Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11947 del 10/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 10/06/2016, (ud. 31/03/2016, dep. 10/06/2016), n.11947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 12615/2010 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliata in Roma, viale Giulio

Cesare n. 2, nello studio dell’Avv. Alberto Mammola, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 137/1/2009, depositata il 19/03/2009;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31

marzo 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per la ricorrente l’Avvocato dello Stato Francesco

Meloncelli;

udito per la controricorrente l’Avv. Alberto Mammola;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

ZENO Immacolata, la quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. G.M. proponeva ricorso avverso cartella di pagamento notificatale all’esito del passaggio in giudicato della sentenza che aveva confermato la legittimità degli avvisi di accertamento, per le annualità 1982 e 1983, emessi in rettifica delle dichiarazioni congiunte presentate dal coniuge B. F. ai sensi della L. 13 aprile 1977, n. 114, art. 17 (nella formulazione vigente ratione temporis).

L’adita commissione tributaria accoglieva il ricorso con decisione confermata dalla commissione regionale.

Quest’ultima, respinta la preliminare eccezione di inammissibilità dell’appello, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, osservava nell’ordine che: a) il giudicato intervenuto nei confronti del B., ai sensi dell’art. 1306 cod. civ., non poteva spiegare effetto contro il coniuge coobbligato in solido; b) nel 1989 era stata omologata la separazione legale dei coniugi, da ciò derivando che, non essendo stato notificato alla ricorrente l’avviso di accertamento, “non può permettersi a carico della stessa… alcuna conseguenza, quale parte solidale, del carico fiscale iscritto a ruolo”; c) risultava conseguentemente anche fondata l’eccezione di prescrizione opposta dalla contribuente, stante il decorso di circa venti anni dalle dichiarazioni dei redditi da cui nasce la pretesa fiscale.

2. Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi (corredati da quesiti di diritto); resiste la contribuente depositando controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione della L. 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, nonchè degli artt. 1310, 2943 e 2945 cod. civ. e falsa applicazione dell’art. 1306 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. attribuito rilievo alla separazione intervenuta tra i coniugi nel 1989 e per avere omesso di considerare l’estensione alla condebitrice in solido degli effetti interruttivi della prescrizione di cui agli artt. 2943 e 2945 cod. civ., in relazione al disposto di cui all’art. 1310 cod. civ..

Rileva inoltre essere inconferente il richiamo, contenuto in sentenza, all’art. 1306 cod. civ. in relazione al giudicato formatosi nei confronti del condebitore solidale B.F., sulla base del quale l’ufficio aveva proceduto all’iscrizione a ruolo definitiva. Evidenzia infatti che tale giudicato (maturato nel maggio 2002, sulla sentenza della C.T.R. Lazio n. 596/07/2000, depositata in data 2/4/2001) è richiamato nella cartella impugnata non già per invocare la sua estensione nei confronti dell’odierna contribuente, quanto per affermare l’avvenuto rispetto, da parte dell’ufficio, dei termini di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 14 e 17, per la notifica della cartella di pagamento sulla base della definitività dell’accertamento operato nei confronti del coniuge.

4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 114 del 1977, art. 17, nonchè dell’art. 2935 cod. civ. e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 14 e 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto suscettibile di estinguersi per prescrizione una pretesa fiscale esercitata dall’ufficio nel rispetto del termine decadenziale di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17.

5. Con il proposto controricorso la contribuente, oltre a contestare la fondatezza dei motivi di ricorso – osservando in particolare, quanto al secondo, che l’assunto dell’amministrazione secondo cui essa avrebbe apposto il visto sul ruolo relativo alla cartella impugnata, nel termine all’uopo prescritto a pena di decadenza dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, è rimasto in giudizio sfornito di prova – ha in subordine richiesto che questa Corte, in caso di accoglimento della proposta impugnazione, entri nel merito dell’accertamento, accogliendo le ulteriori eccezioni da essa sollevate nei gradi di merito con le quali si deduceva: la nullità della notifica dell’avviso di accertamento (in quanto effettuata presso la sede della società AIMA S.r.l. di cui il marito era amministratore); l’illegittimità dell’accertamento in quanto fondato su presupposti inidonei e/o secondo criteri erronei.

6. Sono fondati entrambi i motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili.

Invero, la L. n. 114 del 1977, art. 17 (nella versione applicabile ratione temporis) – nel prevedere che i coniugi non separati hanno la facoltà di “presentare su unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi” – dispone: a) che le somme dovute vanno iscritte a ruolo a nome del marito e che la conseguente cartella va a questi notificata nonchè che gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi con notifica eseguita nei confronti dei marito ed, altresì; b) che “i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito”.

Tale normativa è consolidatamente letta nel senso che, con la libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta, i coniugi dichiaranti accettano anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto e, specificamente, sia quelli inerenti alla previsione della notifica degli atti impositivi al solo marito sia quelli concernenti le conseguenze (sostanziali e processuali) proprie delle obbligazioni solidali, a prescindere dalle successive vicende del matrimonio; ne consegue, pertanto, che la responsabilità solidale dei coniugi per il pagamento dell’imposta ed accessori, iscritti a ruolo a nome del marito a seguito di accertamento, prevista dal citato art. 17, u.c., non è influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione congiunta, della convivenza matrimoniale per separazione personale. Nè l’assenza di qualsiasi rilevanza ostativa è suscettibile di dar corpo ad un dubbio di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 24 Cost. (cfr.

