Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11941 del 19/06/2020

Cassazione civile sez. III, 19/06/2020, (ud. 28/02/2020, dep. 19/06/2020), n.11941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27715/2019 proposto da:

S.K., domiciliato ex lege in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPINA

MARCIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 806/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/02/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che:

S.K., cittadino gambiano, ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento, S.K. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che l’ha rigettata con ordinanza in data 15/5/2018;

tale ordinanza, appellata dal soccombente, è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano con sentenza in data 21/2/2019;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) del carattere meramente privatistico delle vicende allegate dal ricorrente a fondamento della domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato e dall’assenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 14, lett. a) e b); 2) dalla mancanza, nel territorio di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 3) dell’insussistenza delle condizioni di vulnerabilità soggettiva del ricorrente ai fini del riconoscimento della c.d. protezione umanitaria;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da S.K. con ricorso fondato su due motivi;

il Ministero dell’Interno, non costituito nei termini di legge con controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato per carenza di motivazione di relazione a tutte le domande formulate, con particolare riferimento all’omessa indagine sulla reale situazione nella regione di provenienza dell’appellato in Gambia;

il motivo è infondato;

al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale abbia dato adeguatamente conto delle fonti dalle quali ha tratto le proprie conclusioni circa il mancato ricorso dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale rivendicate, anche con riguardo alla rilevata insussistenza, nel Paese di provenienza del ricorrente, delle condizioni legittimanti la sua richiesta di protezione, tanto sotto il profilo della condizione di rifugiato, quanto in relazione ai presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, avendo specificato, sulla base di un percorso argomentativo logicamente coerente, le condizioni sociopolitiche del paese di provenienza dell’odierno ricorrente sulla base di fonti di informazione sufficientemente aggiornate;

col secondo motivo, il ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui ha rigettato la sua domanda di protezione umanitaria, senza tener conto delle condizioni di criticità sociale e istituzionale del paese di provenienza, nonchè del percorso di integrazione da lui intrapreso nel nostro Paese;

il motivo è fondato;

al riguardo, osserva il Collegio come, secondo l’interpretazione fatta propria dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di protezione umanitaria, l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali comporta che, ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto in Italia, isolatamente ed astrattamente considerato (Sez. U., Sentenza n. 29459 del 13/11/2019, Rv. 656062-02);

peraltro, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Sez. 1, Ordinanza n. 13897 del 22/05/2019, Rv. 654174-01);

nel caso di specie, il giudice a quo, dopo aver sottolineato la mancata dimostrazione, da parte del ricorrente, dell’avvenuto inserimento nel tessuto socio-economico italiano, si è tuttavia inammissibilmente astenuto dall’approfondire e circostanziare gli aspetti dell’indispensabile valutazione comparativa tra la situazione personale ed esistenziale attuale del richiedente sul territorio italiano, e la condizione cui lo stesso verrebbe lasciato in caso di rimpatrio, al fine di attestare (anche attraverso l’individuazione delle specifiche fonti informative suscettibili di asseverare le conclusioni assunte) che il ritorno del richiedente nel proprio paese non valga piuttosto a esporlo al rischio di un abbandono a condizioni di vita non rispettose del nucleo minimo dei diritti della persona; e tanto, indipendentemente dalla circostanza che tale rischio possa farsi risalire (o meno) a fattori di natura economica, politica, sociale, culturale, etc.;

ciò posto, il discorso giustificativo in tal guisa elaborato dal giudice a quo deve ritenersi tale – al di là dell’assorbente rilievo riguardante la violazione delle norme che presiedono al riconoscimento della c.d. protezione umanitaria – da non integrare gli estremi di una motivazione adeguata sul piano del c.d. ‘minimo costituzionalè;

sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la fondatezza del secondo motivo (disatteso il primo), dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo; rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 28 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2020

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