Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11941 del 10/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 10/06/2016, (ud. 03/03/2016, dep. 10/06/2016), n.11941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8638/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5/2008 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 19/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2016 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato GIANCARLO CASELLI, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla CTP di Ancona il signor C.G. impugnava il silenzio-rifiuto espresso dall’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS) avverso l’istanza di rimborso Irpef per l’anno 2000 in ordine all’aliquota applicata al capitale maturato a seguito di una pensione integrativa.

In particolare il contribuente esponeva che:

– in qualità di dirigente Enel godeva della polizza sulla vita e sulla invalidità permanente ex art. 12 CCNL del 16.5.85, successivamente convertita in un trattamento di previdenza integrativa aziendale, presso un organismo istituito in data anteriore al 28.4.1993;

– tale organismo aveva successivamente trasferito la posizione individuale del contribuente nell’ambito del c.d. Fondo Enel;

– cessato il rapporto di lavoro con l’Enel il contribuente aveva optato, in sostituzione della rendita, per la corresponsione anticipata di un capitale sul quale era stata operata una ritenuta media del 28,52%.

Secondo la prospettazione del contribuente tale prelievo era illegittimo in quanto la prestazione non avrebbe dovuto essere assoggettata a ritenuta, o, in subordine, avrebbe dovuto esserlo nella misura del 12,50 % come previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4 (nel testo vigente prima della riforma operata con il D.Lgs. n. 124 del 1993) per i vecchi iscritti alla previdenza integrativa percettori di somme che derivino da contratti di assicurazione e/o capitalizzazione.

La CTP di Ancona accoglieva il ricorso ritenendo applicabile l’imposta sostitutiva del 12,50%, ex art. 42, comma 4 T.U.I.R..

La CTR respingeva l’appello dell’Ufficio e confermava integralmente la sentenza della CTP. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi.

contribuente non ha svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denunzia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, conv. nella L. n. 30 del 1997, L. n. 482 del 1985, art. 6; art. 16 e art. 17, art. 42, comma 4 (T.U.I.R.), con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3).

Con il secondo motivo si denunzia il difetto di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), avendo la CTR omesso di chiarire le ragioni per le quali la somma erogata al contribuente fosse riconducibile ad una prestazione assicurativa, piuttosto che una prestazione pensionistica aziendale, ad integrazione del trattamento previdenziale obbligatorio, omettendo in particolare di considerare che:

– tale somma era alimentata con prelievi sulla retribuzione e commisurata alla retribuzione individuale;

– era dovuta in caso di risoluzione del rapporto di lavoro, nel quale trovava la sua fonte giustificatrice;

– era prevista in alternativa ad un trattamento pensionistico, secondo al scelta del dirigente.

Le censure sono fondate per quanto di ragione.

La questione oggetto della presente controversia è stata risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011 nella quale si è affermato il seguente principio di diritto, che appare pienamente condivisibile:

In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario:

a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000 la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (T.U.I.R.) solo per quanto riguarda la – sorte capitale” corrispondente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. “rendimento” si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6;

b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) ed art. 17 T.U.I.R..

Secondo le SS.UU. dunque, essendo stata operata dal legislatore una scelta netta per una tassazione una court analoga a quella applicata sui redditi di lavoro solo con D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, introdotto con la L. n. 335 del 1995, art. 11, riservandone però l’applicazione alle sole prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto, per gli iscritti in epoca precedente, in assenza di una disciplina tributaria specifica, il trattamento tributario delle prestazioni erogate dipende strettamente “dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse”.

Nel caso di un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, dette prestazioni sono composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro, e da un rendimento netto, equiparabile L. n. 482 del 1985, ex art. 6, al rendimento delle assicurazioni sulla vita, cui si applica la tassazione in misura del 12,50%, applicata appunto alla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo se il capitale è corrisposto dopo almeno dieci anni dalla conclusione del contratto di assicurazione. Secondo quanto affermato dalle Ss.Uu. la differenza principale tra le due forme di prestazioni integrative, quella assicurativa e quella previdenziale, che ne giustifica la parziale differenziazione di disciplina, sta nel fatto che nel primo caso l’investimento concerne una somma che è già patrimonio del soggetto, mentre nel secondo caso, l’investimento concerne una somma che origina da redditi di lavoro.

Da ciò consegue che possono essere tassate in modo analogo al trattamento di fine rapporto “esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale”, in quanto originano dai contributi versati e che trovano dunque la loro causa nel rapporto di lavoro trattandosi di redditi comunque dipendenti da quel rapporto, mentre alle somme residue, corrispondenti al c.d. “rendimento di polizza”, si deve applicare la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6, in virtù della già menzionata equiparazione, quanto al trattamento tributario, ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita.

Deve peraltro rilevarsi che ogni distinzione di trattamento è cessata, a norma del D.Lgs. n. 47 del 2000, dalla data del 1 gennaio 2001, a decorrere dalla quale non è più consentito distinguere tra capitale e rendimento, e le polizze vanno assoggettate nella loro interezza al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a).

Alla stregua di tale principio il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica ai contribuenti che, come nel caso di specie, sono iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale, FONDENEL o PIA, da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, limitatamente agli importi, maturati entro il 31.12.2000, che provengono dalla liquidazione del rendimento di polizza, per tale dovendosi intendere, come espressamente precisato dalle Sezioni Unite “il rendimento netto del capitale accantonato”, vale a dire quello imputabile alla gestione delle risorse da parte del Fondo. Se dunque il diverso trattamento tributario delle prestazioni erogate dal fondo si fonda alla distinzione tra sorte capitale e rendimento di polizza, la circostanza dell’effettivo investimento dei contributi sul mercato finanziario – indicata, incidenter tantum, nella menzionata sentenza delle Ss.Uu. e in alcune pronunce di questa Corte quale normale modalità di gestione da parte del fondo previdenziale – non costituisce condizione necessaria per l’equiparazione delle somme provenienti dal c.d. rendimento di polizza a quelle derivanti da un contratto di assicurazione sulla vita.

Pure in assenza di investimento sul mercato finanziario, dunque, al c.d. rendimento della polizza, derivante dalla capitalizzazione dei versamenti, va applicata la disciplina della L. n. 482 del 1985, art. 6, vale a dire la ritenuta in misura del 12,5%, dovendo tenersi distinta tale componente dalla sorte capitale corrispondente ai contributi versati da lavoratore e datore di lavoro, per la quale è giustificata una tassazione analoga a quella del TFR. L’impugnata sentenza non appare conforme a tale orientamento interpretativo di questa Corte. In particolare non è stata compiuta alcuna distinzione tra i contributi versati (dal contribuente e dal datore di lavoro) e le somme liquidate a titolo di rendimento L. n. 482 del 1985, ex art. 6 (c.d. rendimento di gestione), giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%.

Sulla scorta di tale indagine occorrerà dunque quantificare, nell’ambito della somma complessivamente erogata al contribuente, la parte corrispondente al rendimento netto, applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,5%, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16 e 17 T.U.I.R. e quindi calcolare, in forza di tale criterio, l’imposta dovuta dal contribuente e, conseguentemente, ammontare del suo eventuale credito restitutorio.

La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio per nuovo esame, nel senso di cui in motivazione, ad altra sezione della CTR delle Marche, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nel senso di cui in motivazione;

cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per la definizione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale delle Marche.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2016

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