Corte cost., ord. 215/04), essendo da escludere che la mancata impugnazione da parte del marito dall’avviso di mora a lui notificato renda definitiva l’obbligazione tributaria nei confronti della moglie separata, avendo costei la possibilità di impugnare autonomamente l’avviso di mora e di far valere, in tale sede, tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, in relazione anche alla mancata notifica diretta degli atti precedenti (e in primo luogo dell’avviso di accertamento) (v. ex multis Cass. Sez. 5, n. 1463 del 27/01/2016, Rv. 638737; Sez. 6-5, ord. n. 17160 del 29/04/2014, Rv.

632184; Sez. 5, n. 19026 del 10/09/2014, Rv. 632386; Sez. 5, Sentenza n. 27005 del 21/12/2007, Rv. 601295; Sez. 5, n. 2021 del 11/02/2003, Rv. 560393; Sez. 5, n. 4863 del 05/04/2002, Rv. 553529).

Da tale premessa consegue, tra l’altro, che – per effetto della solidarietà sancita dal legislatore – la tempestiva notifica al marito dell’avviso di accertamento (come della cartella di pagamento), non solo impedisce qualsiasi decadenza dell’Amministrazione finanziaria anche nei confronti della moglie co-

dichiarante, ma comporta altresì, a seguito dell’instaurazione del giudizio tra l’Amministrazione finanziaria ed il marito, l’interruzione con effetti permanenti del decorso della prescrizione anche nei confronti della moglie co-dichiarante (v. Cass. 1463/16;

27005/07 cit.).

Nella prospettiva da ultima considerata, deve, invero, osservarsi che la solidarietà tra i coniugi co-dichiaranti, espressamente sancita dal legislatore, impone, in carenza di disposizioni specifiche, di applicare le ordinarie regole codicistiche in tema di obbligazione solidale. In particolare: a) la regola dettata dall’art. 1310 cod. civ., comma primo, secondo la quale “gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido… hanno effetto riguardo agli altri debitori…”; b) quella di cui all’art. 2945 cod. civ., ai sensi della quale “per effetto della interruzione s’inizia un nuovo periodo di prescrizione”, con la puntualizzazione che “se l’interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dall’art. 2943, commi 1 e 2” – con atti, cioè, idonei ad ingenerare l’instaurazione di un giudizio o domande proposte nel corso di giudizio – “la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio” (v. ancora Cass. 1463/16).

Regole che, in combinazione, comportano dunque (v. Cass. 1406/11, 6224/05, 8136/01), anche ai fini della solidarietà sancita in materia dalla L. n. 114 del 1977, art. 17, che l’azione giudiziaria e la pendenza del relativo processo nei confronti di uno dei condebitori solidali determinano l’interruzione permanente della prescrizione anche nei confronti del condebitore rimasto estraneo al giudizio.

7. La sentenza impugnata va dunque cassata, essendosi posta evidentemente in contrasto con tali principi; essa ha infatti, da un lato, attribuito rilievo alla separazione legale intervenuta tra i coniugi nel 1989, successivamente alla presentazione delle dichiarazioni congiunte, dall’altro ritenuto comunque maturata la prescrizione per essere decorso oltre dieci anni dalle dichiarazioni medesime: circostanze entrambe invece prive di rilievo ostativo rispetto alla pretesa azionata per le ragioni sopra illustrate; tanto più inconferente essendo poi il richiamo all’art. 1306 cod. civ. dal momento che la pretesa azionata non postula alcun effetto vincolante – invero insussistente della sentenza resa nei confronti del coniuge dell’odierna ricorrente, rimasta estranea al relativo giudizio, ma trae fondamento direttamente dalle norme sopra richiamate, salva rimanendo, come detto, la facoltà per la debitrice di contestare, nel merito, l’obbligazione del marito, entro i termini decorrenti dalla notifica dell’atto con il quale venga per la prima volta a conoscenza della pretesa tributaria nei confronti del coniuge.

All’esercizio di tale facoltà vanno per vero ricondotte le eccezioni di merito richiamate nel controricorso, compresa quella di decadenza della pretesa azionata per il mancato rispetto del termine per l’iscrizione a ruolo di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, le quali però non possono certamente essere esaminate nel presente giudizio di legittimità – e ciò nemmeno ove fosse stato proposto rituale ricorso incidentale condizionato, trattandosi di questioni non esaminate dal giudice del merito e rimaste assorbite (v. ex aliis Cass., Sez. L, n. 6572 del 03/12/1988, Rv. 460885; Sez. 3, n. 767 del 09/02/1982, Rv. 418591; Sez. L, n. 1980 del 07/04/1981, Rv. 412685) – ma andranno riproposte davanti alla C.T.R., alla quale per tale motivo la causa va rinviata, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 31 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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