Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11947 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. III, 19/06/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 19/06/2020), n.11947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27751/2019 proposto da:

G.L.J., domiciliata ed lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato DAVIDE

EMANUELE MONTANI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto RG 37515/18 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il

07/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. G.L.J., cittadina (OMISSIS), impugnava la decisione di diniego della commissione Territoriale di riconoscimento della protezione internazionale sede di (OMISSIS), adottata con verbale del 27 marzo 2018 e notificato in data 9 luglio 2018 che non aveva riconosciuto nessuna delle tre forme di protezione richieste per mancanza di credibilità delle vicende narrate.

Con Decreto di rigetto n. 5762/2019, il Tribunale di Milano confermava la tesi della Commissione territoriale di Milano evidenziando che appariva inverosimile la storia sottesa al motivo per cui la richiedente aveva lasciato il proprio paese, ovvero la sua condizione di cittadina cinese, cristiana della Chiesa Almighty God e in quanto tale, esposta al rischio di persecuzioni da parte del governo cinese e all’arresto.

Sul presupposto della non credibilità delle circostanze narrate dalla signora G., il Tribunale di Milano respingeva anche le domande di protezione sussidiaria e umanitaria.

2. Ricorre avverso detta pronuncia la signora G.L.J. con 4 motivi di ricorso.

Il Ministero dell’Interno, ritualmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3.1. Con il primo motivo di ricorso proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto della discussione tra le parti: ovvero la condizione di pericolosità e di terrore esistente in Cina per i fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente.

3.2. Con il secondo motivo proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, G.L.J. lamenta l’omesso esame delle dichiarazioni rese dalla ricorrente alla Commissione territoriale e in Tribunale per la valutazione della condizione personale della ricorrente senza considerare che in sede di audizione si è limitata a raccontare solo un unico episodio che l’ha colpita profondamente creandole la paura di continuare a vivere in Cina ed esponendo al pericolo anche la propria famiglia.

3.3. Con il terzo motivo ex art. 360, comma 1, n. 3 – lamenta la mancata concessione di protezione sussidiaria cui la ricorrente aveva diritto ex lege in ragione delle attuali condizioni politiche e repressive del paese di origine, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Il Tribunale di Milano avrebbe errato perchè non ha considerato la sussistenza della condizione di pericolo per la ricorrente in quanto rientrante tra i credenti di Dio Onnipotente.

3.4. Con il quarto motivo la ricorrente ritiene che il Tribunale di Milano avrebbe errato perchè non ha applicato al caso di specie la protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrono seri motivi di carattere umanitario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese di origine o che vi possa correre gravi rischi.

4. I motivi congiuntamente esaminabili sono inammissibili;

La valutazione di (non) credibilità del ricorrente appare, difatti, rispettosa tout cout dei criteri di Cass. 8820/2020, essendo stata puntualmente condotta alla luce della necessaria disamina complessiva dell’intera vicenda riferita dal richiedente asilo, che lo ha visto, secondo quanto da lui dettagliatamente esposto, contraddire ripetutamente e irrimediabilmente se stesso, a far data dalle dichiarazioni rese in sede di audizione. Infatti il giudice del merito ha ritenuto che il ricorrente non sia stato in grado di indicare fondate e documentate ragioni che gli impedirebbero di fare rientro nel suo paese (cfr. decreto impugnato pag. 5, 6, 7 e 8).

L’analisi, analitica e approfondita, di tutti gli elementi del racconto compiuta dal giudice di merito ne sottraggono la relativa motivazione alle censure mosse da parte ricorrente.

Conforme a diritto risulta per altro verso la pronuncia impugnata sotto il profilo del dovere di cooperazione del giudice che ha ritenuto che, sulla base delle fonti aggiornate consultate, non si rilevano conflittualità tali da giustificare la concessione di della protezione sussidiaria non essendo presente una violenza indiscriminata e diffusa sul territorio d’interesse.

Nel caso di specie, il Giudice del merito con motivazione ampia, dettagliata e scevra da vizi logico giuridici ha ritenuto non credibile e/o incongruente la versione della ricorrente.

4.1. Anche per quanto riguarda il quarto motivo non può che ritenersi infondato. Innanzitutto per mancanza di allegazioni sulla condizione di vulnerabilità della richiedente (cfr. pag. 12 decreto impugnato e pag. 13 del ricorso).

Questa Corte, poi, ha già ripetutamente affermato che il permesso di soggiorno per motivi umanitari è una misura residuale ed atipica, che può essere accordata solo a coloro che, se facessero ritorno nel Paese di origine, si troverebbero in una situazione di vulnerabilità strettamente connessa al proprio vissuto personale. Se così non fosse, il permesso di soggiorno per motivi umanitari, misura “personalizzata” e concreta, finirebbe per essere accordato non già sulla base delle specificità del caso concreto, ma sulla base delle condizioni generali del Paese d’origine del richiedente, in termini del tutto generali ed astratti, ed in violazione della ratio e della lettera della legge (Sez. 1, Sentenza n. 4455 del 23/02/2018, Rv. 647298-01). Nel caso di specie il giudice del merito ha ritenuto che per quanto riguarda la vita trascorsa in Italia nulla è stato allegato o provato.

5. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’amministrazione; la circostanza che la ricorrente sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato esclude l’obbligo del pagamento, da parte sua, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), in virtù della prenotazione a debito prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 11 e 131 del Decreto sopra ricordato (Sez. 6-3, Ordinanza n. 9538 del 12/04/2017, Rv. 643826-01), salvo che la suddetta ammissione non sia stata ancora, o venisse in seguito, revocata dal giudice a ciò competente.

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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