c. la motivazione della pronuncia di prime cure, ragioni che questa corte interamente condivide e fa proprie.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1917, 2900 e 2909 c.c.; motivazione erronea, immotivata e illogica in tema di spese di giudizio.

Il motivo (in realtà contenente due diverse ragioni di doglianza) è infondato.

Del tutto correttamente e del tutto condivisibilmente la corte territoriale ha ritenuto insussistente, in capo al G., un comportamento omissivo tale da rendere legittimo l’esperimento dell’azione surrogatoria da parte dell’odierna ricorrente (cui spettava, tra l’altro, l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore), non potendo quell’inerzia esser ravvisata nel mancato esercizio della facoltà riconosciuta al danneggiante di chiedere al proprio assicuratore il pagamento diretto dal danneggiato ex art. 1917 c.c. specificando ancora, altrettanto correttamente, che l’azione proposta ex art. 2900 c.c. non avrebbe potuto, nella specie, trovare comunque ingresso essendo stata strutturata in termini di richiesta di pagamento diretto della somma dovuta dall’assicuratore all’attrice, senza che, per ciò stesso, tale domanda potesse legittimamente “convertirsi” in richiesta di condanna diretta L. n. 990 del 1969, ex art. 18.

La decisione, che si conforma ai principi dettati, in subiecta materia da questa corte regolatrice con le sentenze 155/1991 e 13391/07, deve, sul punto, essere integralmente confermata.

La doglianza relativa alle spese di lite è, infine, inammissibile, avendo la corte del merito correttamente applicato il principio della soccombenza.

Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese segue, giusta il principio della soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 1200, di cui euro 200 per spese generali.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2010

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